Qual è e quale può essere l’apporto delle comunità di fede nella società civile della regione dell’Europa orientale. Se ne è parlato in una conferenza a Podgorica, in Montenegro, alla quale ha preso parte Radio Vaticana/Vatican News. Padre Felipe Herrera-Espaliat: occorre rafforzare la fiducia attraverso la trasparenza e la responsabilità istituzionale
Vatican News
A più di trent’anni dalla fine della feroce guerra dei Balcani, gli Stati usciti dall’ex Jugoslavia sono ancora alla ricerca di modi per rafforzarsi internamente, cooperare tra loro e integrarsi con il resto dell’Europa. Parte di questa sfida consiste nel motivare i diversi membri della società civile a diventare protagonisti dello sviluppo delle loro nazioni e questo è lo scopo del progetto Smart Balkans, che coordina i Paesi dei cosiddetti Balcani occidentali, ovvero: Montenegro, Albania, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Serbia.
Il progetto Smart Balkans
Sono stati oltre 100 i partecipanti, tra loro rappresentanti di organizzazioni non governative, accademici, ricercatori, giornalisti, attivisti, che hanno preso parte alla conferenza “Elephants in Civic Space” a Podgorica, capitale del Montenegro e che, per due giorni, hanno riflettuto sul contributo reale e concreto che le religioni possono dare al rafforzamento della società civile. Consapevoli del fatto che le comunità religiose sono state sistematicamente trascurate nella riorganizzazione di queste nazioni, i cittadini oggi vogliono costruire ponti in modo che le religioni possano contribuire allo sviluppo a partire dal loro background spirituale e sociale. “Alla luce delle sfide generali che i Paesi dei Balcani occidentali si trovano ad affrontare, come lo scarso sviluppo economico, la lentezza della transizione e i problemi con lo Stato di diritto, è necessario sottolineare il contributo della religione e della società civile in tutte queste questioni”, spiega Aida Daguda, direttrice del Centro per la promozione della società civile in Bosnia-Erzegovina, per la quale “la religione è fondamentale nella formazione della cultura, dell’autocoscienza e dell’identità nazionale nei Balcani occidentali”. Di qui la necessità di “discutere della sua influenza in tutti i settori”.
Trasparenza per rafforzare la fiducia
Pur trattandosi di una conferenza riguardante Paesi a maggioranza musulmana e ortodossa, importante è risultato il contributo alla discussione portato da Radio Vaticana / Vatican News. Dalla sua prospettiva cattolica, e in qualità di come esperto di comunicazione strategica, padre Felipe Herrera-Espaliat, coordinatore editoriale di Vatican News, ha proposto di rafforzare la fiducia tra le comunità religiose e i media. “Dalla mia esperienza posso testimoniare quanto migliori il contributo sociale e civile delle istituzioni, religiose e laiche, quando coltivano in modo sostenuto, trasparente e responsabile le relazioni con tutte le parti chiamate in causa”. Qualunque istituzione, spiega ancora, “deve essere consapevole che le sue decisioni e le sue azioni hanno un impatto in vario modo su altre organizzazioni, pubbliche e private”. Necessario è instaurare rapporti di fiducia tra le parti, ma fiducia e rapporti istituzionali, spiega ancora Herrera-Espaliat, “non si costruiscono dall’oggi al domani, ma vanno coltivati con i gesti, con la pazienza, con la sincerità delle intenzioni e, soprattutto, con l’ascolto e la conoscenza reciproca”.
L’impegno delle Chiese
Alla Conferenza ha partecipato anche Ylli H. Doçi, direttore per l’Europa della International Leadership Foundation, noto pastore dell’Alleanza evangelica dell’Albania che, attualmente, è anche presidente del Consiglio interreligioso del suo Paese. Nel suo discorso, Doçi ha sottolineato l’impegno sociale delle Chiese cristiane nel loro servizio ai più bisognosi e nella costante lotta per la giustizia, caratteristiche che rivelano come le religioni siano vere alleate delle società. “Una delle sfide più grandi che le comunità cristiane stanno vivendo nella società di oggi – ha sottolineato il pastore evangelico – è che vengono fraintese, come se fossero religioni oscurantiste, come se avessero idee antiquate sulla vita, come se fossero contrarie alla libertà di vivere e di esprimere la vita, mentre in realtà dovremmo essere il sale e la luce della società. Se conoscessero noi, cristiani basati sulla Parola di Gesù, saprebbero che siamo qui per essere una benedizione per loro”.
Le sfide per le comunità religiose
I partecipanti hanno apprezzato il tenore del dibattito e le nuove prospettive che consentiranno di ampliare gli spazi di cooperazione delle comunità di fede nell’empowerment della società civile. Una delle sfide principali è quella di promuovere la partecipazione delle giovani generazioni, come ha spiegato Gjergj Nikaj, rappresentante dell’Istituto per le politiche ambientali, associazione ecologista in Albania, per il quale “l’istruzione è una sfida, così come la migrazione dei giovani, che non trovano un punto di riferimento nel loro Paese”. Le religioni e le organizzazioni della società civile, è l’indicazione di Nikaj, “devono rendere la vita più attraente, in modo che le persone possano rimanere dignitosamente nel loro Paese, e possano trovare un riferimento culturale e un’identità religiosa che permetta loro di sentire di appartenere a qualcosa”.
Il progetto Smart Balkans, finanziato dal governo norvegese, mira a mettere le organizzazioni civili in condizione di svolgere un ruolo più forte e attivo nella creazione di società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile.