di Dale S. Recinella
Negli ultimi vent’anni, è stato chiesto di parlare, a mia moglie e a me, in molte chiese del Paese per condividere le nostre esperienze e la nostra analisi biblica con le loro congregazioni. Diverse organizzazioni laiche si sono rese conto che i loro membri hanno bisogno della corretta comprensione delle affermazioni bibliche sulla pena capitale, per confutare gli sforzi errati a sostegno della pena di morte negli Stati Uniti, derivanti dalle Sacre Scritture.
È per questa ragione che mi trovai a Louisville, per condurre diversi seminari sulla pena di morte negli Stati Uniti alla luce delle Scritture. La prima parte della mia conferenza di due ore, alla presenza di circa 200 seminaristi evangelici, affronta l’uso errato di Genesi 9, della Legge mosaica, e di Romani 13, con cui viene affermato il sostegno biblico alla nostra pena capitale negli Stati Uniti.
“Questo tentativo da parte dei sostenitori di una pena di morte ‘religiosa’ è una missione impossibile”, riassumo garbatamente, “alla luce delle restrizioni legali richieste dalle Scritture prima che un tribunale potesse persino iniziare a prendere in considerazione di imporre una condanna a morte.”
“Aspetti un attimo”, un giovanotto elegante nell’ultima fila solleva entrambe le braccia visibilmente esasperato, mentre si alza per sfidarmi. “Cosa mi dice del fatto che lo stesso Gesù approvava la pena di morte? È scritto nella Bibbia!”
“C’è una pena di morte nella Bibbia, ma i suoi requisiti non hanno nulla a che fare con la nostra pena di morte americana. E non ho trovato alcun punto nelle Scritture in cui Gesù abbia approvato la pena di morte”. La posizione del mio sfidante si irrigidisce mentre rispondo. Devo fargli abbassare un po’ la cresta, penso tra me e me. Meglio iniziare con Gesù.
“Mi aiuti per favore.” Gli chiedo sinceramente di assistermi. “Dove trova questo nella sua Bibbia?”
Spalanca una Bibbia rilegata in pelle, ben consunta, mentre legge ad alta voce il capitolo 19 del Vangelo di Giovanni. L’episodio è il processo di Gesù davanti a Pilato ai versetti 10-11. Il contesto della scena è quando Pilato ha pressato Gesù di domande. Gesù tace, rifiutandosi di rispondere:
Gli disse allora Pilato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di crocifiggerti?”
Gli rispose Gesù: “Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto.”
Quel giovanotto sincero si rimette seduto, ma io lo prego di continuare a leggere. “Ci rimane ancora tanto tempo. Per favore non si fermi a metà del versetto. Continui a leggere fino alla fine dell’affermazione di Gesù”.
Appare un po’ agitato e non si rialza per leggere. Allora mi muovo lentamente nella sua direzione con la mano tesa, chiedendo a voce abbastanza alta da permettere a tutta la stanza di sentire: “Posso leggere il resto delle parole di Gesù nel versetto 11 della sua Bibbia?”
In risposta, riapre cortesemente la sua Bibbia al punto di Giovanni 19:11 e me la porge. La ricevo con un cenno di ringraziamento e un sorriso caloroso. Lui è un mio fratello in Cristo.
“Lo scambio completo di frasi è questo”, mi rivolgo a tutto l’uditorio dalla parte anteriore della stanza.
Gli disse allora Pilato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di crocifiggerti?”
Gli rispose Gesù: “Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande.” Giovanni 19:10-11
Nella stanza cala un silenzio totale, non si sente volare una mosca. Continuo gentilmente: “Di certo, quando Gesù afferma che qualcosa è un peccato, non sta dicendo che la approva. Il ruolo di Pilato è forse un peccato meno grave, ma rimane un peccato. E Gesù disapprova il peccato.”
So per esperienza che la maggior parte dei Cristiani presenti in questa stanza non ha mai sentito citare la seconda metà del versetto 11 dal pulpito delle loro chiese, mentre la prima metà viene letta ad alta voce per sostenere la pena di morte negli Stati Uniti.
“Questo testo completo non può essere citato come sostegno alla pena di morte da parte di Gesù”, continuo. “Infatti, le Scritture ci dicono che la reazione di Pilato a questo dialogo fu esattamente l’opposto:
Da quel momento, Pilato cercava di metterlo in libertà. Giovanni 19:12
“Vi basti sapere che ‘Sì, esiste una pena di morte nella Bibbia, ma non ha nulla a che fare con la pena di morte negli Stati Uniti, tranne per il fatto che l’imputato viene ucciso’.”
