Parolin: la missione di Zuppi è stata importante, i gesti umanitari possono condurre alla pace

Vatican News

Il cardinale segretario di Stato parla con il vaticanista del Tg1 Ignazio Ingrao e ribadisce che non possiamo rassegnarci alla deriva della guerra. Sull’eventuale rimpatrio dei bambini ucraini deportati in Russia, afferma che “si sta tentando di trovare i vari meccanismi” per poterlo sperabilmente attuare. Sollecita, inoltre, una riforma dell’Onu e, in merito alla violenza in Medio Oriente, esorta alla ricostruzione di una fiducia reciproca come base per il riconoscimento di due Stati

Ignazio Ingrao*

In una intervista andata in onda sul Tg1 Rai questa sera alle 20, il segretario di Stato vaticano fa il punto della missione di pace del cardinale Matteo Zuppi, inviato del Papa prima a Kyiv e poi a Mosca. Torna anche a parlare del tema migranti e rifugiati auspicando soluzioni ispirate alla solidarietà e, a 75 anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, invoca la tutela della libertà religiosa laddove perdurano fenomeni di persecuzione.

Eminenza, il mondo rischia di tornare a dividersi in blocchi come ai tempi della “guerra fredda”?

Purtroppo siamo passati dalla guerra fredda alla terza guerra mondiale a pezzi come ama ripetere Papa Francesco ma la guerra evidentemente sia in una forma che nell’altra è sempre contrapposizione tra persone, tra gruppi, tra Stati, tra continenti e quindi si assiste oggi a una ripresa dei gruppi contrapposti. Credo che non è di oggi: già da tempo abbiamo avvertito queste divisioni, queste contrapposizioni, queste tensioni all’interno della comunità internazionale che poi sfociano anche in questi fenomeni tragici come i conflitti e la guerra. Io credo che non possiamo rassegnarci assolutamente a questa deriva. Noi dobbiamo recuperare lo spirito che ha animato la comunità internazionale subito dopo la seconda guerra mondiale, che ha portato poi al processo di Helsinki e alle dichiarazioni di Helsinki e a ritrovare quelle speranze e quelle idealità che lì erano presenti in modo molto forte, anche come conseguenza dell’esperienza della guerra e che hanno permesso di ricostruire il tessuto dei rapporti internazionali. 

Come scongiurare il rischio di “escalation nucleare”?

Quello dell’escalation nucleare è un grande problema. Oggi sono nove gli Stati che detengono le armi nucleari. Mi pare che la tendenza non è quella di ridurre gli arsenali nucleari piuttosto quella di aumentarli. E la tendenza è quella di far sì che altri Stati che attualmente non posseggono armi nucleari ne vengano in possesso a scopo di difesa, la famosa deterrenza nucleare. Chiara la posizione della Chiesa, chiara la posizione del Papa: il possesso e l’utilizzo delle armi nucleari è immorale perché significa la distruzione dell’uomo e la distruzione del mondo. Come evitare? Credo che l’unico modo è quello di avviare un serio programma di smantellamento di questi arsenali. Non c’è altro da fare. Bisogna eliminare le armi nucleari affinché non costituiscano più questo pericolo per l’umanità intera.

Come è andata la missione del cardinal Zuppi a Kyiv e a Mosca e quali i prossimi passi?

È stata una missione molto importante. La missione a Mosca era parte dell’iniziativa globale  proposta da Papa Francesco. Che prevedeva una prima sosta a Kyiv e poi questo secondo momento a Mosca. Da parte di Zuppi si è focalizzata soprattutto sul versante umanitario: lo scambio dei prigionieri e il rimpatrio dei bambini e questo necessitava una interlocuzione con Mosca. Direi che su questo punto le cose sono andate abbastanza bene nel senso che il cardinale ha potuto vedere Ushakov, il rappresentante del presidente e anche la signora Belova. Anzi ci sono stati due incontri con Ushakov che sta a significare che da parte russa è stata recepita questa attenzione, questa volontà e questo interesse della Santa Sede. Adesso bisognerà trovare dei meccanismi che permettano di implementare, di applicare queste conclusioni a cui si è arrivati, con l’aiuto probabilmente anche di qualche organizzazione internazionale che permetta di mettere in atto questi risultati.

Quindi ci sarà la possibilità di vedere rientrare questi bambini?

Io ancora non lo so perché non siamo ancora in questa fase. Si sta tentando adesso di trovare i vari meccanismi. Se questo funzionerà, e noi speriamo vivamente che questo funzioni si potrà assistere anche al rimpatrio. Non so adesso in che quantità e in che dimensioni. Per noi questo è importante perché anche questi gesti umanitari possono essere vie e cammini che conducono alla pace. Per questo si insiste molto su questa dimensione umanitaria anche come aiuto alla fine della guerra.

60 anni fa l’enciclica “Pacem in Terris” di san Giovanni XXIII, che indica verità, giustizia, libertà e carità come pilastri su cui fondare la pace. Come dovrà essere la pace in Ucraina?

La pace in Ucraina dovrà essere una pace giusta. Lo abbiamo ripetuto varie volte. E quindi questa pace dovrà tenere conto di questi principi fondamentali che sono come i pilastri che reggono la casa. Senza questi pilastri ogni costruzione rischia di essere effimera e rischia di cadere al primo scossone, alle prime difficoltà. Io credo che verità vuol dire riconoscere i reciproci diritti e anche i vicendevoli doveri. Soprattutto tenere conto della dignità delle persone. E poi salvaguardare il diritto internazionale che è fondamentale. Quello che la Santa Sede ha sempre chiesto è che sia applicato il diritto internazionale. Che tutti gli stati e le nazioni accettino di sottomettersi al diritto internazionale come via per preservare la pace e risolvere i conflitti. Quindi il tema del dialogo, del negoziato, la via della giustizia e il riconoscimento dei confini, l’autodeterminazione dei popoli, il rispetto delle minoranze: tutta queste serie di principi che sono dentro il tema del diritto internazionale.

