Terremoto, fra Firas Lufti: speranza è cancellare le sanzioni alla Siria

Vatican News

Il francescano siriano racconta il dramma di chi ha perso tutto e ora trova rifugio nelle strutture francescane di Aleppo, dove mancano però materassi e coperte. “Servono gasolio, elettricità, queste persone sono rimaste – dice – solo con il loro pigiama”. Gli Stati Uniti hanno deciso di allentare le sanzioni alla Siria per i prossimi sei mesi: “Questa è una speranza, ma occorre guardare in faccia il popolo siriano e non restare nell’indifferenza”

Andrea De Angelis – Città del Vaticano 

“Le sanzioni vanno cancellate per sempre, non solo per 180 giorni. Spero il mondo guardi in faccia la nostra realtà”. L’accorato appello di fra Firas Lutfi giunge da una Damasco ferita dal terremoto di lunedì 6 febbraio in Turchia – oltre 3mila i morti in Siria, ancor di più i feriti – e arriva a poche ore da un annuncio degli Stati Uniti: l’allentamento delle sanzioni per sei mesi. Il francescano di Terra Santa, ministro della Regione San Paolo che comprende oltre la Siria anche il Libano e la Giordania, nonostante la guerra è rimasto in Siria, con la sua gente. Ha raccontato ciò che è accaduto in un conflitto annoso e continua a denunciare le soffrenze di un intero popolo, bambini compresi. 

L’allentamento delle sanzioni 

La notizia giunta dall’America viene definita da fra Firas “una speranza”. Gli Stati Uniti hanno deciso di allentare oggi, venerdì 10 febbraio, temporaneamente, ovvero per 180 giorni, alcune delle sanzioni imposte nei confronti di Damasco dopo il terribile terremoto che ha colpito il nord della Siria. Lo rende noto il Dipartimento del Tesoro di Washington, spiegando che si tratta di una misura finalizzata a permettere l’arrivo di soccorsi nelle zone della Siria colpite dal sisma. ”Le sanzioni statunitensi in Siria non ostacoleranno gli sforzi per salvare la vita del popolo siriano”, ha dichiarato il vice Segretario del Tesoro americano Wally Adeyemo. ”Sebbene le sanzioni statunitensi contengano già esenzioni significative per gli sforzi umanitari – ha quindi aggiunto – il Tesoro sta rilasciando una licenza generale per autorizzare i soccorsi post terremoto in modo che coloro che forniscono assistenza possano concentrarsi su ciò di cui c’è più bisogno: salvare vite e ricostruire”.

Speranza e solidarietà

Raggiungiamo il francescano mentre è in partenza per Aleppo, dove sono centinaia le vittime e ancor di più i feriti. Fra Firas Lutfi conosce bene questa città e si sta recando per capire, ancora una volta, in che modo lui e la sua comunità possano essere di aiuto e conforto alla popolazione vittima del sisma. Il suo racconto inizia proprio dalla parola “speranza”. 

Ascolta l’intervista a fra Firas Lutfi

La speranza è certamente l’ultima a morire, come si dice anche dalle nostre parti. Estrarre dalle macerie bambini e adulti che sono sopravvissuti anche a diverse ore della tragedia è chiaramente un segno di speranza. Oggi lo è anche la notizia dell’allentamento delle sanzioni, almeno per i prossimi sei mesi. Un motivo che ci fa sperare di poter salvare il salvabile. Stiamo vivendo una tragedia, una grandissima tragedia: quella di 12 anni di guerra. Questo è un accumulo di sofferenza, di necessità e di estremo bisogno di soccorso. Mi auguro che la comunità internazionale finalmente abbia accolto il grido dei poveri e dei sofferenti siriani, persone che oggi stanno veramente morendo sotto le macerie. Vittime anche di un freddo rigido, di un inverno che rende tutto più difficile. Ciò che davvero desidero sperare è che la comunità internazionale continui a ragionare seriamente per il bene comune e che risponda a tutti i bisogni delle famiglie rimaste in Siria. In particolare adesso c’è da lavorare alla ricostruzione delle case colpite dal terremoto, dobbiamo affrontare il dramma di numerose famiglie sfollate. Gente che ha trovato rifugio anche nella nostra realtà francescana ad Aleppo. Parliamo di 2500 persone, fuggite da casa solo con il loro pigiama. Di cosa hanno bisogno? Praticamente di tutto. Questo è un esempio di quanto sta patendo il popolo siriano, ma allarghiamo ancora lo sguardo per arrivare alla periferia di Aleppo, dove i nostri frati sono in prima linea per aiutare chi non ha più una casa. Occorre davvero lavorare insieme, come ci chiede Papa Francesco, richiamandoci a quello che è lo spirito della sinodalità: collaborare insieme, cooperare e non lavorare in modo individuale o magari per un personale compiacimento…