Un sussulto inorridito sfugge all’unisono da circa un terzo dei partecipanti a questo seminario. La maggior parte dei giovani sul lato destro della stanza è ovviamente sbigottita dalla mia affermazione di questa verità biblica. Nessuno ha mai messo a nudo per loro l’uso quasi stravagante della pena capitale nel nostro Paese rispetto ai severi requisiti previsti nelle Scritture.
“la conclusione che le Scritture condannano la pena di morte negli Stati Uniti è incontrovertibile, alla luce di questi requisiti biblici inviolabili. Uno di questi, assolutamente proibitivo, presente nelle Scritture, che il nostro sistema penale americano non rispetta, è l’assoluta certezza della colpa.”
“Aspetti un momento!”, la mano di un seminarista, visibilmente agitato, si solleva tra le file. “Cosa mi dice se il criminale confessa l’omicidio? Certamente ciò garantisce la colpevolezza!”
Tutti i partecipanti nella sua fila stanno annuendo furiosamente, confermandomi che abbiamo un ‘squadra di lottatori’ del seminario presente per screditare le mie affermazioni bibliche.
“Di fatto, è vero il contrario.” Addolcisco intenzionalmente il tono di voce più del normale. La verità biblica può essere schiacciante. Qualunque sia la propria opinione sull’illusione di certezza morale riguardo alla pena capitale negli Stati Uniti, quando tale certezza viene meno, il vuoto lasciato alle spalle può essere doloroso e disorientante.
“Il fatto è che secondo gli standard della pena di morte biblica, tutte le confessioni – vere, false, forzate o volontarie – non possono essere utilizzate come prove per condannare l’imputato in una causa capitale. Possiamo vedere la saggezza in questo, specialmente quando sperimentiamo il potere delle false confessioni di superare tutte le altre prove del contrario”.
“Ma se la confessione è affidabile?” Il nostro giovane seminarista sta lottando per mantenere la verità di ciò in cui vuole credere.
Scuoto il capo in negazione, senza calcare sul gesto. “Sfortunatamente, non è vero che solo i colpevoli confessano.”
“Sebbene l’ideale degli Stati Uniti per la testimonianza nei casi capitali sia che solo confessioni affidabili siano consentite come prove, la pratica effettiva in America è che anche le confessioni intrinsecamente inaffidabili sono liberamente consentite come prove e sono utilizzate dall’accusa perché sono estremamente persuasive con le giurie. Sia l’ideale che la pratica sono molto al di sotto dello standard biblico, che vieterebbe rigorosamente l’uso di qualsiasi confessione da parte dell’imputato in una causa capitale, indipendentemente dalle circostanze”.
La fila di seminaristi sta prendendo appunti freneticamente, ma non ribatte. Quindi, proseguo.
“La pena di morte biblica riconosce che alcune persone possono tentare il suicidio mediante l’esecuzione, confessando un omicidio che in realtà non hanno commesso. Una variante è confessare un omicidio e chiedere la pena di morte anche se ci sono circostanze attenuanti che riducono la colpevolezza dell’autore del reato.”
“Vi basti sapere che ‘Sì, esiste una pena di morte nella Bibbia, ma non ha nulla a che fare con la pena di morte negli Stati Uniti, tranne per il fatto che l’imputato viene ucciso’.”
“Ci fornisca un esempio”, chiede una giovane donna della fila che ormai è la mia preferita.
Mentre penso alla risposta, una signora di mezz’età, in abito professionale, alza la mano. “Io conosco un caso del genere.”
“Per favore, lo condivida con noi”, annuisco verso di lei.
“Conosco un caso. L’uomo era gravemente depresso fin dai tempi dell’adolescenza. La sua infanzia e adolescenza furono intrisi di orrendi abusi. Ogni genere di abusi.”
Mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime, sospetto che lei conosca bene quest’uomo.
“Aveva pianificato di uccidersi rubando un’auto e schiantandosi contro un muro o contro un albero”.
Il racconto mi suona familiare. È molto simile alla storia di un condannato a morte in Florida che incontro ogni mese per assistenza spirituale. Mi appunto mentalmente di non dire nulla di lui o del suo caso e di ridurre al minimo qualsiasi discorso con questa donna al termine della mia conferenza. I contatti sociali tra un cappellano carcerario volontario e amici e parenti dei condannati a morte sonno rigidamente vietati, tranne in caso di morte imminente. La firma del mandato di esecuzione di un condannato è considerato un caso di morte imminente.
“Si ubriacò in un bar e rubò un’auto dal parcheggio. Era così ubriaco che non si rese conto che c’erano un ragazzo e una ragazza sul sedile posteriore.” Oh sì. Dico tra me. Questa è proprio la storia del tipo che seguo io.
