Lo scorso anno quasi 2 milioni i bimbi sfollati nell’Africa subsahariana

Vatican News

Prevenzione, preparazione, supporto e ripresa dai disastri climatici per proteggere i più piccoli nelle emergenze: è ciò che chiede l’ong Save the children ai leader globali in occasione del primo vertice sul clima nel continente in corso fino all’8 settembre a Nairobi. La Nigeria al primo posto con il più alto numero di sfollati interni, seguita dalla Somalia

Camilla Dionisi – Città del Vaticano

Nel 2022, il numero totale di bambini dell’Africa subsahariana sfollati all’interno dei propri Paesi è quasi raddoppiato, secondo i dati dell’Internal Displacement Monitoring Centre, ong che si occupa del monitoraggio e della fornitura di informazioni e analisi sugli sfollati interni del mondo. I numeri sono allarmanti e a dichiararlo è Save the Children, organizzazione che opera al fianco dei più piccoli da oltre 100 anni: alla fine del 2022 almeno 1,85 milioni di bambini dell’Africa subsahariana erano sfollati nei loro Paesi a causa degli shock climatici. Le conseguenze dei disastri del clima colpiscono la salute, l’agricoltura, la sicurezza, le abitazioni e il lavoro Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il cambiamento del clima rappresenta la più grande minaccia sanitaria dell’umanità.

I dati allarmanti in Nigeria e Somalia

Le inondazioni nello Stato di Borno e in altre parti della Nigeria hanno causato l’aumento del numero di spostamenti interni provocati da questi disastri, tre volte superiore all’anno precedente: da 2,6 milioni del 2021, la stima è salita a 4 milioni nel 2022. Alla fine dell’anno, almeno 854 mila persone sono rimaste sfollate, tra cui si stima ci siano 427 mila bambini. Non solo: in Somalia cinque stagioni delle piogge mancate hanno portato circa 6,6 milioni di persone, il 39% della popolazione, a livelli critici di fame. Il Paese è, così, al secondo posto per numero di sfollati interni, con 1,1 milioni di persone. Questi dati evidenziano come i diritti dei minori in tutta la regione vengano messi in crisi dai disastri della crisi climatica, così come dichiara Save the Children, nonostante i Paesi dell’Africa abbiano contribuito in misura minore alla crisi, con la quota più bassa di emissioni globali di gas serra tra tutte le regioni del mondo.

Le alluvioni e l’esperienza di Falmata

Secondo l’Organizzazione, con l’affermarsi del modello climatico “El Niño”, fenomeno climatico che provoca eventi meteorologici estremi, come l’ulteriore aumento delle temperature, temporali e alluvioni, è probabile che nel 2023 le cifre degli sfollati interni diventino ancora più allarmanti. Nello Stato di Borno, nel nordest della Nigeria, le inondazioni hanno costretto oltre 30 mila persone ad abbandonare le loro case nel 2022. Una bambina di 13 anni, a cui è stato dato il nome fittizio di Falmata, racconta la sua esperienza: “La vita è stata dura: ci siamo separati dai membri della famiglia e non abbiamo più avuto loro notizie. Abbiamo trovato una piccola stanza per ripararci ma la struttura è pessima, perché è stata rovinata dalla pioggia. I soffitti perdono e alcune parti della stanza sono aperte. Quando vedo le nuvole, ho paura e mi torna in mente l’alluvione”.

I bambini costretti a vivere in assenza di acqua, servizi igienici adeguati, sanità e istruzione

L’appello di Save the Children

Al vertice sul clima in Africa, che si svolgerà dal 4 all’8 settembre a Nairobi, i leader dei Paesi africani daranno voce alle loro esperienze e alle loro preoccupazioni. “L’esperienza di Falmata con le inondazioni dello scorso anno è fin troppo comune”, ha dichiarato Vishna Shah, direttore di Advocacy, Comunicazioni, Campagne e Media dell’ufficio regionale di Save the Children per l’Africa occidentale e centrale. “In Nigeria e in tutta la regione, molti bambini sono terrorizzati. Si aggrappano alla sopravvivenza passando da un evento meteorologico estremo all’altro, incerti se le piogge fuori stagione siano una benedizione per i raccolti in crisi o se spazzeranno via le loro case. I bambini non hanno fatto nulla per causare questa crisi – conclude Vishna Shah – e hanno bisogno che la comunità internazionale mantenga gli impegni finanziari climatici, tra cui le risorse destinate alle misure di adattamento per far fronte a perdite e danni, e si impegni perché questi tengano conto delle esigenze specifiche dei minori”. Perdere la casa per i bambini significa perdere l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al cibo e alla sicurezza. Gli interventi di Save the Children per contrastare la crisi climatici a livello globale comprendono il sostegno ai minori e alle loro comunità nella prevenzione, preparazione e ripresa dai disastri climatici. Save the Children, inoltre, sta monitorando attivamente le previsioni e i rischi potenziali in tutte le regioni e collabora con i partner per aiutare le comunità ad anticipare, prepararsi e prevenire i peggiori impatti possibili.