Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il Papa all’Angelus intreccia le proprie parole con il Vangelo di questa domenica che ci porta a Gerusalemme: “alcune persone parlano della magnificenza” del tempio, “ornato di belle pietre”. Ma Gesù spiega che “non sarà lasciata pietra su pietra” perché “nella storia quasi tutto crolla: ci saranno, dice, rivoluzioni e guerre, terremoti e carestie, pestilenze e persecuzioni”. Non bisogna quindi “riporre troppa fiducia nelle realtà terrene, che passano”. “Sono parole sagge – afferma Francesco nella sua catechesi – che però possono darci un po’ di amarezza”. Ma l’intento di Gesù è quello “di donarci un insegnamento prezioso”. “Gesù chiede di essere “severi”, ligi, persistenti in ciò che a Lui sta a cuore, in ciò che conta”!.
Quel che davvero conta, molte volte non coincide con ciò che attira il nostro interesse: spesso, come quella gente al tempio, diamo priorità alle opere delle nostre mani, ai nostri successi, alle nostre tradizioni religiose e civili, ai nostri simboli sacri e sociali. Sono cose importanti, ma passano. Invece Gesù dice di concentrarsi su ciò che resta, per evitare di dedicare la vita a costruire qualcosa che poi sarà distrutto, come quel tempio, e dimenticarsi di edificare ciò che non crolla, di edificare sulla sua parola, sull’amore, sul bene.
Perseverare è restare nel bene
“La via di uscita da tutta questa precarietà” che contraddistingue le cose terrene, sottolinea il Pontefice, è racchiusa “in una parola che forse ci sorprende”. Gesù – spiega il Papa – “la svela nell’ultima frase del Vangelo odierno, quando dice: Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. Questa via di uscita è dunque la perseveranza.
Ecco allora che cos’è la perseveranza: è costruire ogni giorno il bene. Perseverare è rimanere costanti nel bene, soprattutto quando la realtà attorno spinge a fare altro. Facciamo qualche esempio: so che pregare è importante, ma anch’io, come tutti, ho sempre molto da fare, e allora rimando. Oppure, vedo tanti furbi che approfittano delle situazioni, che “dribblano” le regole, e smetto pure io di osservarle, di perseverare nella giustizia e nella legalità. Ancora: faccio un servizio nella Chiesa, per la comunità, per i poveri, ma vedo che tanta gente nel tempo libero pensa solo a divertirsi, e allora mi vien voglia di lasciar stare e di fare come loro. Perseverare, invece, è restare nel bene.
Chi persevera non ha nulla da temere
Il Papa invita poi a porsi domande che interpellano il nostro cuore: “come va la mia perseveranza? Sono costante oppure vivo la fede, la giustizia e la carità a seconda dei momenti: se mi va prego, se mi conviene sono corretto, disponibile e servizievole, mentre, se sono insoddisfatto, se nessuno mi ringrazia, smetto”?
Insomma, la mia preghiera e il mio servizio dipendono dalle circostanze o da un cuore saldo nel Signore? Se perseveriamo – ci ricorda Gesù – non abbiamo nulla da temere, anche nelle vicende tristi e brutte della vita, nemmeno del male che vediamo attorno a noi, perché rimaniamo fondati nel bene.
Sottolineando che “la perseveranza è il riflesso nel mondo dell’amore di Dio, perché l’amore di Dio è fedele, è perseverante non cambia mai”, Francesco cita infine una frase del libro I fratelli Karamazov dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij: “Non abbiate paura dei peccati degli uomini, amate l’uomo anche col suo peccato, perché questo riflesso dell’amore divino è il culmine dell’amore sulla terra”. “La Madonna, serva del Signore perseverante nella preghiera – afferma infine il Papa – rafforzi la nostra costanza”.