Nella Messa al Velodrome di Marsiglia, ultima tappa del suo viaggio, Francesco invita la società europea, spesso segnata da cinismo e rassegnazione, a sentirsi “toccata dentro” dallo scarto della vita umana, rifiutata nei migranti, nei bambini non nati e negli anziani abbandonati. E a riscoprire “il gusto dell’impegno per la fraternità”, osando “il rischio dell’amore nelle famiglie e verso i più deboli”
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La nostra vita, quella della Chiesa, la Francia e l’Europa hanno bisogno “della grazia di un nuovo sussulto di fede, di carità e speranza”. Come san Giovanni Battista, nel grembo di Elisabetta, sussulta di gioia all’arrivo di Gesù ancora nel corpo della Vergine Maria, così la società europea deve sentirsi “toccata dentro” dal tragico scarto della vita umana, che oggi viene rifiutata in tante persone che emigrano”, come “in tanti bambini non nati e in tanti anziani abbandonati”. E riscoprire “il gusto dell’impegno per la fraternità, di osare ancora il rischio dell’amore nelle famiglie e verso i più deboli”, ritrovando nel Vangelo “una grazia che trasforma e rende bella la vita”. Così Papa Francesco si rivolge agli oltre 50 mila fedeli del Vélodrome di Marsiglia, ma anche a tutto il Vecchio continente, nell’omelia della Messa dedicata alla Beata Vergine Maria della Guardia, protettrice di marinai, pescatori e di tutti i marsigliesi, la cui statua svetta sopra al campanile della cattedrale. Ad accoglierlo lungo gli 8 chilometri dall’arcivescovado allo stadio, circa 100 mila tra marsigliesi e francesi venuti da tutto il Paese.
Crediamo che Dio è all’opera nella nostra vita?
Nell’ultima tappa del suo 44. mo viaggio apostolico, il Papa, che alle sue spalle ha una grande croce azzurra disegnata con le sedie del Vélodrome, parte dall’incontro di Maria ed Elisabetta descritto dal Vangelo di Luca, nel quale “si svela la visita di Dio all’umanità”. Dio che “si mette in viaggio verso di noi, per cercarci col suo amore e farci esultare di gioia”. E’ l’incontro tra una giovane vergine e un’anziana sterile, “entrambe incinte in modo ‘impossibile’ ”
Questa è l’opera di Dio nella nostra vita: rende possibile anche ciò che sembra impossibile, genera vita anche nella sterilità. Fratelli e sorelle, chiediamoci con sincerità di cuore: crediamo che Dio è all’opera nella nostra vita?
Chi ha fiducia nel Signore, sussulta di fede
Crediamo, chiede ancora Francesco, “che il Signore agisce nella storia, compie meraviglie ed è all’opera anche nelle nostre società segnate dal secolarismo mondano e da una certa indifferenza religiosa?”. Per capire se abbiamo questa fiducia nel Signore, per il Pontefice, il segno è sussultare come san Giovanni Battista: “Chi crede, chi prega, chi accoglie il Signore sussulta nello Spirito, sente che qualcosa si muove dentro, ‘danza’ di gioia”. Così, nella sua omelia, il Papa si sofferma sul “sussulto della fede”. Per prima cosa sottolinea che, l’esperienza della fede genera “un sussulto dinanzi alla vita”, che è “essere ‘toccati dentro’, avere un fremito interiore, sentire che qualcosa si muove nel nostro cuore”.
È il contrario di un cuore piatto, freddo, accomodato nel quieto vivere, che si blinda nell’indifferenza e diventa impermeabile, che si indurisce, insensibile a tutto e a tutti, pure al tragico scarto della vita umana, che oggi viene rifiutata in tante persone che emigrano, così come in tanti bambini non nati e in tanti anziani abbandonati.
Questa Europa ammalata di cinismo e rassegnazione
Un cuore freddo e piatto, spiega ancora il Papa, “trascina la vita in modo meccanico, senza passione, senza slanci, senza desiderio”. E’ di questo, nella nostra società europea, che “ci si può ammalare: il cinismo, il disincanto, la rassegnazione, l’incertezza, un senso generale di tristezza”. Definite anche “passioni tristi”: quelle di “una vita senza sussulti”. Chi è generato alla fede, invece, per Francesco “riconosce la presenza del Signore, come il bimbo nel grembo di Elisabetta”, negli avvenimenti di ogni giorno. E con “occhi nuovi”, anche “in mezzo alle fatiche, ai problemi e alle sofferenze, scorge quotidianamente la visita di Dio e da Lui si sente accompagnato e sostenuto”.
