Antonella Palermo – Città del Vaticano
I percorsi ad ostacoli vissuti dalle persone con disabilità e dai loro familiari e caregiver per quanto riguarda l’accesso a servizi sociali adeguati, ad una formazione completa, a opportunità di lavoro dignitose sono la manifestazione spesso di pregiudizi, stigmi, mancanza di cultura dell’inclusione. All’opera di sensibilizzazione che spicca nella odierna Giornata internazionale a loro dedicata si unisce anche il pensiero del Papa. Nel suo Messaggio diffuso oggi – il cui testo sarà integrato con la versione LIS sul sito www.vatican.va – ricorda l’amore paterno e incondizionato del Signore verso ciascuno e che i disabili sono una ricchezza per la vita della Chiesa. Vittorio Scelzo, incaricato per la pastorale delle persone con disabilità, nel Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ne riprende alcuni passaggi:
Il Papa parla di un magistero della fragilità che non conosce meriti o distinzioni…
Il Messaggio del Papa è una carezza. Nella sua tenerezza il Papa inizia citando l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinti “Voi portate questo tesoro in vasi di creta” e mette al centro della vita della Chiesa le persone con disabilità. La fragilità è di tutti e nelle persone con disabilità è solo più evidente. Questo aiuta tutti quanti a comprendere quanto l’amore del Signore sia immotivato e quanto ognuno abbia una vocazione al’interno della Chiesa.
Nel tempo che viviamo, il Papa lega la condizione delle persone con disabilità a quella di chi vive in aggiunta anche la prigione del conflitto. Una stratificazioni di dolori e di rischio di esclusione rispetto alla quale dobbiamo vigilare e attivare una postura di prevenzione…
A questo proposito, il Papa dice due cose importanti. Se tutti capissimo – le persone con disabilità sono solo costrette a farlo prima degli altri – che da soli non ci si salva sarebbe più facile vivere insieme. Questo potrebbe essere anche un insegnamento per i popoli. Dall’altra parte, dice che la guerra genera disabilità. Tante persone diventano disabili proprio a causa della guerra. E poi chiede che si faccia esplicita attenzione a che arrivino gli aiuti umanitari e che queste persone non siano lasciate indietro.
Siamo docili ad accogliere l’invito di Francesco?
Il primo passo è capire che non c’è differenza tra persone con disabilità e persone che non hanno (ancora) una forma di disabilità. Il Papa dice che non c’è un “noi” e un “loro”. Siamo tutti parte dello stesso popolo con Cristo al centro.
La disabilità si manifesta con menomazioni fisiche e/o psichiche, ma essa spessa attiva anche recettori in grado di affinare la capacità di dare e ricevere affetto. Ha esperienze in questo senso che l’hanno particolarmente colpita?
Non è una esperienza privata ma è una esperienza ecclesiale. In occasione del Sinodo è significativo che si sia scelto di dare particolare valore a questa sensibilità all’interno della Chiesa. Il Papa vuole ha voluto che – per iniziativa del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita – si tenesse una speciale consultazione sinodale alla quale hanno partecipato persone con disabilità dei cinque continenti. E il documento prodotto “La Chiesa è la nostra casa” è proprio l’espressione di questo apporto peculiare. Come era bella la gioia straripante di alcuni di loro! Tra l’altro, in collaborazione con Vatican News sta, si per pubblicare una serie di video in cui questa esperienza viene raccontata sotto forma di documentario. Il primo uscirà martedì prossimo.
L’auspicio è che la parola chiave ‘inclusione’ non resti solo una parola…
Sì, e il Sinodo in questo senso è una occasione propizia.
L’80% delle persone con disabilità vive in Paesi in via di Sviluppo dove ancora minori sono le risorse a disposizione per garantire servizi di supporto…
Durante la consultazione sinodale che abbiamo tenuto sono emerse esperienze molto differenti. Si dice che il 15% della popolazione mondiale vive una condizione di disabilità. Alcuni racconti erano di persone considerate stregoni all’interno del proprio villaggio, della propria comunità. Ciò succede in parecchi Paesi dell’Africa, dell’America Latina. Ma la condizione essenziale è considerare queste persone come persone, appunto. Quando il Papa dice che non c’è differenza tra ‘noi’ e ‘loro’ fa la vera ricoluzione. Dire che non c’è differenza di dignità, di valore ci dice che tutti siamo persone.