San Saba, lontano dal clamore, nel silenzio

Vatican News

Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano

La basilica di San Saba non figura nell’usuale lista delle chiese stazionali. E in effetti, come già detto, le esigenze del momento non pongono vincoli particolari alla scelta di una chiesa piuttosto che a un’altra. Quest’anno, a causa delle diposizioni anti covid-19, la messa stazionale del giorno delle Ceneri non è stata celebrata nella tradizionale basilica di inizio a Santa Sabina ma in quella di San Pietro e oggi non a Santa Balbina ma poco lontano, nella basilica di San Saba,  tra i colli Aventino e Celio, in questa zona chiamata Piccolo Aventino, che un tempo rimaneva isolata, immersa nel verde,  con una vista amplissima sul versante sud est della città.

Non a caso sembra che in epoca romana vi fosse, stando ad alcuni resti e alle iscrizioni rinvenute nella zona,  la statio IV cohortis, la caserma della  IV coorte dei vigili che dall’alto poteva controllare agevolmente il territorio circostante, dove passava l’acquedotto dell’Aqua Marcia e il circuito fortificato delle Mura Aureliane con il varco oggi scomparso della porta Raudusculana. Più tardi, nel VI secolo, in questo luogo avrebbe vissuto da vedova la madre di Gregorio Magno, santa Silvia,  in una domus, una casa di sua proprietà,  ritrovata sotto le strutture di San Saba e chiamata Cella nova. Silvia  trascorse i suoi ultimi anni seguendo una vita ritirata secondo le regole benedettine di preghiera e aiuto ai bisognosi. La casa divenne un oratorio.

Sulla chiesa preesistente tra XII e XIII secolo ne sorse una nuova, che fu abbellita con munifiche donazioni mentre il monastero acquisì possedimenti come, tra XIII e XIV secolo, il castello di Marino e quello di Pardo nei Castelli Romani.  

Il futuro papa Pio III, allora cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, nel 1463 la fece ristrutturare con l’aggiunta del loggiato che oggi vediamo nella facciata. Successivamente, la chiesa passò prima ai cirstecensi poi ai Canonici regolari Lateranansi.

Ancora restauri furono effettuati con Gregorio XIII che, nella bolla datata al 3 agosto 1573, la concesse al Collegio Germanico-Ungarico retto dalla Compagnia di Gesù, che tuttora la governa.

Nei primi del Novecento l’espansione edilizia è giunta fin qui, se pure rispettando la zona, che oggi ha l’aspetto di una città in miniatura, tranquilla, un rione popolare ancora oggi simile a una “Roma com’era”.