Sanguinosi disordini nel Paese africano dove è salito ad almeno 16 morti e più di 350 feriti il bilancio delle violente manifestazioni scoppiate dopo la condanna del leader dell’opposizione Ousmane Sonko
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Da tre giorni la capitale del Senegal, Dakar, e altre città vivono momenti di gravissima tensione. I sostenitori dell’opposizione sono scesi in piazza dopo la pronuncia della sentenza che ha condannato il leader Ousmane Sonko a due anni di reclusione per corruzione di minori. Sono avvenuti durissimi scontri tra dimostranti e forze dell’ordine, che hanno causato la morte di 16 persone ed il ferimento di altre 350. L’accusa, secondo i manifestanti, è stata costruita ad arte con lo scopo di impedire a Sonko di proporsi alla guida del Senegal nelle elezioni presidenziali del prossimo anno. Ieri il partito Pastef-Patrioti di Sonko ha condannato la repressione definita “omicida” da parte delle forze di difesa e di sicurezza, accusando il governo di aver impiegato milizie private. La popolazione è stata esortata a difendersi in ogni modo possibile e a reagire con ogni mezzo.
Imminenti nuove manifestazioni
Il governo a sua volta ha accusato i sostenitori di Sonko di “vandalismo e banditismo”, ha limitato l’accesso ai social media e ha deciso di interrompere “temporaneamente” l’accesso a Internet per i telefoni cellulari, affermando che attraverso questi canali venivano condivisi “messaggi sovversivi”. 500 gli arresti effettuati. La posizione di Ousmane Sonko antigovernativa è suffragata dalla ferma critica all’esecutivo per il debito pubblico eccessivo, la povertà che sta raggiungendo livelli insostenibili, l’insicurezza alimentare, i sistemi sanitari e scolastici fatiscenti e la corruzione. Ora il prossimo evento dovrebbe essere l’arresto e la reclusione di Sonko, che è stato contumace al processo che lo ha condannato a due anni di prigione, ma sembra che le autorità stiano valutando come comportarsi per non creare ulteriori motivi di scontro con la piazza.