Shevchuk ha celebrato una Divina Liturgia all’Altare della Cattedra di San Pietro per i 400 anni del martirio di San Giosafat e i 60 della traslazione del corpo per volontà di Paolo VI. Al termine, il saluto del prefetto emerito del Dicastero per le Chiese orientali che ha ricordato il suo rapporto con l’Ucraina e il viaggio di Giovanni Paolo II
Vatican News
Tutto il Sinodo greco-cattolico ucraino riunito a Roma dal 3 al 13 settembre ha celebrato una Divina Liturgia intorno all’altare della Cattedra, a San Pietro, ieri domenica 10 settembre. Con la funzione sono stati celebrati i 400 anni del martirio di San Giosafat – che ricorrono domani -, paladino dell’unità della Chiesa, schieratosi nel mezzo delle lotte tra quanti volevano rimanere uniti con Roma e quanti invece volessero rimanere ortodossi separati, tra quelli che scelsero l’adesione a Roma. Questo suo lavoro per l’unità della Chiesa fu la causa del suo martirio.
I 60 anni della traslazione del corpo di san Giosafat
Con la Divina Liturgia ricordati anche i sessanta anni da quando, il 22 novembre 1963, Paolo VI volle che il corpo del santo caro agli ucraini fosse traslato a fianco di quello di San Pietro, proprio mentre al Concilio Vaticano II si parlava di ecumenismo. La celebrazione è stata presieduta da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, e concelebrata da tutti i membri del Sinodo. Al termine, il cardinale Leonardo Sandri, vice decano del Collegio Cardinalizio e prefetto emerito del Dicastero per le Chiese Orientali, ha rivolto un indirizzo di saluto ai presenti, apertosi con il ricordo del porporato del suo particolare rapporto di lunga data con l’Ucraina. Da sostituto della Segreteria di Stato, Sandri seguì infatti la preparazione e il viaggio in Ucraina di Giovanni Paolo II, e i suoi frequenti incontri con il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, precedenti al viaggio.
La beatificazione dei 25 martiri greco-cattolici
Il cardinale ha ricordato che Giovanni Paolo II beatificò in Ucraina 25 martiri greco-cattolici, e si recò anche nel bosco di Bykovnya, alla periferia di Kyiv, per rendere omaggio alle vittime delle repressioni sovietiche. Ognuna di quelle vittime, ha rammentato il porporato, “erano rappresentate da un albero, il cui frusciare “sembrava comporre un inno di libertà e gioia per il futuro dell’Ucraina”. Una melodia, ha sottolineato, che “continua a risuonare ancora oggi nel cuore del vostro popolo, nonostante le grida e il sibilare dei proiettili”.
Giovanni Paolo II sulla tomba del cardinale Slipyi
Ancora Sandri ha richiamato il momento in cui Giovanni Paolo II venerò la tomba del cardinale Slipyi e del metropolita Sheptitsky e, come segno di speranza, “poté salutare le famiglie dei sacerdoti dell’arcieparchia”. Il cardinale era tornato in Ucraina da prefetto nel 2017, giungendo fino ai territori del conflitto iniziato nel 2014 con l’annessione della Crimea e le autoproclamate repubbliche di Donbass e Luhansk, arrivando a toccare le “ormai tristemente note” città di Sloviansk, Kramatorsk e Kharkiv. Di quel viaggio, il cardinale si dice oggi debitore anche dell’allora nunzio in Ucraina, l’arcivescovo Claudio Gugerotti, cardinale nel prossimo Concistoro e suo successore alla guida del Dicastero.
Preghiera a Maria per far cessare ogni violenza
Infine, sulla scia dei ricordi, anche quello del pellegrinaggio al Santuario di Zarvanytsia. “Da qui oggi – ha detto il cardinale Leonardo Sandri – vogliamo tornare idealmente ai piedi della Vergine Madre di Dio, con la stessa fede e una supplica ancora più profonda per la pace: siamo certi che i dardi infuocati della nostra preghiera giungono al cielo di Dio, con la speranza che essi possano ferire il cuore di chi compie il male aggredendo e calpestando, suscitando la conversione e la cessazione di ogni violenza”.
Al termine della Liturgia Shevchuk ha voluto ringraziare il prefetto emerito del Dicastero per le Chiese Orientali per il suo “instancabile servizio alla Chiesa greco-cattolica ucraina e la vicinanza al popolo ucraino nei momenti più drammatici della nostra storia”. Sua Beatitudine ha sottolineato che “il volto istituzionale della nostra Chiesa nei tempi di oggi è il frutto della sua premura paterna verso di noi”.