Al Bambino Gesù la prima terapia genica al mondo efficace sul neuroblastoma

Vatican News

Sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati della sperimentazione sviluppata dall’ospedale della Santa Sede per curare il tumore solido più frequente dell’età pediatrica. Franco Locatelli, che ha guidato la ricerca: “È la prima volta che uno studio simile raggiunge risultati così incoraggianti”

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

È stata progettata all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù la prima terapia genica con cellule CAR T in grado di curare con buona probabilità di successo le forme più gravi di neuroblastoma, il tumore solido più frequente dell’età pediatrica. La splendida notizia arriva dalla conferenza stampa tenutasi, giovedì 6 aprile, presso quello che è conosciuto anche come “l’ospedale del Papa”. Il nuovo trattamento, messo a punto dal team di clinici e ricercatori guidato dal professor Franco Locatelli, responsabile dell’area di ricerca e area clinica di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico dell’ospedale, è stato sperimentato su 27 bambini con neuroblastoma recidivato e/o resistente alle terapie convenzionali. I risultati sono ottimi: la risposta al trattamento è pari al 63% dei casi.

Lo studio del Bambino Gesù

La sperimentazione della terapia genica con cellule CAR T dirette contro il neuroblastoma è stata interamente progettata e condotta da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù coordinati dal professor Locatelli, Lo studio ha coinvolto l’Officina Farmaceutica, le aree di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e Diagnostica di Immagini. Tra il 2018 e il 2021 sono stati arruolati nel trial 27 pazienti provenienti da tutta Italia, di età compresa tra 1 e 25 anni, affetti da neuroblastoma recidivato e/o resistente e già sottoposti a numerosi tentativi di cura. Alcuni di loro, presenti oggi in conferenza stampa, dicono con la voce rotta dall’emozione di come oggi la loro vita sia “assolutamente normale”, e questo “grazie alle cellule CAR T”. “Usare queste cellule per i tumori solidi sembrava una sfida impossibile, ma le sfide fanno parte della ricerca”, dice Locatelli. Una ricerca a cui va l’infinito grazie dei familiari dei piccoli pazienti. Uno di loro, in particolare, sottolinea come ognuno possa dare il proprio contributo, con le frequenti raccolte fondi volte a sostenere la ricerca. Suo figlio, Leonardo, è guarito ed è seduto in platea. Ad essere guarito è anche Luca, oggi maggiorenne. “Sto bene”, ripete ai nostri microfoni. Un attimo dopo lo abbraccia il professor Locatelli. 

Il genitore di Leonardo, 9 anni, e il giovane Luca, guarito grazie alle cellule CAR T

Un risultato straordinario

“Siamo straordinariamente soddisfatti perché per la prima volta si dimostra l’efficacia delle cellule CAR T nel neuroblastoma e il tutto rappresenta anche un modello prototipale per dimostrare che l’efficacia di queste cellule riguarda anche i tumori solidi”, afferma il professor Locatelli. “Le cellule CAR T sono dei linfociti, cioè cellule del sistema immunitario di un paziente geneticamente modificate – spiega – per essere poi reindirizzate su un bersaglio presente su degli elementi neoplastici”. I pazienti trattati sono stati 27, “di questi – sottolinea Locatelli – ben 9 hanno ottenuto risposte complete, 8 parziali, di cui 3 si sono trasformate in risposta completa”.  Il successo di questo lavoro è merito “di tanti ricercatori di numerosi laborari e reparti clinici, ma – rimarca – non sarebbe stato possibile senza il finanziamento di AIRC, Ministero della Salute, AIFA e Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma”. Dopo questo successo, è pensabile poter procedere con una sperimentazione simile per altre tipologie di tumore? “Abbiamo la possibilità oggi di poter impiegare lo stesso tipo di cellule CAR T anche in diverse tipologie di tumori cerebrali. Abbiamo pronto un protocollo clinico, attualmente in valutazione all’ISS, e una volta ricevuta l’approvazione – annuncia – inizieremo un trial clinico per gli adulti fino ai 35 anni di età”. 