Dinanzi al mistero della vita personale e alle sfide della società, chi crede ha un sussulto, una passione, un sogno da coltivare, un interesse che spinge a impegnarsi in prima persona.
Dio ci fa visita negli incontri con chi è più fragile
Perché sa che “in tutto” il Signore invita a testimoniare il Vangelo per edificare con mitezza, un mondo nuovo. In secondo luogo, per il Pontefice, l’esperienza della fede genera anche “un sussulto dinanzi al prossimo”. Nel mistero della Visitazione, la visita di Dio “non avviene attraverso eventi celesti straordinari, ma nella semplicità di un incontro”, nel “tenero abbraccio tra due donne, nell’incrociarsi di due gravidanze piene di stupore e di speranza”. Un incontro nel quale c’è “la gioia della condivisione”. Anche nella Chiesa…
Dio è relazione e ci fa visita spesso attraverso gli incontri umani, quando ci sappiamo aprire all’altro, quando c’è un sussulto per la vita di chi ogni giorno ci passa accanto e quando il nostro cuore non rimane impassibile e insensibile dinanzi alle ferite di chi è più fragile.
Nelle nostre città riscopriamo il gusto della fraternità
Le nostre città metropolitane e Paesi europei come la Francia, prosegue Papa Francesco, “in cui convivono culture e religioni diverse”, diventano così “una grande sfida contro le esasperazioni dell’individualismo, contro gli egoismi e le chiusure che producono solitudini e sofferenze”. E invita ad imparare da Gesù “ad avere fremiti per chi ci vive accanto”, Lui che, dinanzi alle folle stanche e sfinite, con compassione, “ha sussulti di misericordia dinanzi alla carne ferita di chi incontra”. Il Papa pensa poi ai tanti “sussulti” della Francia, “a una storia ricca di santità, di cultura, di artisti e di pensatori, che hanno appassionato tante generazioni”.
Anche oggi la nostra vita, la vita della Chiesa, la Francia, l’Europa hanno bisogno di questo: della grazia di un sussulto, di un nuovo sussulto di fede, di carità e di speranza. Abbiamo bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo, di riscoprire il gusto dell’impegno per la fraternità, di osare ancora il rischio dell’amore nelle famiglie e verso i più deboli, e di rinvenire nel Vangelo una grazia che trasforma e rende bella la vita.
Cristiani che bruciano per il grido dei poveri e l’utopia della pace
Maria “che si scomoda mettendosi in viaggio”, conclude Francesco, ci insegna che Dio “ci mette in movimento, ci fa ‘sussultare’, come accadde a Elisabetta”. E noi , da cristiani che “incontrano Dio con la preghiera e i fratelli con l’amore”, vogliamo anche essere “cristiani che sussultano, vibrano, accolgono il fuoco dello Spirito” per lasciarsi bruciare “dalle domande di oggi, dalle sfide del Mediterraneo, dal grido dei poveri, dalle ‘sante utopie’ di fraternità e di pace che attendono di essere realizzate”. La preghiera finale del Pontefice e di tutta l’assemblea è alla Madonna, Notre Dame de la Garde, perché “vigili sulla vostra vita, custodisca la Francia e l’Europa intera e ci faccia sussultare nello Spirito”.
L’ arcivescovo: ha risvegliato le nostre coscienze davanti al Mediterraneo
Al termine della celebrazione il saluto dell’arcivescovo di Marsiglia, il cardinale Jean-Marc Aveline, che ripercorre, tra gli applausi e l’entusiasmo dei fedeli del Vélodrome, le tappe dei due giorni di visita di Papa Francesco. Partendo dal momento di raccoglimento per i migranti morti in mare, venerdì sera con tutti i leader religiosi della città, con il quale, “senza fare tutto il giro della Francia, Lei ha voluto attirare gli sguardi del nostro Paese verso questo Mediterraneo e risvegliare le nostre coscienze alla responsabilità che abbiamo nei confronti di questo spazio che fa parte della nostra storia e della nostra geografia”. E ringrazia il Papa per “le sue parole forti e coraggiose”.