Tre quarti della popolazione residente in questa regione montuosa nel Caucaso meridionale ha lasciato le proprie case. L’Onu intanto invia una missione, la prima in trent’anni
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Un’interminabile fila di macchine. È questa una delle immagini che sintetizzano, in una sola istantanea, l’esodo dei profughi dal Nagorno-Karabakh verso l’Armenia. Il governo armeno ha reso noto che sono oltre 100 mila gli sfollati giunti da questa regione montuosa, che fino a pochi giorni fa era abitata da oltre 120 mila persone.
Un esodo incessante
I profughi lasciano le loro case per paura di possibili rappresaglie e ritorsioni da parte delle forze inviate dall’Azerbaigian che, dopo l’avvio dell’operazione antiterrorismo, sta prendendo il controllo di questa regione. Un territorio che si appresta a vivere pagine di storia contrassegnate da profondi cambiamenti. L’autoproclamata repubblica che ha governato il Nagorno-Karabakh per oltre tre decenni, ha infatti già annunciato che, a partire dal prossimo primo gennaio, saranno sciolte tutte le sue istituzioni.
Missione delle Nazioni Unite
L’Onu si appresta ad inviare una missione per la prima volta in 30 anni: L’obiettivo è di affrontare i bisogni umanitari dopo che l’Azerbaigian ha riconquistato il controllo di questa regione. Molti dei profughi arrivati in Armenia dal Nagorno-Karabakh – sottolinea l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Filippo Grandi – sono “affamati, esausti e hanno bisogno di assistenza immediata. L’aiuto internazionale è necessario urgentemente”.
L’impegno delle Caritas
I profughi cercano dunque rifugio nella vicina Armenia, un Paese di circa 2,8 milioni di abitanti. Caritas Armenia, da anni molto attiva nell’assistere i profughi già presenti nel proprio territorio, si è mobilitata in particolare lungo il confine meridionale per fornire prima assistenza, e al loro fianco Caritas Italiana e tutta la rete delle Caritas.
L’appello di Papa Francesco
Sulle notizie preoccupanti giunte dal Nagorno-Karabakh si è soffermato anche Papa Francesco. Durante l’udienza generale dello scorso 20 settembre, il Pontefice ha ricordato che “la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati”. Il Papa ha rivolto un accorato appello “a tutte le parti in causa e alla Comunità internazionale, affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana”.