Beatificati i martiri della Comune di Parigi, Semeraro: testimoni di speranza

Vatican News

A Parigi la celebrazione presieduta dal cardinale prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi. Da oggi sono beati i padri Henri Planchat, Ladislas Radigue, Polycarpe Tuffier, Marcellin Rouchouze e Frézal Tardieu, morti in odio alla fede durante la persecuzione anticristiana della Comune nel 1871

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Un “esempio” e un “modello”. “Come il cireneo, anche i nostri martiri hanno portato la croce di Gesù, come Gesù sono stati ‘crocifissi’”, vivendo “in prima persona le parole: ‘Bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria!’”. Celebrando a Parigi, nella basilica di Saint-Sulpice, gremita di fedeli, la beatificazione di Enrico Planchat, sacerdote professo della Congregazione dei Religiosi di San Vincenzo de’ Paoli, di Ladislao Radigue e dei tre compagni, Polycarpe Tuffier, Marcellin Rouchouze, Frézal Tardieu, della Congregazione dei Sacri Cuori, martiri della Comune, morti in odio alla fede nel 1871 nella capitale francese, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi li ricorda così: cinque uomini di Dio che con la loro testimonianza hanno scritto un capitolo di quel “Vangelo della sofferenza” descritto da san Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Salvifici doloris. “Crocifissi con Gesù”, “hanno vissuto in prima persona le sue parole: «bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria!».”

Beatificazione dei martiri di Parigi del 1871

La persecuzione anticristiana

Il martirio di questi cinque sacerdoti si compie il 28 maggio 1871. Siamo nel pieno della  Semmaine sanglante, al culmine della violenta e sanguinosa battaglia che travolse le vie di Parigi durante la Comune, ovvero lo stato autonomo indipendente, ispirato agli ideali socialisti libertari proclamato in reazione alla ritorno della Repubblica favorito da un gruppo di deputati repubblicani dopo la sconfitta francese nella guerra Franco-Prussiana e la fine dell’impero di Napoleone. Oltre ad istanze socio-politiche, la Comune presentò evidenti risvolti antireligiosi: la religione cristiana era infatti vista come un ostacolo da eliminare per conseguire il superamento dell’Ancien regime. Ne seguirono sistematici saccheggi di luoghi di culto e un deliberato e feroce accanimento contro i religiosi. Nella Casa Madre della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria furono profanati le Specie Eucaristiche e gli oggetti sacri.

Le reliquie dei martiri portate in processione nella basilica di Saint Sulpice

In odio alla fede

L’odium fidei fu la motivazione prevalente che portò la folla inferocita ad uccidere brutalmente i cinque sacerdoti martiri sui cui cadaveri, dileggiati dopo la morte, furono inferte ferite provocate da colpi di fucile e armi da taglio.  I cinque sacerdoti inoltre erano consapevoli dei rischi che correvano: pur avendo avuto la possibilità di fuggire da Parigi, preferirono restare ad assolvere il loro servizio ministeriale, e durante la carcerazione continuarono a pregare e confessare i prigionieri. Particolarmente significativo – ha messo in luce il cardinale Semeraro – è che il martirio dei cinque beati si svolse di venerdì, “giorno in cui la pietà cristiana ricorda settimanalmente la morte del Salvatore” e nel pierno delle festività pasquali.  Padre Planchat fu arrestato il giovedì santo del 1871, gli altri quattro sacerdoti invece una settimana più tardi, nel mercoledì durante l’ottava di Pasqua.

Il cardinale Semeraro durante la celebrazione

“Non sono triste”, “Il Signore è buono”

Toccanti le testimonianze raccolte per il processo di Beatificazione. “Ci dicono come i nostri martiri hanno affrontato la morte”, ha commentato il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, citandone alcuni passi. “Non sono triste, ve lo assicuro, prego per tutti” scriveva il beato Palnchat al fratello Eugène. “Ho sperimentato quanto il Signore sia buono e quale aiuto dia a coloro che mette alla prova per la gloria del suo nome”, si legge invece nella lettera del beato Ladislas Radugue al suo Superiore.

Un momento della celebrazione

Il bene vince

A centocinquantadue anni dal martirio la testimonianza dei cinque nuovi beati resta dunque attuale,  ha evidenziato il cardinale:

La storia di questi martiri diventa così un monito anche per l’oggi; nella prospettiva cristiana, tuttavia, rimane una storia di speranza, poiché (e qui cito Benedetto XVI, la cui memoria è ancora viva tra noi) «il bene vince e, se a volte può apparire sconfitto dalla sopraffazione e dalla furbizia, in realtà continua a operare nel silenzio e nella discrezione portando frutti nel lungo periodo.

Un momento della cerimonia di beatificazione

Noi nel Vangelo

Uniti e partecipi delle sofferenze di Cristo i cinque nuovi beati, ha aggiunto Semeraro rimandano alla dimensione del martirio, ma chiamano anche ciascuno di noi ad “immettersi nella storia evangelica”. Nel brano dei discepoli di Emmaus al centro della liturgia odierna il porporato ha messo in luce “interessanti incognite”: dove si svolge l’incontro con il Signore? Chi cammina insieme a Cleopa? Sono vuoti che ciascuno di noi può colmare con il proprio nome o la propria condizione esistenziale: “in qualunque luogo e in qualsivoglia situazione ci troviamo, possiamo entrare nel racconto e affiancarci a Cleopa; dubitare, lamentarci e da ultimo, insieme con lui, riconoscere il Signore e rallegrarci della sua presenza”. Questa l’attualità, carica di speranza, delle testimonianze dei cinque nuovi beati:

Le vicende nelle quali furono coinvolti e divennero vittime (ed evidentemente non loro soltanto, ma tante altre decine di persone, massacrate dalla violenta follia dei rivoluzionari) formano una storia intricata e complessa dove si rimescolano istanze di vario genere, si sovrappongono condizioni antiche e nuove, ideologie sociali e sentimenti irreligiosi, appelli di verità ma anche fiumi di menzogna al punto da formare una miscela che avvelena l’uomo.