Il cardinale dell’Etiopia: spero che i leader del Sud Sudan ascoltino gli appelli del Papa

Vatican News

L’arcivescovo di Addis Abeba, Berhaneyesus Souraphiel, presente agli eventi di Francesco a Giuba: “Il Signore ascolterà la preghiera e le lacrime del popolo. I giovani, sfollati da anni, vogliono una vita normale, una scuola normale, vogliono giocare e hanno chiesto al Papa di pregare per loro: questo mi ha toccato molto”

Francesca Sabatinelli – Inviata a Giuba

“Ho sentito che la gente, quando il Papa ha parlato della pace, della riconciliazione, del perdono, della convivenza non basata sugli interessi etnici o su altre cose ma come un popolo di questo nuovo Paese, il Sud Sudan, il popolo ha applaudito molto forte e spero che questi capi abbiano sentito questa ‘voce’ del popolo”. È la speranza che il cardinale etiope Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, esprime per il viaggio di Papa Francesco a Giuba, in Sud Sudan. Il porporato ha preso parte ai diversi eventi del Pontefice nel Paese, seconda tappa del 40.mo viaggio apostolico. Con Vatican News condivide le sue impressioni e i suoi auspici.

Ascolta l’intervista al cardinale Souraphiel

Eminenza, quali sono le cose che prima di tutto l’hanno colpita del viaggio, della presenza di Francesco a Giuba? 

La sua semplicità mi ha toccato molto. Lui è venuto come un uomo semplice e con questa semplicità ha lanciato anche questo appello, ancora, ai capi civili di questo nuovo Paese, il Sud Sudan. Hanno ottenuto l’indipendenza, sono un Paese ricco… Ma che cosa hanno fatto? Conflitti, guerre, che hanno causato tanta, tanta distruzione, specialmente distruzione della vita. Tanti bambini e giovani sono morti, le mamme e gli anziani sono diventati profughi, sia nel loro Paese, sia fuori. Ci sono milioni di profughi perché i capi civili hanno messo al primo posto il loro interesse personale per il potere. Il Papa quattro anni fa li ha invitati in Vaticano a fare un ritiro spirituale insieme. Ha baciato i loro piedi dicendo: “Voi avete la responsabilità di essere vicini alla vostra gente, non di mostrare il potere, ma il servizio, come buoni pastori”. E questo è andato molto bene.  

La vostra presenza a Giuba, per la visita del Papa, è anche un sostegno alla Conferenza episcopale del Sud Sudan?

È vero, Sudan e Sud Sudan hanno una stessa Conferenza episcopale, e noi siamo nella regione che si chiama Amecea, la Conferenza regionale dell’Est Africa, del Sud Africa e del Corno d’Africa. Perciò siamo venuti per essere insieme con loro e dimostrare a loro che “siamo con voi, preghiamo per voi”, perché questa visita ecumenica e della pace è speciale. Non solo per la presenza del nostro Papa Francesco, ma anche perché l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa di Scozia, sono venuti qui. Tutti questi popoli, queste comunità, erano all’aeroporto a ricevere i tre leader religiosi, che hanno pregato anche hanno pregato con la preghiera cristina ecumenica. E credo che il Signore li ascolterà, e anche tutti i santi e tutti i martiri che hanno sofferto qui aiuteranno. Anche io prego anche perché il popolo sud sudanese possa avere la pace. Tanti hanno lavorato per questo, tanti missionari hanno offerto la loro vita per questo, e anche i loro amici e vicini hanno pregato per questo nuovo Paese. E il Signore credo che ascolterà questa preghiera, le lacrime, perché io ho sentito i giovani, che sono sfollati da tanti anni. Loro vogliono avere una vita normale, una scuola normale vogliono giocare. Di tutto questo hanno parlato al Papa e hanno chiesto di pregare per loro: questo mi ha toccato molto. Hanno chiesto la benedizione per i fanciulli del Sud Sudan, e questo è molto, molto interessante.