C’è una ragione plausibile del gelo tra Zelensky e il Papa, accusato di propaganda imperialista?

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C’è una spiegazione plausibile del gelo che si è creato di recente tra Papa Francesco e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ora lo accusa di “propaganda imperialista” per quel suo discorso pronunciato in collegamento video alla Giornata della gioventù russa, tenuta a San Pietroburgo il 25 agosto scorso?

Proviamo a immaginare le ragioni di tale mossa vaticana a sorpresa, che contraddice la precedente scelta di equidistanza avviando il tentativo di mediazione tra belligeranti – l’invasore Russia e l’invasa Ucraina – e mettendo in pista l’autorevole Cardinale di Bologna Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale italiana. Consapevoli che nella diplomazia vaticana nulla avviene per caso. E chi pensa di poter trarre vantaggio da questa o quella presa di posizione a sé stante delle gerarchie cattoliche rischia cocenti delusioni. Anche perché i tempi di quanti operano nel contingente dell’arena politica (i laici o “gentili”, secondo il linguaggio ecclesiastico neotestamentario) sono largamente misurati sul presente, mentre gli uomini con la gonna ragionano sub specie aeternitatis. In particolare l’ordine a cui appartiene il pontefice venuto dall’Argentina: la Compagnia di Gesù, milizia dei soldati della Fede, identificata nell’istituzione ecclesiastica romana. Perinde ac cadaver. Pronti a onorare la loro missione a ogni costo operando in partibus infidelium; con le inevitabili ambiguità e doppiezze di chi agisce tra le linee, come “quinta colonna” che per raggiungere i propri scopi deve farsi accreditare dall’avversario per quello che non è.

La missione presumibile del gesuita Bergoglio, asceso al Soglio di San Pietro, è quella di arrestare il declino di una Chiesa che da tempo ha perso capacità attrattiva già nei propri insediamenti nell’Occidente desacralizzato e sempre più agnostico, indifferente. E la risposta del papa “gaucho” (come lo hanno soprannominato gli arroganti inquilini dei palazzi vaticani) è quanto i cultori del marketing definiscono “riposizionamento di mercato”. La scelta di un nuovo target che appare scandalosa a vertici aggrappati ai valori anacronistici del patriarcato gerarchico (a prescindere della tendenza omosessuale e/o pedofila diffusa tra i Padri della Chiesa). Dunque, la presa di distanza dal benessere e dal lusso quale criterio di apprezzabilità proprio di cardinali diafani da quadro di El Greco oppure obesi alla Botero, dolcevitari tipo Giovanni Angelo Becciu o immobiliaristi alla Tarcisio Bertone, per rivolgersi alle immense platee vergini e apostolicamente “colonizzabili” degli ultimi; dei poveri e dei sofferenti. Alla vista di chi conosce le favelas e le baraccopoli Villa Miseria di Latino America. Una scelta che farà sospettare il Papa di “comunismo”, con la conseguente minaccia del clero Usa di bloccare l’invio “dell’obolo di San Pietro”; le ricche offerte dei fedeli americani.

Difatti il primo atto del neo papa fu denunciare la “globalizzazione dell’indifferenza” nell’omelia dell’8 luglio 2013 a Lampedusa. Peccato che a Buenos Aires c’è chi notava il suo silenzio (indifferente?) nei confronti dei generali golpisti e della dittatura militare torturatrice e assassina. Nessuno lo ricorda – vescovo ausiliare – a fianco delle madri che allora manifestavano in Plaza de Mayo per la sparizione dei loro figli.

Noi ci ricordiamo la sua presa di posizione a favore dei diritti degli omosessuali all’insegna del “chi sono io per giudicare”, forse andrebbe letta la sua missiva del 2013 alle suore argentine per mobilitarle contro il matrimonio gay. Allo stesso modo si può interpretare in chiave opportunistica anche l’ultima presa di posizione apologetica della “Grande Russia” a cui si ispira l’espansionismo putiniano.

Alla luce del disegno retrostante la sedicente “operazione speciale” in Ucraina: messa in discussione dell’egemonia americana e annuncio di un nuovo ordine planetario bipolare. Ossia la crescita dei BRICS, il concerto tra i Paesi fuori dal Washington Consensus e dall’ordine NATO – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – che a partire dal 1 gennaio 2024 comprenderà pure gli storici nemici mortali Iran e Arabia Saudita più Etiopia, Egitto, Emirati Arabi e – guarda caso – anche Argentina. Un aggregato che rappresenta il 36% del PIL mondiale e il 47% della popolazione. Bersaglio irresistibile per la geopolitica gesuitica, che vale bene la messa in disparte dell’Ucraina, ultimo avamposto difensivo di un Occidente in declino.

Per cui non ha senso chiedersi se Papa Bergoglio è comunista o meno, di destra o di sinistra. È un gesuita. Per cui i sinistri immaginari o rosso-antico tipo Fassina o Fratoianni dovrebbero rendersi conto che il simpatico pacifista per professione tira l’acqua al suo mulino. Che non è bianco come quello di una nota pubblicità.