Francesco invia un saluto ai partecipanti alla giornata di studi “Siblings: sorelle e fratelli nella disabilità e nella malattia mentale”, svoltasi stamattina a Roma e organizzata dall’Associazione Arca Comunità “Il Chicco”
Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Famiglie in cui uno o più membri siano affetti da disabilità. Calvari domestici spesso sconosciuti e proprio come nella salita di Gesù al Calvario luoghi in cui chi ha salute si fa “Cireneo” di chi non la ha, aiutando a portare una croce che sovente dura un’intera vita. “Una situazione diffusa e dura, drammatica”, riconosce il Papa salutando con un messaggio i lavori della giornata di studi svoltasi oggi nella Sala Troisi a Roma, promossa dall’Associazione Arca Comunità “Il Chicco” e intitolata “Siblings: sorelle e fratelli nella disabilità e nella malattia mentale”.
Farsi “Cirenei”
Siblings – vocabolo che di per sé indica l’insieme di sorelle e fratelli – nell’ambito della disabilità intellettiva connota le sorelle e i fratelli di persone con disturbi del neurosviluppo. “Confesso che non conoscevo questa parola, ma ho ben presente il fenomeno che essa intende”, scrive Francesco, contento che del fatto che alla giornata vengano offerte testimonianze di questo specifico tipo di prossimità. Si tratta, osserva il Papa, di una “realtà che ci ricorda che, nel bene e nel male, nessun uomo è solo, ma vive sempre all’interno di una rete di relazioni. Nel bene, giovando della vicinanza, aiuto e conforto da parte degli altri; nel male perché il problema di uno si riverbera sugli altri diventando causa di preoccupazione e afflizione”. Il fratello o sorella sano di un fratello o sorella disabile, continua, “si trova ad essere come quel Simone che veniva da Cirene e fu costretto dalle guardie a portare la croce di Gesù per un lungo tratto della via dolorosa”.
L’amore non produce scarti
Il sibling, per Francesco, è dunque “una persona che la vita ha costretto a essere Cireneo” e il tratto di strada da condividere “può essere più o meno lungo”, ma “in partenza lo schema è già predisposto: egli dovrà condividere e portare la croce dell’altro, del proprio fratello/sorella in cui è nascosto Gesù”. E in Lui, conclude, è riassunto lo stile con cui amare: senza vergogna perché “Gesù ci ama così come siamo, con i nostri talenti e con le nostre fragilità e disabilità”, sia che siamo “in piena o pessima forma”. Perché l’amore autentico, ricorda il Papa, accoglie l’altro per come è “e non come pensiamo che debba essere, secondo fin troppo precisati standard. L’amore non produce scarti”.