Sri Lanka: Ranjith: la speranza di Pasqua è di avere giustizia

Vatican News

Il cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo testimonia le difficoltà del suo Paese in crisi economica e continua a chiedere un’inchiesta per far luce sui responsabili degli attacchi del 2019, quando furono colpite tre chiese e morirono 253 persone. La solidarietà del Papa, afferma, ci spinge ad andare avanti verso la riconciliazione

Luca Collodi – Città del Vaticano

Durante la Pasqua di quattro anni fa, il 21 aprile 2019, alcuni dei principali luoghi di culto cristiani dello Sri Lanka, oltre ad alberghi di lusso a Colombo, furono colpiti da una serie di attacchi terroristici di matrice islamista. Oltre 250 i morti e circa 500 le persone feriti dalle bombe suicide di sette kamikaze. Da allora le celebrazioni di Pasqua sono ancora di più il centro della vita religiosa e comunitaria della minoranza cattolica del Paese, guidata dal cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, in una situazione resa ancora più difficile dalla crisi economica che sta colpendo l’isola dell’Oceano indiano.

Cardinale Ranjith che cosa resta nella memoria degli attentati della Pasqua 2019?

È ancora viva la memoria di ciò che è successo, ma purtroppo non c’è ancora una soluzione perché i governi che abbiamo avuto fino ad oggi non hanno fatto nessun tentativo serio per indagare e sapere chi c’è stato veramente dietro questi attacchi. In superficie si sono visti alcuni estremisti islamici che hanno compiuto un attacco suicida, però sono emersi degli elementi che indicavano un legame tra alcuni gruppi politici e questi terroristi. Poi sono emerse indicazioni che tale attentato è stato compiuto con uno scopo politico, cioè creare nel Paese una certa islamofobia e galvanizzare gli elettori a votare a favore di un candidato particolare. In questa situazione, dato che probabilmente gli stessi che erano coinvolti sono al potere ora, un’investigazione trasparente, non esiste, non succede. Loro cercano di evitare tale investigazioni, anche se noi lo abbiamo chiesto e persino il Santo Padre ha fatto diversi appelli per una per un’inchiesta trasparente, ma non ci è stata concessa. Perciò noi non sappiamo esattamente chi c’è stato dietro questi attentati, è una situazione di incertezza. La comunità cattolica, ma anche gli altri sono veramente scontenti di ciò che succede e stiamo sempre gridando e chiedendo allo stato una investigazione trasparente sulla colpevolezza di questa gente.

Sarà una pasqua di crisi economica che attraversa il Paese?

Sì, certo, perché come indicano le statistiche, un terzo della popolazione del paese, cioè almeno 8,3 milioni di persone, non riesce a mangiare almeno una volta al giorno abbastanza bene o a sufficienza. Soprattutto ci sono le sofferenze dei più poveri, dei bambini, dei malati, di diversi settori che soffrono a causa di situazioni tragiche. Loro soffrono moltissimo, perciò stiamo attraversando un momento triste nel nostro Paese

Qual è il messaggio di speranza della chiesa locale al popolo dello Sri Lanka?

Ultimamente il governo sta cercando di imporre delle leggi che violano i diritti umani, cercando di creare dei sistemi di controlli sulla libertà di espressione e loro vogliono imporre dei limiti con una legge. Allora il paese sta andando verso una situazione molto più grave di come era prima. Sempre abbiamo la speranza e perciò speriamo che il 21 aprile, il giorno del quarto anniversario, noi possiamo come Paese – non solo la comunità cattolica, ma anche le altre comunità insieme –   fare la nostra richiesta ad alta voce al governo di dare giustizia alle famiglie che hanno perso qualcuno a causa di questi attentati e alle persone che sono rimaste ferite e con difficoltà portano avanti la loro vita a causa di queste ferite. Vogliamo giustizia

C’è comunque una grande solidarietà della chiesa universale nei confronti dello Sri Lanka…

Siamo commossi della solidarietà che abbiamo sentito, soprattutto dal Santo Padre Papa Francesco che dal primo momento in cui ha sentito degli attentati si è messo ad aiutarci, ad appoggiarci, a mandare dei messaggi e degli inviati speciali per mostrare la sua vicinanza a chi ha sofferto. Anche lui è molto conscio della sofferenza generale della popolazione e ha cercato di aiutarci anche finanziariamente per andare avanti con un programma di assistenza alimentare alle famiglie più povere del Paese. Perciò questa solidarietà ci commuove e ci dà anche coraggio per andare avanti con il nostro impegno per la giustizia e la riconciliazione tra i popoli.