In gara nella prova riservata agli amatori del Campionato del mondo della Gran Fondo, in corso nel Regno Unito, Rino Alberto Bellapadrona e Marcus Bergmann di Athletica Vaticana sono stati raggiunti da alcune cicliste. Tra loro Masomah Ali Zada, afghana, dal 2022 membro della Commissione degli atleti del Comitato olimpico internazionale, che da anni si batte perché le donne nel suo Paese possano fare sport. In Scozia i due sportivi l’hanno incoraggiata nel percorso verso il traguardo
Tiziana Campisi e Mario Galgano – Città del Vaticano
“Mi ha chiesto se avevo acqua nella borraccia, non ne avevo molta ma gliel’ho data”. Rino Alberto Bellapadrona, ciclista di Atletica Vaticana, insieme a Marcus Bergmann in corsa nella prova riservata agli amatori del Campionato del mondo della Gran Fondo che si sta svolgendo a Glasgow, nel Regno Unito, era dispiaciuto di poter offrire solo una borraccia semivuota a una di quelle ragazze in bici che si erano accostate durante la gara. Ne aveva notato la maglietta con la scritta “Uci (Union Cycliste Internationale ndr) Refugee” e aveva capito che si trattava di una rifugiata, così ha chiesto alla ciclista di dove fosse. “Afghanistan”, ha risposto lei. “Abbiamo continuato la nostra gara e a un certo punto ci siamo resi conto che la ragazza si stava staccando e quindi abbiamo deciso, con il mio compagno, di aspettare e aiutare chi in quel momento era in difficoltà – racconta Bellapadrona -. Questo è uno dei principi fondamentali che portiamo come Athletica Vaticana, perché noi non andiamo per vincere”. Già, perché gli sportivi della Santa Sede partecipano alle gare per portare il messaggio del del Papa: quello dell’inclusione, della fraternità, dell’amicizia, della comunione. “Se vieni con noi ti accompagniamo fino all’arrivo” è stata la proposta dei due atleti, che così hanno convinto la ciclista a seguirli fino al traguardo.
Masomah Ali Zada, ciclista della squadra olimpica rifugiati
Solo al termine della gara, quando la ragazza si è tolta il casco, i ciclisti di Athletica Vaticana, intrattenendosi con lei, l’hanno riconosciuta. Quella ciclista era Masomah Ali Zada. Ventisettenne, la giovane è fuggita dal suo Paese da bambina e ha trascorso l’infanzia in esilio in Iran. Tornata a Kabul, ha frequentato la scuola superiore e l’università, ha studiato sport ed è stata anche insegnante sportiva. Nonostante la disapprovazione dei più conservatori della società iraniana, ha iniziato a praticare ciclismo insieme ad altre donne ed è poi entrata a far parte della squadra nazionale di ciclismo. Nel 2016 ha lasciato l’Afghanistan e ha chiesto asilo in Francia. Ha partecipato per la squadra olimpica dei rifugiati alla prova a cronometro di Tokyo 2020 ed è diventata membro della Commissione degli atleti del Comitato olimpico internazionale nel 2022. “Lei si sta battendo anche per far riconoscere la possibilità di fare sport alle donne nel suo Paese – racconta Bellapadrona – che è quello che sta facendo l’Uci per consentire alle donne di fare ciclismo. Noi, come Athletica Vaticana, vogliamo aiutare le persone più deboli e il ciclismo è uno degli sport più rappresentativi in questi termini, poiché l’affiancamento agli sportivi in difficoltà, nello sprint, o durante la gara, è molto più evidente”.