Bassetti: presentata al Papa una proposta per avviare il cammino sinodale

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Debora Donnini – Città del Vaticano

Recentemente ricevendo i partecipanti all’incontro promosso dall’ufficio catechistico nazionale della Cei, il Papa aveva richiamato il convegno di Firenze del 2015: la Chiesa italiana “deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo”, ha detto lo scorso gennaio rimarcando che adesso è il momento di riprenderlo e incominciare a camminare. Nell’intervista il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, si sofferma proprio sull’incontro odierno e sulle sfide che attendono la Chiesa italiana anche in questo tempo difficile di pandemia:

 

R. – L’incontro con Papa Francesco è andato molto bene. Abbiamo parlato per un’oretta insieme e aveva lo scopo primario di incontrare tutta la presidenza della Cei perché ci sono due vice-presidenti che durante l’assemblea di maggio lasceranno il loro incarico perché sono già passati 5 anni e anche di più: l’anno scorso non abbiamo fatto l’assemblea. Questi vice-presidenti che lasciano sono monsignor Franco Brambilla e monsignor Mario Meini. Quindi era un po’ l’occasione anche di salutare il Santo Padre da parte loro. Poi naturalmente. siccome il Papa il 30 gennaio disse ai partecipanti all’incontro promosso dall’ufficio nazionale del catechismo più o meno queste parole: occorre cominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi e anche questo processo sarà una catechesi, allora abbiamo preso lo spunto da questo invito e abbiamo preparato una bozza che abbiamo sottoposto stamattina al Santo Padre per cominciare già a dare un incipit a questo movimento sinodale.

Come le parole del Papa possono ispirare questo cammino sinodale partendo appunto “dal basso”, comunità per comunità?

R. – Bisogna tenere conto purtroppo della situazione in cui viviamo e questa pandemia che ha messo davvero in ginocchio le comunità cristiane sia a livello di diocesi che di parrocchie. Quindi bisogna veramente ancora di più che in tempi normali mettersi in ascolto della vita delle persone per disegnare delle proposte che tengano conto anche delle difformità che si stanno verificando nei vari territori che compongono il Paese. Se l’Italia è sempre stato un Paese diversificato, la pandemia ha accentuato ancora di più queste diversità. E allora è necessario tener conto – secondo me – di tre elementi. Il primo è rifarsi all’ Evangelii Gaudium laddove il Papa parla di una conversione pastorale… Poi il Papa parla di fraternità solidale, che naturalmente si esprima nei fatti. Questa fraternità, questa prossimità, che devono vivere i cristiani. E naturalmente tutto questo comporta un’accentuata formazione ecclesiale. Questo mi sembra che sia il terreno su cui si debba muovere, le aree principali di questo impegno sinodale.

Come la Chiesa italiana sta vivendo questo tempo di Quaresima con l’emergenza da Coronavirus che ormai da un anno continua a imperversare nel mondo?

R. – La situazione è veramente preoccupante. È preoccupante anche per il calo delle presenze in Chiesa dovuto anche a tutte le limitazioni che sono necessarie, però mi sembra che anche soprattutto nei giovani, nei ragazzi, nelle famiglie sia entrata una mentalità molto privatistica in questo senso. Alla Messa ora è difficile vedere dei ragazzi e dei giovani. Quindi questa è una grande sfida: come riavvicinare tutto il mondo giovanile. Poi la pandemia ha portato una paura, un timore nella gente. E noi sappiamo che più aumenta la paura, la diffidenza, e più diminuisce la speranza. Si vede per esempio quest’anno sono nati la metà dei bambini dell’anno scorso. C’è un calo pauroso delle nascite. E allora bisogna un pochino ritoccare i punti forti dell’annuncio del Vangelo. E scuotere un pochino la nostra gente da questo torpore che sembra attanagliare tutti e sembra che alla fine non ci sia altro che la pandemia da cui doversi difendere. È una cosa sacrosanta difendersi ma non fino al punto di chiudersi soprattutto nei confronti degli altri e nei confronti di un’apertura a quelli che sono i valori del Vangelo. Quindi, c’è veramente da elaborare delle proposte di vita cristiana e vanno recuperati anche il senso della collaborazione, il valore della progettualità. Una, per esempio, delle caratteristiche che troviamo anche in gente buona che frequenta la Chiesa è quel dire: si è sempre fatto così. Quindi questo impedisce di cambiare, di camminare, e invece il Papa ci dice di attuare continuamente dei nuovi progetti, perché altrimenti le acque nello stagno rischiano veramente di stagnare. Quindi più che arrivare a grandi risultati, attuare dei processi, ci dice il Papa: una creatività anche nei confronti di quello che sta succedendo e proposte concrete che possano favorire l’azione progettuale delle diocesi, delle parrocchie…. Dunque il Papa vuole questo sinodo “dal basso” per potere poi individuare quelle che sono le priorità. Ma le priorità le puoi individuare all’interno di un ventaglio di molteplici stimoli. Quindi bisogna un pochino “agitare le acque” che sono diventate ancora più stagnanti, le acque della vita cristiana in seguito alla pandemia.