Quale educazione nei nuovi scenari culturali digitali?

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“Il Concilio Vaticano II metteva in evidenza il ruolo, il compito, la missione della Chiesa, nella modernità, nel nostro tempo, come esperta di umanità: una Chiesa attenta all’umano. Credo che la domanda di fondo del nostro seminario sia questa: non solo come l’umano sopravvive in questa situazione (il digitale, ndr), ma come può essere sempre più umano? O è condannato a essere alienato da se stesso, quasi in maniera inesorabile?”. Con alcuni interrogativi mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, ha rilanciato l’impegno dell’umano nel tempo digitale, durante il seminario di studio nel contesto del cammino sinodale, dal titolo “Quale educazione nei nuovi scenari culturali digitali?”, organizzato, venerdì 12 maggio, a Torino in collaborazione con l’Arcidiocesi e in partnership con l’Università.
Mons. Giuliodori ha indicato una serie di sfide per il futuro: “Rimaniamo nella domanda, come nella natura di questo seminario, sapendo che dobbiamo ragionare assieme, che nessuno può affrontare la complessità di questa situazione da solo. Non basta un’unica o poche competenze. Dobbiamo muoverci tutti assieme. Noi riflettiamo sull’umano ma forse stiamo arrivando allo scenario dell’oltre umano. Il nuovo scenario del metaverso è l’ibridazione uomo-macchina”.
Nel suo intervento, l’arcivescovo di Torino, mons. Roberto Repole, ha sottolineato che “rispetto a un mondo digitale, che caratterizza il più vasto mondo degli uomini, ci troviamo a dover operare un discernimento, tanto più, se lo vediamo in chiave educativa”. Soffermandosi sulle “potenziali inquietudini”, il presule ha evidenziato il rischio che “il mondo digitale ci rende sì tutti interconnessi ma potrebbe allentare i legami sociali autentici”. “Viviamo un’epoca contraddistinta dall’accelerazione che influenza ogni settore, anche quello educativo”, ha osservato Juan Carlos De Martin, ordinario di ingegneria informatica, co-direttore del Centro Nexa su Internet e Società e vice rettore per la cultura e la comunicazione del Politecnico di Torino. Giuseppe Riva, ordinario di Psicologia generale e Psicologia della Comunicazione, direttore dello Humane Technology Lab dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha ribadito l’esigenza di “non sostituire la comunità fisica con quella digitale” ma di “aumentare il potere della comunità fisica attraverso lo strumento digitale”. “Le neuroscienze – ha rilevato – ci dicono che la tecnologia ha messo in crisi la capacità di stare in gruppo per trovare soluzioni collettive, ovvero, la sincronizzazione delle onde cerebrali, i cervelli che si uniscono e vanno oltre la somma. Fare attività creativa su Zoom infatti non funziona”. Marina Marchisio, ordinario di Matematiche Complementari, esperta di didattica di emergenza e di didattica digitale integrata dell’Università di Torino, si è soffermata, invece, sulla capacità degli ambienti digitali d’apprendimento di generare inclusione perché “mettono a disposizione risorse aperte a tutti, diverse e a vantaggio dell’economicità, dell’interazione e della varietà di prospettive differenti”.