Lei in questo momento si trova a Damasco e sta per andare ad Aleppo. Raccontiamola la realtà a chi non conosce la Siria. In particolare, lei poco fa parlava del freddo, il fatto che il terremoto sia avvenuto a febbraio è anch’esso un dramma nel dramma…

Il terremoto ha colpito in pieno il nord della Siria, la città di Aleppo, ma anche quella di Idlib. Ciò che vediamo in Turchia è drammatico. Qui dove mi trovo, dunque a Damasco, la scossa è stata sentita, ma non ci sono grandi danni. I palazzi non sono crollati, ma la paura è stata tanta, il timore di assistere a ciò che sta avvenendo in altre città dove le case non esistono più. Voglio raccontarvi quanto accaduto ieri, la storia di un profugo che da Aleppo è arrivato a Damasco ed ha chiesto accoglienza nel nostro convento. Mi ha spiegato quanto accaduto quella notte, quando terrorizzato ha inserito la chiave per aprire la porta di casa, ma la porta andava da sinistra a destra e la chiave ha finito con lo spezzarsi. Lui voleva solo fuggire con la sua famiglia, quattro persone rimaste invece intrappolate in casa. Sono riusciti infine a lasciare l’abitazione e in piazza, mi ha raccontato, c’era il caos: i bambini gridavano, le donne, le mamme non sapevano cosa fare e tutti erano in pigiama, al freddo. Quel freddo si sente sul serio, le temperature sono sotto lo zero ed ora non c’è riscaldamento. Queste sono le prime necessità: il gasolio, l’elettricità. Questo occorre a chi ha gia pagato negli ultimi anni un prezzo altissimo a causa della guerra. Una tragedia alla quale si è aggiunta ora quella del terremoto. 

La Chiesa è in prima linea per essere accanto alla popolazione e si registra una solidarietà che va al di là del credo religioso, ad esempio con i musulmani che aiutano i cristiani. Vuole darci un esempio concreto di come questa solidarietà si stia manifestando nel suo Paese?

Dal primo istante la gente era disperata, ha passato ore e ore in strada perché il terremoto è avvenuto due ore prima dell’alba e la preoccupazione era dove rifugiarsi, al freddo, al buio e con il timore di nuove scosse. Molti sono andati nelle chiese dei frati che erano lì. Come francescani abbiamo tre strutture: una parrocchia, una scuola e poi un’altra succursale. Subito hanno aperto le porte di ogni sala, di tutte le aule, per ospitare le prime cento persone, poi altre duecento e ora oltre 2500 vivono lì. Donne e uomini che si trovano a terra, perché è impossibile trovare materassi ed è difficile anche avere coperte per tutti. Non sappiamo come sfamare queste persone. Il grazie allora va veramente alla solidarietà di alcune organizzazioni che lavoravano già per progetti esistenti durante la guerra, e poi certamente anche alla Custodia della Terra Santa che lavora da anni come braccio sociale della fraternità francescana in Siria. Siamo tutti all’opera, adesso sicuramente serve l’aiuto della comunità internazionale perché in una simile situazione, davanti a necessità così enormi, è centrale il ruolo dei governi, non bastano le iniziative di breve periodo. Mi auguro allora che queste sanzioni vengano tolte in modo definitivo, non solo per 180 giorni, e che si riesca a guardare in faccia la nostra realtà, e non fare finta, come in passato, di vederla. L’auspicio è che non si rimanga indifferenti dinanzi alla Siria, che si possa dare una autentica, vera speranza al Paese e ai siriani rimasti.