Lo ha emesso la Corte Penale internazionale de L’Aja: il presidente russo è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia. Stessa accusa, con un secondo mandato di cattura, per Maria Lvova-Belova, commissaria di Mosca per i diritti dei bambini. Il Cremlino replica: decisione che non ha nessun significato per noi
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La Corte penale internazionale dell’Aja ha emesso un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra contro Vladimir Putin. Il presidente russo è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia, e la stessa accusa, con un secondo mandato di cattura, è stata contestata a Maria Lvova-Belova, commissaria di Mosca per i diritti dei bambini. E’ arrivata dunque a una clamorosa svolta l’inchiesta avviata poche settimane dopo l’invasione. Investigatori e magistrati che indagano sui crimini compiuti durante il conflitto spiegano che questo filone di indagine ha sempre avuto la priorità perché “bambini e adolescenti non possono essere trattati come bottino di guerra”. E adesso, al termine di verifiche complesse, anche per quanto riguarda la procedibilità e gli aspetti giuridici, i tre giudici, l’italiano Rosario Aitala, la giapponese Tomoko Akane e il costaricano Sergio Ugalde, hanno accolto le richieste del procuratore Karim Khan.
La reazione di Mosca: nessun valore, nemmeno legale
“Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto di vista legale”, ha commentato la portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, mentre Kyiv definisce la decisione “storica”: “Continuiamo la stretta collaborazione con la Corte penale nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte”, ha scritto su Twitter il procuratore generale dell’Ucraina, Andrij Kostin.
Una deportazione iniziata poco dopo l’invasione russa
Secondo quanto accertato dai giudici coordinati da Aitala, il commissario russo per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, avrebbe ordinato l’invio degli adolescenti e dei bambini nelle strutture controllate da Mosca sin dalle prime settimane dopo l’invasione dell’Ucraina e nel maggio 2022 Putin ha firmato un decreto per snellire e rendere subito operative le procedure per far ottenere agli ucraini la cittadinanza russa. I minori sarebbero inviati nei campi di rieducazione russi e poi affidati a famiglie per l’adozione definitiva. Il mandato di cattura internazionale è stato emesso perché ai capi di Stato non viene riconosciuta l’immunità nei casi che coinvolgono crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio. Gli analisti internazionali sono consapevoli che al momento sia praticamente impossibile eseguire il provvedimento di cattura, ma si tratta di un atto che comunque limita i movimenti del presidente russo e inevitabilmente apre nuovi scenari nel conflitto.
Il rapporto della commissione d’inchiesta Onu
Ieri, 16 marzo, è stato pubblicato anche il rapporto della commissione d’inchiesta dell’Onu che accusa Mosca di aver commesso “un numero considerevole di crimini di guerra in quattro regioni ucraine nelle prime settimane dopo l’invasione russa” e specificano come “le situazioni esaminate riguardanti il trasferimento e la deportazione di bambini, rispettivamente all’interno dell’Ucraina e nella Federazione Russa, violano il diritto umanitario internazionale e costituiscono un crimine di guerra”.
Una ricerca dell’università di Yale conferma i trasferimenti
Secondo rapporto di un centro di ricerca dell’università di Yale, pubblicato nel febbraio 2023, dal titolo “Il sistematico programma della Russia per la rieducazione e l’adozione dei minori ucraini”, tra febbraio 2022 fino a gennaio 2023 “sono stati trasferiti più di 6.000 giovani di età compresa fra 4 mesi di età e 17 anni”. I ricercatori hanno individuato “43 strutture di detenzione e rieducazione, di cui 12 attorno al mar Nero, 7 nella Crimea occupata, 10 attorno alle città di Mosca, Kazan ed Ekaterinburg, mentre gli altri nelle regioni dell’estremo oriente russo, di cui 2 in Siberia”. Nel dossier si specifica che “i genitori sono stati costretti, ingannati con la promessa di un trasferimento temporaneo o non interpellati del tutto e i moduli di affido compilati con firme false”. In ogni caso, la capacità dei genitori di fornire un consenso effettivo viene considerata dubbia, perché “lo stato di guerra e la minaccia implicita delle forze di occupazione rappresentano una forma di costrizione costante”.