Serve una riforma delle Nazioni Unite? E come immagina l’Onu del futuro?

Sì, serve una riforma delle Nazioni Unite. Noi come Santa Sede abbiamo sempre appoggiato l’Onu, i papi hanno sempre manifestato il loro appoggio anche visitando concretamente la sede dell’Onu a New York. Quello che possiamo immaginare, quello che possiamo sognare, quello che possiamo desiderare. È davvero un rafforzamento dell’Onu e delle organizzazioni internazionali. Un rafforzamento nel senso che tutti i Paesi membri sappiano agire con uno spirito rivolto al bene comune dell’umanità. E’ il concetto della famiglia delle Nazioni. Quindi una Onu dove non prevalgano gli interessi specifici, particolari, dove non prevalgano le ideologie. Una Onu dove la dignità di ogni Stato sia rispettata senza che ci sia la prevalenza degli Stati più forti. Una Onu che abbia la capacità di prevenire e di risolvere i conflitti, attraverso i meccanismi adatti allo scopo. E in questo senso credo che c’è bisogno di una riforma affinché l’Onu possa tornare a essere quello che è nella sua fondazione. Qualche passo si è fatto, non è facile …

Il Papa chiama l’Europa a fare la sua parte. Ma sulle migrazioni l’Ue resta divisa. Serve un’Europa più solidale sulle migrazioni?

Questa è una realtà molto triste, perché noi siamo convinti che questa tematica dei migranti è molto molto seria, sappiamo che il problema dei migranti oggi è uno dei grandi problemi globali e non sarà di facile e di immediata soluzione. A noi sembra che la via della soluzione sia proprio quella solidarietà e dell’assunzione comune di questa problematica e anche delle strade per arrivare a darvi una risposta. Credo che le divisioni non servano e aumentano le difficoltà di gestire in modo umano e ordinato questo fenomeno.

Anche in Medio Oriente la pace sembra lontana. Nuove tensioni dopo l’attacco armato israeliano a Jenin. Cosa fare?

Purtroppo la situazione di tanto in tanto subisce queste accelerazioni e questi peggioramenti. La soluzione definitiva, l’orizzonte su quale muoversi è quello del riconoscimento di due Stati, questa è la soluzione del problema nei rapporti tra israeliani e palestinesi. Per arrivare alla soluzione dei due Stati ci vuole il dialogo diretto tra i due Stati, che oggi, a quanto ne so, non esiste. Anche perché manca la fiducia reciproca, perché un dialogo si può portare avanti soltanto se c’è un minimo di fiducia reciproca. Ora la fiducia è distrutta. Ma è un po’ un gatto che si morde la coda perché se non si pongono dei piccoli gesti, dei gesti reciproci la fiducia non si recupera ma se non si recupera la fiducia non si riesce a porre qualche gesto. L’appello prima di tutto è quello di evitare l’uso della violenza. Non utilizzare mai la violenza per risolvere i problemi perché la violenza intanto aumenta i problemi oggi e domani. Poi di riprendere a parlarsi con un minimo di fiducia e cercare insieme una soluzione condivisa che porterà certamente la pace e la prosperità in tutta la regione in base anche alle risoluzioni delle Nazioni Unite.

75 anni fa la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La libertà religiosa soprattutto in Occidente oggi è minacciata anche dalla “cancel culture” e dalla colonizzazione ideologica?

La libertà religiosa è uno dei pilastri dei diritti umani. La Chiesa lo ha sempre affermato perché tocca la coscienza e la parte più intima dell’uomo e questo vale per tutti, anche per i non credenti. E oggi mi pare che sia in atto un tentativo di ridurre sempre più gli spazi della libertà religiosa. Vediamo da una parte i continui attacchi ai luoghi di culto e i continui gesti che minano la libertà religiosa, le persecuzioni che ci sono nel mondo. E dall’altra parte il tentativo di impedire alla fede e alla morale di avere una voce pubblica. Credo che in questo anniversario vadano recuperati tutti i diritti fondamentali dell’uomo come sono presenti nella Carta che è stata approvata 75 anni fa e si debba porre una particolare attenzione anche al tema della libertà religiosa che, come diceva San Giovanni Paolo II, è la cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti.

In gioco c’è anche la concezione dell’uomo e della donna?

Certamente. Noi chiediamo di poter esprimere anche pubblicamente la nostra visione dell’uomo e della donna. E io sono convinto che questa visione è la visione che nasce dal Vangelo che è radicata nella tradizione della Chiesa. Una visione che veramente può salvaguardare, difendere e promuovere l’uomo e l’umanità nel suo insieme e ogni uomo e ogni singola donna in particolare. La proposta della Chiesa nasce da questo, non è un’imposizione di una particolare visione. Noi pensiamo di poter aiutare davvero l’uomo e la donna ad essere tali e ad essere felici attraverso l’adesione a questi valori ispirati dal Vangelo.

Anche attraverso la tutela della famiglia?

La famiglia è un altro dei punti oggi particolarmente in crisi che meriterebbe oggi una maggiore attenzione, una maggiore difesa, una maggiore promozione da parte di tutti. Perché se ci sono buone famiglie ci sono anche buone società. Noi crediamo davvero che la famiglia sia la cellula della società: se le cellule sono sane anche il corpo è sano. È sempre da questa visione positiva che nasce il nostro impegno che a volte non è compreso. Capisco che è difficile anche entrare in questa ottica: il nostro impegno è offrire la visione cristiana al mondo di oggi. 

Vaticanista del Tg1