“Il ragazzo sul sedile posteriore saltò fuori mentre l’auto era in movimento. La ragazza no. quando l’auto si schiantò, la ragazza morì e il tipo sopravvisse.”
“Nella prigione della contea, il ladro era così abbattuto per la morte della ragazza che firmò una confessione e chiese la pena di morte. La confessione fu preparata dallo sceriffo e dal pubblico ministero e curò con attenzione tutti i punti legali necessari per giustificare una condanna a morte”.
Il silenzio inorridito che pervade la stanza è solo interrotto quando un membro della squadra di seminaristi, che non aveva ancora parlato, alza la mano.
“Dove si trova adesso quell’uomo?”
“Nel braccio della morte della Florida.” La donna si asciuga le lacrime con un fazzoletto estratto dalla tasca della giacca. “La corte fu felice di condannarlo a morte. Nessuno ha potuto ottenere per lui una nuova udienza per rivedere la sentenza. L’ho conosciuto nel braccio della morte attraverso un gruppo che fornisce amici di penna ai condannati. Vado a trovarlo nel braccio della morte. È una persona dolce e gentile. Non voleva uccidere nessuno, solo se stesso.”
“Come può essere stato condannato a morte se non aveva premeditato di uccidere nessuno?”, il nostro seminarista che aveva parlato per ultimo è sinceramente disorientato.
“Posso?”, mentre mi faccio avanti per gestire questa patata bollente, la donna che ha condiviso la tragica storia annuisce verso di me con un’espressione di sollievo. Sento che è molto importante rispondere a questa domanda con correttezza legale tecnica. Non esercito più la professione, ma sono comunque un avvocato.
“Secondo la pena di morte biblica, non sarebbe stato condannato a morte a meno che non avesse voluto uccidere la persona che uccise. Questo è ciò che accade con la nostra pena di morte negli Stati Uniti.” Noto che nella mia fila preferita di seminaristi tutti stanno prendendo appunti.
“In alcuni dei nostri stati che prevedono la pena di morte, abbiamo i dogmi dell’ ‘omicidio commesso durante lo svolgimento di un altro crimine’ e della ‘legge sulla complicità’. Secondo il primo dogma, se si commette un reato – rubare un’auto, rapinare una banca, qualunque cosa – e viene uccisa una persona innocente, anche se nessuno doveva essere ucciso, l’intento stesso di commettere il reato soddisfa i requisiti richiesti di intento di omicidio. Quindi, il crimine diventa un crimine capitale”.
“Questo si trova nella Bibbia?”, l’ultimo seminarista intervenuto è ancora in piedi e riprende la parola.
“No, la pena capitale prevista per l’omicidio non intenzionale commesso durante lo svolgimento di un altro crimine è contraria alla Bibbia.”
“E cos’è questa faccenda della complicità?” Il nostro seminarista indagatore sorride bonariamente, mentre una risatina serpeggia tra il pubblico.
“Non si tratta di complicità come tra membri di una confraternita”, sto ridacchiando io stesso. “È nel senso di un procedimento giudiziario, in cui ciascuno dei coimputati è parte del procedimento penale. Anche se la pianificazione del crimine non avrebbe dovuto comportare uccisioni, sparatorie o accoltellamenti, se qualcuno dei cattivi tira fuori la pistola e uccide una persona, tutti gli imputati del crimine sono colpevoli dell’omicidio”.
“Questo si trova nella Bibbia?”, un nuovo ragazzo ci pone la domanda da un’altra fila di uditori.
“No, la pena capitale prevista secondo la legge sulla complicità è contraria alla Bibbia”
“Allora, ho una domanda”, si alza una nuova partecipante alla discussione. “Invece di cercare di abolire la pena di morte, perché non ci limitiamo a modificarla per soddisfare i requisiti delle Scritture?”
“Accetto”, rispondo rapidamente, pur sapendo che sono necessarie ulteriori spiegazioni. “Questa era la proposta nel mio libro sulla Bibbia e la pena di morte. Ma deve sapere che uno dei motivi addotti dagli antichi rabbini per abbandonare la pena capitale è che nessuno dei casi poteva soddisfare i severi requisiti della pena di morte biblica”.
“C’era qualche altro motivo?”
“Sì. Un altro motivo è quello che io chiamo l’11° Comandamento. Nelle Scritture Dio ci avverte di evitare qualsiasi parte nell’esecuzione di una persona innocente. Esodo 23:7. I severi requisiti della pena di morte biblica avevano lo scopo di raggiungere questo obiettivo. Vogliamo davvero correre il rischio di violare questo comando?”.