Nel corso della 48° udienza del procedimento sulla gestione dei fondi della Santa Sede è stato ascoltato l’ex cronista de “L’Espresso” che nell’ottobre 2019 pubblicò copia integrale del contratto col quale la Segreteria di Stato riacquistava dal fondo del finanziere Mincione il controllo del Palazzo di Londra: ha dichiarato in aula di non averlo ricevuto dall’ex direttore dell’Aif Di Ruzza
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Nell’udienza più breve di tutto il processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede, soli 25 minuti tra le 9.40 e le 10.05, è stato ascoltato oggi da alcuni avvocati degli imputati e dal promotore di giustizia, come testimone, il giornalista Emiliano Fittipaldi, vicedirettore di “Domani” ma all’epoca dei fatti giornalista de “L’Espresso”. Interrogato nell’Aula dei Musei Vaticani, Fittipaldi, unico teste presente dei quattro convocati dalle difese, ha risposto soprattutto alle domande dell’avvocato di Tommaso Di Ruzza, ex direttore dell’Autorità finanziaria (Aif, oggi Asif) della Santa Sede, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, abuso d’ufficio e violazione del segreto d’ufficio.
Fittipaldi: non è stato Di Ruzza a darmi il contratto
L’avvocato Borgogno ha chiesto al giornalista se fosse stato il suo assistito a fornirgli la copia del contratto Framework agreement (accordo quadro) tra il fondo Gof di Raffaele Mincione (Athena Capital Global Opportunities) e la Segreteria di Stato, pubblicato nell’articolo “Vaticano ecco le carte dello scandalo”, uscito l’1 ottobre 2019 sull’Espresso. Fittipaldi ha negato, come ha negato anche che il documento gli fosse arrivato da qualcun altro all’interno del Vaticano, escludendo pure che Di Ruzza potesse aver avuto qualche ruolo nella consegna.
L’accordo quadro per il riacquisto del Palazzo di Londra
Il giornalista ha ricordato che il contratto era al centro dell’inchiesta avviata nel luglio 2019 dalla Gendarmeria Vaticana dopo una denuncia dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior), in quanto si tratta dell’accordo base per il riacquisto delle quote del Palazzo di Londra, in Sloane Avenue 60, da parte della Segreteria di Stato, dal fondo di Mincione, per passare poi il controllo delle quote stesse alla società Gut di Gianluigi Torzi. “Per questo ho cercato di recuperarlo e pubblicarlo” ha detto rispondendo alle domande. Il finanziere Mincione, che secondo l’accusa fece sottoscrivere alla Segreteria di Stato importanti quote del fondo che possedeva l’immobile londinese al n. 60 di Sloane Avenue, usando poi il denaro ricevuto per suoi investimenti speculativi, è accusato di peculato, truffa, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio. Il finanziere Torzi, accusato anche di estorsione, chiamato ad aiutare la Santa Sede ad uscire dal fondo di Mincione, sarebbe riuscito a farsi liquidare ben 15 milioni per restituire il Palazzo ai legittimi proprietari.
“Non rivelo mai le mie fonti”
Alla domanda se avesse svelato la sua fonte a Francesca Immacolata Chaoqui, la pierre ex membro della Cosea (La commissione pontificia di studio sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa, ora soppressa) già sentita come teste nel processo a metà gennaio, Fittipaldi ha spiegato che conosce la Chaoqui dal 2014, ma non ricorda di averle parlato del documento, la cui copia digitale è stata proiettata anche in aula durante l’interrogatorio. Insieme a Francesca Chaouqui e al collega Gianluigi Nuzzi, tra il 2015 e il 2016 l’ex giornalista dell’Espresso è stato tra gli imputati del processo “Vatileaks 2”, uscendone prosciolto. Fittipaldi ha detto di aver letto le dichiarazioni spontanee rilasciate dalla pierre alla Gendarmeria un mese dopo il suo articolo, nelle quali la donna spiegava di averle le prove che la fonte del giornalista fossero interne all’Aif. “Ma io non rilevo mai le mie fonti – ha aggiunto – e a chi me le chiede mento e faccio schiuma per confondere le acque”.
“Ho ricevuto il documento da Massinelli, per conto di Micione”
Subito dopo però Fittipaldi ha detto di poter rivelare da chi ha ricevuto il documento, perché “la fonte mi ha autorizzato a farlo”. È stato, ha spiegato, Marcello Massinelli, “collaboratore di Mincione, che me lo ha mandato in formato digitale, ho fatto anche uno screenshot dei messaggi con lui” che provano questa consegna. E ne ha consegnato copia al Tribunale Vaticano. Il giornalista ha poi rivelato, a domanda del promotore di giustizia Alessandro Diddi, di aver incontrato il 10 ottobre 2019 Massinelli, Mincione e un altro collaboratore del finanziere a Milano, nella sede della Wnm, la società del finanziere. “Volevano dimostrarmi che tutto quello che avevano fatto era assolutamente corretto – ha detto Fittipaldi – e per questo di aver voluto la pubblicazione del Framework agreement”. Diddi ha poi chiesto al teste se avesse mai incontrato Di Ruzza, e il giornalista ha ricordato che il primo contatto è stato nel 2016, quando lavorava su alcuni articoli sull’Aif. “E nel 2019?” Ha chiesto Diddi. “Il 6 o 7 ottobre, dopo la pubblicazione dell’articolo con il Framework agreement”. Il promotore ha poi voluto sapere come il giornalista è arrivato a contattare Massinelli, e Fittipaldi ha spiegato di aver avuto il suo contatto quando cercava di raggiungere Mincione, e ha letto in aula anche il suo numero di telefono, un cellulare italiano.
Prossima udienza l’8 marzo
Verificato che gli altri testimoni convocati non erano presenti, il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone ha comunicato che la prossima udienza è fissata per mercoledì 8 marzo, sempre per l’audizione di testimoni richiesti dalle difese e dall’accusa.