Tiziana Campisi – Città del Vaticano
L’Università Cattolica del Sacro Cuore ha conferito stamani la laurea honoris causa in Scienze dell’antichità al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Il titolo accademico è stato riconosciuto al porporato “per il suo intrinseco valore di studioso” e “per il lungo servizio nelle istituzioni ecclesiali, che ne ha messo in piena luce l’adesione profondamente vissuta agli ideali dell’umanesimo cristiano e per il costante rapporto con l’Università Cattolica negli anni della sua prefettura alla Biblioteca Ambrosiana”. La cerimonia si è svolta nella sede di Milano, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, nell’aula magna dell’ateneo, dopo la celebrazione eucaristica presieduta nella Basilica di Sant’Ambrogio, dall’arcivescovo monsignor Mario Delpini, che nella sua omelia ha auspicato per gli intellettuali il dono dell’umiltà, dell’atteggiamento del discepolo che si lascia istruire, evitando la tentazione della presunzione che non sa più imparare, che pretende di giudicare, che difende la propria posizione come una ideologia indiscutibile”, e per gli scienziati “il dono della persuasione della relatività di ogni scienza, per stupirsi sempre della vita, per riconoscere sempre l’insondabile mistero di ogni persona, per aprirsi alla contemplazione della gloria di Dio”.
L’offerta formativa della Cattolica oggi
Al termine della Messa, nella sede della Cattolica, dopo l’intervento del ministro dell’Università e della Ricerca Annamaria Bernini, che ha esortato gli studenti ad alimentare le loro capacità e i loro talenti e a studiare con dedizione ed entusiasmo con lo sguardo verso il futuro, il rettore Franco Anelli ha tenuto il tradizionale discorso d’inizio dell’anno accademico. Se in questi ultimi anni si sono consolidate la dematerializzazione e la delocalizzazione della didattica, l’università – ha evidenziato il rettore – deve riaffermare la propria identità, radicata nell’essere sintesi di ricerca scientifica ed educazione, comunità educante e istituzione con una reputazione fatta di qualità nella ricerca e nella didattica, e di capacità di virtuosa relazione con il contesto sociale. Anelli ha poi illustrato l’offerta formativa dell’ateneo, che oggi conta 128 corsi di laurea, 23 dei quali in lingua inglese e 336 corsi di formazione continua e post-graduate, erogando borse di studio, esoneri da contribuzioni, sovvenzioni straordinarie, premi di studio a favore di circa novemila studenti, con un impegno di oltre 22 milioni di euro, per rendere la formazione accessibile a tutti.
I riconoscenti ricevuti dal cardinale Ravasi
Dopo i saluti di monsignor Delpini e del sindaco di Milano Giuseppe Sala e la lettura delle motivazioni della laurea, al cardinale Ravasi sono stati consegnati il diploma di laurea e una medaglia. Il porporato, che dal 2007 – anno in cui gli è stata conferita la laurea honoris causa specialistica in Antropologia ed epistemologia delle religioni dall’Università di Urbino – ha ricoperto diversi ruoli nella Curia romana. Creato cardinale da Benedetto XVI nel Concistoro del 20 novembre 2010, è stato annoverato anche tra i soci onorari dell’Accademia di Belle Arti di Brera e insignito del diploma honoris causa di secondo livello in Comunicazione e didattica dell’arte ed è autore di una vasta produzione letteraria di circa centocinquanta volumi, riguardanti soprattutto argomenti biblici e scientifici, particolarmente apprezzati per la capacità di interpretazione dei testi sacri, per la chiarezza e la finezza letteraria e poetica. All’attivo il cardinale Ravasi diverse collaborazioni con svariate testate giornalistiche, è membro del comitato scientifico della Fondazione “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”, di una ventina di accademie italiane e internazionali.
Ravasi, la lectio magistralis
Il “neolaureato” ha tenuto una prolusione dal titolo “Cosa hanno in comune Gerusalemme e Atene? L’umanesimo cristiano antico”, premettendo che nel panorama della classicità il cristianesimo è entrato con una sua diversità, originalità e provocatorietà e con una presenza epistemologicamente innovativa. Per esemplificare il porporato ha spiegato, per esemplificare, che “il greco dimostra, l’ebreo e il cristiano mostrano”, che da un lato c’è la celebrazione dell’intelletto, della ragione e del sillogismo come primari, dall’altro la volontà, l’amore, il simbolo, la parabola. Con l’ingresso del cristianesimo nella storia, in pratica, è avvenuto una sorta di contrappunto armonico, ha aggiunto il cardinale Ravasi, che si può esemplificare nelle parole duello – la dialettica, la contrapposizione – e duetto – composizione a due voci in cui l’armonia si ha nella diversità e nell’identità – tra i valori dell’umanesimo classico e quelli della Rivelazione biblica. Concetti che ha espresso bene San Paolo, quando nella Prima Lettera ai Corinzi, al capitolo 1, scrive “I greci cercano la sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso, per i giudei scandalo, per i pagani stoltezza”, il duello, mentre nel capitolo 5 della Prima Lettera ai Tessalonicesi afferma “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è bello e buono”, il duetto.
Classicità e cristianità nei Padri della Chiesa
Nella sua prolusione il porporato ha citato altri esempi di tale contrapposizione nella letteratura cristiana antica, nei Padri della Chiesa, aggiungendo che la classicità aveva un concetto ciclico del tempo ed era sostanzialmente un eterno presente mentre il cristianesimo presenta una concezione lineare con la cesura escatologica – punto di approdo terminale – della presenza di Cristo. E così, ad esempio, la tragedia greca non conosce la salvezza, la speranza, che invece, “è una virtù squisitamente cristiana”. E se il cristianesimo, con l’incarnazione, mette dinanzi a un intreccio tra divinità e umanità, fra trascendenza e immanenza, tra temporalità ed eternità, tra spazialità e infinito, si può riconoscere un contrappunto armonico con la classicità, come evidenziano diversi scritti, tra cui l’Apologia di Giustino che sostiene: “Cristo è il logos di cui fu partecipe tutto il genere umano, e coloro che vissero secondo il logos sono cristiani, anche se furono giudicati atei”. Sono i “germi del Verbo” di cui parla il Concilio Vaticano II “che si nascondono nelle tradizioni nazionale degli altri”.
Tenere i piedi stabili nell’umanesimo
Arrivando alla quotidianità, il cardinale Ravasi, ha detto che dall’esperienza dell’antichità cristiana si deve imparare a guardare avanti e indietro, tenere salda l’eredità del passato, con la sua complessità, e guardare in avanti al futuro. E se oggi viviamo in un’epoca tecnologica protesa verso orizzonti sempre inediti, occorre tenere i piedi stabili nell’umanesimo, sia pagano, sia classico, sia cristiano, ha affermato il porporato che ha affidato la conclusione del suo discorso a due testimoni contemporanei: Steve Jobs e Jorge Luis Borges. Il primo ha detto che la tecnologia da sola non basta e che è il connubio tra la tecnologia e le arti liberali, tra la scienza e l’umanesimo a darci quel risultato che fa sorgere un canto dal cuore; il secondo ha scritto: “Gli uomini lungo i secoli hanno ripetuto sempre due storie: quella di un vascello sperduto, che cerca nei mari mediterranei un’isola amata, e quella di un dio che si fa crocifiggere sul Golgota”.