Il professor Franco Locatelli illustra i risultati della terapia genica

Il lavoro dei ricercatori

“Siamo straordinariamente emozionati, quando si pensò nel 2015 a questo percorso mi sembrava fantascienza”, afferma la dottoressa Sara Costa, presidente Associazione Italiana Lotta contro il Neuroblastoma. “Quando con il professor Locatelli abbiamo avuto il primo incontro incontro in cui paventò la possibilità di fare in modo che i bambini potessero avere una cura, per noi genitori, abituati ad avere solo frustrazioni per le delusioni avute, sembrava un percorso impossibile”. Per questo essere qui oggi “vuol dire avere il cuore pieno di speranza, gonfio di gioia, in questi nove anni si è vinta una sfida incredibile, della serie credere per vedere. I risultati ottenuti – conclude – parlano da sè”. I pazienti coinvolti nello studio sono stati trattati con l’infusione di cellule CAR T modificate con un costrutto di terza generazione, denominato GD2-CART01, prodotto in laboratorio dai ricercatori dell’Ospedale della Santa Sede partendo dal prelievo di linfociti T autologhi (cioè provenienti dal paziente stesso). Queste cellule del sistema immunitario sono state poi modificate geneticamente per esprimere sulla propria superficie il CAR (Chimeric Antigen Receptor), una molecola sintetica in grado di riconoscere il bersaglio tumorale (nel neuroblastoma è la molecola GD2) e di indirizzare i linfociti T contro le cellule malate.

La dottoressa Sara Costa, presidente dell’Associazione Italiana Lotta contro il Neuroblastoma

I risultati

La sperimentazione sui 27 pazienti è stata condotta in due fasi: nella prima sono state valutate sicurezza e tollerabilità del farmaco secondo un modello di dosi crescenti (in assenza di tossicità) o decrescenti (in caso di tossicità, nella successiva sono stati valutati efficacia della terapia e tempi di permanenza nell’organismo delle cellule geneticamente modificate. La risposta al trattamento ha raggiunto il 63% e la probabilità di sopravvivere senza malattia è significativamente aumentata rispetto all’attesa di vita, purtroppo breve, in assenza di altre cure. I risultati dello studio, realizzato anche grazie ai finanziamenti ricevuti da AIRC, Ministero della Salute, AIFA e Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, sono stati appena pubblicati sulla prestigiosa rivista di medicina New England Journal of Medicine. La nuova terapia CAR T per il neuroblastoma recidivo e/o refrattario si è dimostrata sicura ed efficace: al termine dello studio il team di ricercatori del Bambino Gesù ha osservato una risposta al trattamento pari quasi a due terzi dei pazienti, metà dei quali in remissione completa di malattia. Cresce la probabilità di sopravvivenza fino a 3 anni (60% dei casi) e di sopravvivere senza evidenza di malattia (36%). Inoltre è stata documentata la longevità delle cellule CAR T: persistono nell’organismo del paziente fino a 2-3 anni dall’infusione, sostenendo nel tempo l’efficacia terapeutica.

Le prospettive

I risultati della sperimentazione del Bambino Gesù aprono alla possibilità, in prospettiva, di impiego anticipato delle cellule CAR T nella strategia terapeutica dei bambini affetti da neuroblastoma: una cura destinata, dunque, non solo ai pazienti che hanno già fallito diversi tentativi di trattamento, ma anche ai neo-diagnosticati con caratteristiche di alto rischio o per chi abbia fallito una sola linea di terapia. Inoltre, questo studio costituisce una chiara evidenza dell’efficacia delle cellule CAR T anche nei tumori solidi, aprendo possibili scenari di trattamento anche per altri tumori solidi.

La conferenza stampa al Bambino Gesù

Il neuroblastoma

Il neuroblastoma è il tumore solido extracranico più frequente dell’età pediatrica e rappresenta circa il 7-10% dei tumori nei bambini tra 0 e 5 anni. In Italia vengono formulate oltre cento nuove diagnosi all’anno. Questo tumore ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, e può insorgere in diversi distretti corporei tra cui il più frequente è il surrene. Ancora oggi, il neuroblastoma ha una prognosi significativamente meno buona di altre neoplasie dell’età pediatrica, essendo responsabile dell’11% delle morti per cancro. Nelle forme metastatiche o ad alto rischio di ricaduta la probabilità di guarigione definitiva è del 45-50%; in caso di ricaduta o di malattia refrattaria alle cure convenzionali (chemio e radioterapia), la possibilità di sopravvivere a 2 anni non supera il 5-10%.