Il riconoscimento è stato consegnato questa mattina alla 80.sima Mostra del Cinema di Venezia, nello Spazio Cinematografo di Fondazione Ente dello Spettacolo. A premiare il regista napoletano de “L’Amore Molesto”, “Il giovane favoloso” e “Nostalgia”, il cardinale Jose’ Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione
Alessandro Di Bussolo – inviato al Lido di Venezia
Il cinema di Mario Martone, il regista napoletano che ha ricevuto questa mattina il Premio Robert Bresson 2023 alla Mostra del Cinema di Venezia racconta “i vuoti dell’esistenza”, ma “sa ripianarli con l’aiuto della poesia, l’intelligenza dell’ironia, l’elastico del giudizio. Nella plancia della Storia intravede lo sconosciuto timoniere che riporta l’insostenibile casualità delle cose sull’invisibile rotta”. Così parla dell’opera dell’autore di film come Morte di un matematico napoletano, L’amore molesto, Noi credevamo, Il giovane favoloso e Nostalgia, il cardinale Josè Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, prima di consegnargli il Premio della Fondazione Ente dello Spettacolo, giunto alla 24.ma edizione. Un riconoscimento, che ha il patrocinio del Dicastero guidato dal cardinale portoghese e dal Dicastero per la Comunicazione, assegnato “al regista che abbia dato una testimonianza, significativa per sincerità e intensità, del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della nostra vita”.
Dopo vicende tragiche, la grandezza della solidarietà umana
De Mendonça sottolinea che nel cinema del regista 67 enne, che ha diretto i teatri stabili di Roma e di Torino, e creato nel 1999 il Teatro India a Roma, le vicende tragiche, “come quelle del matematico suicida (in Morte di un matematico napoletano), si rivelano degne, esperimenti del vivere in pienezza sempre validi ancorché fallaci, perché misurati col metro fuori grandezza del sentimento della solidarietà umana”. Le sue opere, per il cardinale, soprattutto quelle della maturità, “sono spesso sofisticati congegni di montaggio che ci restituiscono il senso di una totalità”, perché risolvono “dentro la propria parabola narrativa le incongruenze, le distonie, le irresolutezze della vita senza cancellarle”.
De Mendonça: Martone maestro di cinema e di umanità
E nel suo intervento, che ha sorpreso, emozionato e commosso il regista premiato, Tolentino de Mendonça ha rievocato alcune scene, come il finale de Il giovane favoloso, quando la macchina da presa “si fissa sugli occhi rigati di lacrime del Leopardi, finalmente il cinema e la poesia – ovvero quel guardare che mette in moto e quel nominare che crea – si fondono in maniera mirabile”. Riconosciamo, spiega il cardinale, “nel Leopardi uno di noi, ora che il Leopardi riconosce – ne La ginestra, il suo finale di partita – di essere uno con noi. Tutto è compiuto, il grande scettico ritrova il fiore e la fragranza della solidarietà umana nella coscienza di una comune e infelice sorte”. Perché la tensione raccontata, nell’opera di Martone “non è congelata. È scivolamento, ibridazione, metamorfosi”. La chiave del suo lavoro è “un continuo sconfinare tra le forme del cinema e quelle del teatro e persino dell’opera lirica”. Ecco come il cardinale Josè Tolentino de Mendonça ne parla a Vatican News:
Martone ha partecipato anche all’incontro del Papa con gli artisti in Cappella Sistina, 23 giugno, dove Francesco ha definito l’artista, e quindi anche il regista, come un bambino che si muove nello spazio dell’invenzione della creazione, ma deve sapere anche cogliere l’armonia delle differenze nell’artista…
Il Papa nel suo discorso ha individuato due dimensioni: questa del bambino, l’innocenza e l’apertura dello sguardo, una capacità di stupore, una scuola dello stupore e allo stesso tempo la capacità di interpretare il mondo e di riproporlo in una in una chiave più umana, più giusta, avendo la capacità di risignificare, di immaginare di nuovo il mondo nuove possibilità. In questo senso le arti, il cinema in particolare ci offre tanto perché ci fa avvicinare alla vita con una lente di ingrandimento che ci aiuta ad avere una più grande consapevolezza di noi stessi, degli altri, e allo stesso tempo è una sorta di motore di ricerca non solo del visibile ma anche dell’invisibile.
Tra le motivazioni dell’assegnazione del Premio Bresson a Martone, si legge che il suo percorso è improntato al dialogo tra i mondi, come accade anche in Nostalgia…
Sì, Martone è un grande maestro del cinema contemporaneo, ma anche di umanità. Nei diversi momenti del suo importante percorso, vediamo veramente questa attenzione fedele all’umano, anche guardando i fallimenti, i luoghi senza risposta, l’enigma che non si scioglie, ma che raccontano anche la grandezza e la bellezza di una vita, di una storia. Il suo sguardo non è mai uno sguardo chiuso, ma è uno sguardo che punta sull’umano, sui suoi dettagli esistenziali, storici, come una domanda che resta aperta.
Milani: ricerca in tante culture la misura del vivere umano
Prima della consegna del premio, il presidente di Fondazione Ente dello Spettacolo, monsignor Davide Milani, legge le motivazioni dell’assegnazione, che definiscono Mario Martone “autore colto, poliedrico, non incasellabile nei tradizionali schemi della critica italiana”. Il suo lavoro “è caratterizzato dalla eterogeneità dei temi e dei materiali – teatro, opera, Storia, letteratura – e dall’unicità di un percorso votato all’apertura continua, al dialogo, alla ricerca di accordo”. Una testimonianza preziosa “di cinema impuro, dilatato, votato per indole e per nascita (la napoletanità), ad accogliere”. Il suo cinema cerca nella tradizione “dell’arte e nei saperi delle tante culture che lo abitano una misura del vivere e del sentire umano. Uno sforzo affascinante, temerario, sospinto da una fede incrollabile nel gesto registico totale. Un guardare lontano, oltre la soglia di campo e fuoricampo, pronto a cogliere l’istante inatteso e rivelatore”.