Adriana Masotti – Città del Vaticano
“Grazie don Oreste!”. Papa Francesco lo ripete ad alta voce insieme ai bambini e ai ragazzi che incontra in Aula Paolo VI e che rappresentano in questa occasione “la grande famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII”, grazie per aver “dato vita a questa bella realtà”. Una realtà di accoglienza in vere famiglie dove un papà e una mamma si dedicano a tempo pieno a minori e a persone in difficoltà senza discriminazioni.
Dio conosce ciascuno di noi per nome
Qualche tempo fa, in vista dell’udienza, il Papa ha ricevuto le storie e le domande di alcuni dei ragazzi e osserva che ciascuno è presentato con il proprio nome. Francesco commenta: “Così piace a Dio, che ci conosce ciascuno per nome”. E prosegue:
Non siamo anonimi, non siamo fotocopie, siamo tutti originali! E così dobbiamo essere: originali, non fotocopie, lo diceva il Beato Carlo Acutis, un ragazzo come voi. Dio ci conosce ad uno ad uno, con il nostro nome e il nostro volto, che è unico. Certo, abbiamo anche i nostri limiti; alcuni di noi purtroppo hanno limiti pesanti da portare. Ma questo non toglie nulla al valore di una persona: ognuno è unico, è figlio o figlia di Dio, ognuno è fratello o sorella di Gesù, ma unico.
L’amore di Dio ci fa crescere in pienezza
Una comunità cristiana che guarda così alle persone ci aiuta a vedere ciascuno, afferma il Papa, con lo stesso sguardo di Dio che è uno sguardo d’amore. Dio guarda il nostro cuore e in noi vede Gesù, il suo Figlio.
Gesù è l’uomo perfetto, lo sappiamo, è la pienezza dell’umano, e l’amore di Dio ci fa crescere verso questa misura completa, verso la pienezza. Sappiamo che la raggiungeremo solo in paradiso, però già in questa vita l’amore ci fa maturare così. È un po’ come il seme che nel campo germoglia e cresce con l’aiuto della pioggia e del sole, si sviluppa e diventa, ad esempio, una bella spiga di grano.
Le “case famiglia” volute da don Oreste
Ci sono diversi segni, prosegue Francesco, che dimostrano quando una persona è accolta con amore, uno di questi è il sorriso. Il sorriso dice che quel bambino o quella bambina “si sente amato, amata, si sente accolto, accolta, così com’è”, e di questo sorriso raccontano le storie dei piccoli accolti dalla Comunità. Il Papa va all’esperienza che molti dei presenti hanno in comune, quella della casa famiglia, e ricorda che questa realtà è nata “dalla mente e dal cuore di don Oreste Benzi”.
Lui era un prete che guardava i ragazzi e i giovani con gli occhi di Gesù, con il cuore di Gesù. E stando vicino a quelli che si comportavano male, che erano sbandati, ha capito che a loro era mancato l’amore di un papà e di una mamma, l’affetto dei fratelli.
Una famiglia dove tutti trovano amore e cura
Papa Francesco sottolinea il fatto che la casa famiglia sia una realtà di accoglienza a tempo pieno fatta da persone a cui Dio ha dato questa vocazione di diventare papà e mamma per quanti una famiglia non ce l’hanno.
In essa c’è posto per tutti: minori, persone con disabilità, anziani, italiani o stranieri, e chiunque cerchi un punto fermo da cui ripartire, una famiglia in cui ritrovarsi. La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte sia quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona.
Dio ascolta le vostre preghiere
Il Papa si rivolge quindi ad alcuni dei bambini che gli hanno raccontato di sé, dice il loro nome: Francesco di sei anni, Biagio di 14, Sara di 13 scappata dall’Iraq: “Custodisci nel cuore il tuo santo desiderio che ai bambini non venga rubata la loro infanzia: Dio ti aiuterà a realizzarlo!”, le dice. Raccoglie preghiere e desideri espressi da altri ancora per poi concludere ringraziando i bambini e i ragazzi che ogni domenica si incontrano online per recitare il Rosario.
Voglio dirvi: la vostra preghiera per la pace, anche se non sembra, Dio la ascolta; e noi crediamo che Dio dona la pace, subito, oggi! Dio ce la dona, ma sta a noi accoglierla, nel cuore e nella vita. State sicuri che Dio ascolta la vostra preghiera, e andate avanti!