Urbi et Orbi, il Papa: oggi c’è carestia di pace, Dio illumini le menti di chi può fermare le armi

Vatican News

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Il vento gelido di una “guerra insensata” e la “grave carestia di pace”, l’indifferenza verso chi soffre e il cibo usato come arma e ricatto. Poi, il freddo e il buio in Ucraina, gli scontri e le violenze in Terra Santa, le crisi nel Libano e nello Yemen, gli spargimenti di sangue in Iran e Myanmar, le tensioni ad Haiti, l’emergenza della fame nel Corno d’Africa e in Afghanistan. In piedi, affacciato alla Loggia delle Benedizioni, ma idealmente in ginocchio a supplicare la pace, il Papa affida a Cristo che nasce i drammi e le tragedie di questo “mondo malato”.

La preghiera in Piazza San Pietro

Francesco prega insieme a migliaia di fedeli riuniti in Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione natalizia dell’Urbi et Orbi. Si affaccia alle 12 in punto, mentre nella piazza assolata risuona la fanfara con l’inno dello Stato della Città del Vaticano, seguito da un cenno dell’inno nazionale italiano. A Roma e al mondo il Papa si rivolge, esortando i fedeli – non solo quelli presenti ma anche tutti coloro che via radio, web e tv ascoltano il messaggio papale – di lasciare che la Luce portata oggi dalla nascita di Gesù possa avvolgerci, come i pastori di Betlemme.

Vinciamo il torpore del sonno spirituale e le false immagini della festa che fanno dimenticare chi è il festeggiato. Usciamo dal frastuono che anestetizza il cuore e ci induce a preparare addobbi e regali più che a contemplare l’Avvenimento: il Figlio di Dio nato per noi.

Un mondo aperto

“Gesù nasce in mezzo a noi, è Dio-con-noi. Viene per accompagnare il nostro vivere quotidiano, per condividere tutto con noi, gioie e dolori, speranze e inquietudini. Viene come bambino inerme”, dice il Papa. Lui “è la nostra pace: quella pace che il mondo non può dare” ed è anche “la via della pace”, perché “con la sua incarnazione, passione, morte e risurrezione, ha aperto il passaggio da un mondo chiuso, oppresso dalle tenebre dell’inimicizia e della guerra, a un mondo aperto, libero di vivere nella fraternità e nella pace”.

Liberarsi dalle “zavorre”

Per seguire questa via bisogna liberarsi dalle “zavorre” che, sottolinea il Pontefice, “escludono dalla grazia del Natale”: “L’attaccamento al potere e al denaro, la superbia, l’ipocrisia, la menzogna”. Sono questi nient’altro che “pesi”; non guardiamo a loro, ma “fissiamo lo sguardo sul volto del Bambino che è nato per noi!”, scandisce il Papa. “In quel piccolo viso innocente, riconosciamo quello dei bambini che in ogni parte del mondo anelano alla pace”.

L’Ucraina al freddo e al buio

Ad anelare alla pace, ci sono innanzitutto i fratelli e le sorelle ucraini “che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra”. Il Papa alza la mano e indica i fedeli che sventolano bandiere blu e gialle in Piazza San Pietro.

Il Signore ci renda pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, e illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata! Purtroppo, si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta?

Il conflitto in Siria e le violenze in Terra Santa

“Il nostro tempo sta vivendo una grave carestia di pace anche in altre regioni, in altri teatri di questa terza guerra mondiale”, afferma ancora il Vescovo di Roma. Il pensiero va alla Siria, “ancora martoriata da un conflitto che è passato in secondo piano ma non è finito”, e alla Terra Santa, “dove nei mesi scorsi sono aumentate le violenze e gli scontri, con morti e feriti”.

Imploriamo il Signore perché là, nella terra che lo ha visto nascere, riprendano il dialogo e la ricerca della fiducia reciproca tra Israeliani e Palestinesi.

Luce per il Libano e il Sahel, pace in Myanmar e Iran

Il Papa prega poi per il Medio Oriente, “perché in ciascuno di quei Paesi si possa vivere la bellezza della convivenza fraterna tra persone appartenenti a diverse fedi”. E invoca un aiuto per il Libano, “perché possa finalmente risollevarsi, con il sostegno della Comunità internazionale e con la forza della fratellanza e della solidarietà”. “La luce di Cristo – è ancora la preghiera del Papa – illumini la regione del Sahel, dove la pacifica convivenza tra popoli e tradizioni è sconvolta da scontri e violenze. Orienti verso una tregua duratura nello Yemen e verso la riconciliazione nel Myanmar e in Iran, perché cessi ogni spargimento di sangue”.

Ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà nel continente americano, ad adoperarsi per pacificare le tensioni politiche e sociali che interessano vari Paesi; penso in particolare alla popolazione haitiana che sta soffrendo da tanto tempo.

Cibo sprecato, risorse spese per le armi

Con dolore, il Papa guarda infine all’emergenza della fame nel mondo, aggravata dalla guerra. “In questo giorno, nel quale è bello ritrovarsi attorno alla tavola imbandita”, dice, “pensiamo alle persone che patiscono la fame, soprattutto bambini, mentre ogni giorno grandi quantità di alimenti vengono sprecate e si spendono risorse per le armi”.

La guerra in Ucraina ha ulteriormente aggravato la situazione, lasciando intere popolazioni “a rischio di carestia”, specialmente l’Afghanistan e i Paesi del Corno d’Africa, rileva Francesco.

Ogni guerra – lo sappiamo – provoca fame e sfrutta il cibo stesso come arma, impedendone la distribuzione a popolazioni già sofferenti.

Famiglie ferite dalla vita

L’impegno che il Papa chiede per Natale e che riguarda “per primi quanti hanno responsabilità politiche” è che “il cibo sia solo strumento di pace”. “Mentre gustiamo la gioia di ritrovarci con i nostri cari”, sollecita ancora il Pontefice, non vanno dimenticate le “famiglie che sono più ferite dalla vita” e “quelle che, in questo tempo di crisi economica, fanno fatica a causa della disoccupazione e mancano del necessario per vivere”.

Profughi, anziani, orfani, carcerati

“Oggi come allora, Gesù, la luce vera, viene in un mondo malato di indifferenza – brutta malattia – , che non lo accoglie, anzi lo respinge, come accade a molti stranieri, o lo ignora, come troppo spesso facciamo noi con i poveri”, sottolinea Papa Francesco.

Non dimentichiamoci oggi dei tanti profughi e rifugiati che bussano alle nostre porte in cerca di conforto, calore e cibo. Non dimentichiamoci degli emarginati, delle persone sole, degli orfani e degli anziani, saggezza di un popolo, che rischiano di finire scartati, dei carcerati che guardiamo solo per i loro errori e non come esseri umani.

L’amore di Dio

Da qui, un invito: “Lasciamoci commuovere dall’amore di Dio, e seguiamo Gesù, che si è spogliato della sua gloria per farci partecipi della sua pienezza”.