Tiziana Campisi – Città del Vaticano
I santi non sono persone che in vita sono state perfette, sempre lineari, precise, ‘inamidate’”, ce lo rivela il Vangelo, dice il Papa all’Angelus nel giorno di Tutti i Santi. Le pagine che Matteo dedica alle Beatitudini, che possono essere considerate la carta d’identità dei santi, spiega Francesco, parlano infatti “di una vita controcorrente, di una vita rivoluzionaria”. Ad esempio, quando Gesù definisce beati gli operatori di pace, si riferisce a “quelli che fanno la pace, i costruttori” di pace, “infatti, la pace va costruita e come ogni costruzione richiede impegno, collaborazione, pazienza”. È un concetto di pace diverso da quello che solitamente si pensa: il voler “stare in pace, essere lasciati in pace, non avere problemi ma tranquillità”.
Noi vorremmo che la pace piovesse dall’alto, invece la Bibbia parla del ‘seme della pace’, perché essa germoglia dal terreno della vita, dal seme del nostro cuore; cresce nel silenzio, giorno dopo giorno, attraverso opere di giustizia e opere di misericordia, come ci mostrano i testimoni luminosi che festeggiamo oggi.
Disarmare il cuore per far crescere il seme della pace
E se “noi siamo portati a credere che la pace arrivi con la forza e la potenza”, aggiunge il Papa, “per Gesù è il contrario”, infatti “la sua vita e quella dei santi” ci mostrano “che il seme della pace, per crescere e dare frutto, deve prima morire”. La pace, afferma il Pontefice, “non si raggiunge conquistando o sconfiggendo qualcuno, non è mai violenta, non è mai armata”
Come si fa allora a diventare operatori di pace? Prima di tutto occorre disarmare il cuore. Sì, perché siamo tutti equipaggiati con pensieri aggressivi, uno contro l’altro, e parole taglienti, e pensiamo di difenderci con i fili spinati della lamentela e con i muri di cemento dell’indifferenza e fra lamentela e indifferenza ci lamentiamo e questo non è pace, questo è guerra. Il seme della pace chiede di smilitarizzare il campo del cuore.
Fare spazio a Gesù
Ma come fare spazio alla pace nel proprio cuore? “Aprendoci a Gesù” è la risposta di Francesco, “stando davanti alla sua Croce, che è la cattedra della pace; ricevendo da Lui, nella Confessione, ‘il perdono e la pace’”. È questo il punto di partenza, “perché essere operatori di pace, essere santi – precisa il Papa – non è capacità nostra”, è dono di Dio, “è grazia”.
Perdonare, prendersi cura degli ultimi, risanare ingiustizie
L’invito di Francesco è a guardarsi dentro a domandarsi se “siamo noi costruttori di pace, se “lì dove viviamo, studiamo e lavoriamo, portiamo tensione, parole che feriscono, chiacchiere che avvelenano, polemiche”, oppure “aprima la via della pace, perdonando chi ci ha offeso, ci prendiamo cura di chi si trova ai margini, risaniamo qualche ingiustizia aiutando chi ha di meno”. Perché “questo si chiama costruire la pace”.
Conviene vivere così? Non è perdente? È Gesù a darci la risposta: gli operatori di pace “saranno chiamati figli di Dio”: nel mondo sembrano fuori posto, perché non cedono alla logica del potere e del prevalere, in Cielo saranno i più vicini a Dio, i più simili a Lui.
Invece “chi prevarica resta a mani vuote”, conclude il Papa, “mentre chi ama tutti e non ferisce nessuno vince”.
Al termine della preghiera mariana Francesco parla del suo imminente viaggio apostolico in Bahrein, saluta i fedeli presenti in piazza San Pietro e quanti hanno preso parte alla Corsa dei Santi. Chiede poi, di pregare ancora per la pace in Ucraina e nel mondo e infine ricorda che domani ricorre la commemorazione dei defunti invitando a dedicare loro preghiere di suffragio, “specialmente durante la Santa Messa”.