Michele Raviart – Città del Vaticano
Continuano i combattimenti in Siria, malgrado il cessate il fuoco promosso da Russia, Turchia ed Iran. Nella notte un raid aereo attribuito ad Israele dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani e dall’agenzia governativa Sana ha colpito depositi di armi e munizioni alla periferia sud-est della capitale Damasco, uccidendo sei persone, probabilmente miliziani filo-iraniani. Intanto a livello diplomatico c’è attesa per il nuovo round di negoziati a Sochi tra Russia, Iran e Turchia, che inizierà domani. Si tratta di una nuova tappa del cosiddetto processo di Astana, iniziato nel 2016 con l’obiettivo di pacificare il Paese, in guerra dal 2011.
Lo Stato Islamico non è scomparso
Nel Paese, tuttavia, non cessano gli scontri. “La conflittualità in Siria non è mai scomparsa”, spiega a Vatican News il professor Andrea Ungari, curatore dell’Atlante geopolitico del Mediterraneo e professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università Guglielmo Marconi. “Anche se non appare più nei quotidiani di informazione”, spiega, il sedicente Stato Islamico non è scomparso”. Secondo le Nazioni Unite, infatti, rimangono attivi circa 10 mila combattenti nella zona tra Iraq e Siria, dove sono detenuti altri 11 mila miliziani, la metà dei quali provenienti da Paesi stranieri. Uno degli ultimi attacchi attribuito ai jihadisti risale all’8 febbraio scorso, quando un gruppo di miliziani ha ucciso 26 soldati delle forze governative.
Anche 33 attacchi in un giorno
Dal mese di dicembre, infatti,, spiega ancora Ungari, “c’è una continua conflittualità e si sono seguiti attacchi e attentati. Nonostante l’accordo di Astana la contrapposizione tra le varie milizie prosegue, quindi siamo ancora un po’ lontani dalla possibilità di una pacificazione concreta dello Stato siriano. Proprio qualche giorno fa ci sono stati 33 attacchi dinamitardi da parte del gruppo jihadista Jabhat al-Nusra contro Idlib ed Aleppo. 33 attacchi in un giorno solo sono indicativi di una situazione ancora ben lontana dalla pacificazione”.
A marzo la conferenza di Bruxelles sui rifugiati
Mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la scorsa settimana non ha trovato l’accordo per una dichiarazione congiunta sulla Siria, dopo un appello all’unità internazionale, e si attende di capire se la nuova amministrazione Biden cambierà la politica degli Stati Uniti nel Paese, il prossimo 29 e 30 marzo si svolgerà a Bruxelles la Quinta conferenza di Bruxelles promossa dall’Ue per sostenere il futuro della Siria e della regione, riunione focalizzata soprattutto sull’assistenza agli sfollati e ai rifugiati siriani in tutta l’area del Medio Oriente.”Nel decimo anniversario della rivolta siriana, la situazione nel Paese e nella regione rimane estremamente critica, poichè il conflitto continua”, afferma la Commissione europea, che sottolinea anche che “le conseguenze della pandemia di Covid-19 e il deterioramento delle economie vicine nell’ultimo anno aggravano ulteriormente la terribile situazione umanitaria all’interno della Siria, così come le condizioni per i rifugiati siriani”. “Come vorrei che il 2021 fosse l’anno in cui si scrivesse finalmente la parola fine al conflitto sirano”, aveva detto il Papa all’incontro col Coro diplomatico accreditato presso la Santa Sede lo scorso 8 febbraio.