Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
La prima cosa che il cardinale Pietro Parolin fa è chiedere ai governi internazionali di mostrare una reale intenzione, il “coraggio”, di smuovere acque spesso immobili quando si parla di condizione delle donne. La loro leadership negli ambiti della vita civile può nascere solo da una istruzione “di qualità” e “inclusiva”, afferma il porporato dal podio della Conferenza dedicata da Caritas Internationalis, oggi e domani nella sede centrale dell’Unesco a Parigi, al tema della leadership femminile.
Comprensione della donna e dei suoi diritti
E proprio l’Unesco stimola una delle riflessioni centrali del rappresentante vaticano. Nell’ultimo Rapporto dell’Agenzia Onu sull’educazione, dedicato al genere, è chiara, sostiene il cardinale Parolin, l’intenzione di imporre “con forza una posizione uniforme e inflessibile, in definitiva intollerante verso qualsiasi altro paradigma antropologico, compreso quello proposto nelle scuole cattoliche”. E dunque per la Santa Sede è “inquietante” constatare che “certe derive ideologiche, con il pretesto di ‘rispondere a certe aspirazioni talvolta comprensibili’, finiscano in realtà per svilire la stessa comprensione della donna e dei suoi diritti”.
Divario da colmare
Agli Stati il rappresentante vaticano chiede di avere il “coraggio di investire, invertendo così l’imbarazzante e asimmetrico rapporto tra la spesa pubblica per l’istruzione e i fondi destinati agli armamenti”, e anche il “coraggio di considerare appieno le situazioni complesse e dolorose vissute da milioni di ragazze e donne”. Questo per evitare di fare un “vuoto esercizio di retorica” nel momento in cui non si rifletta compiutamente sulla “centralità primordiale dell’educazione”, intesa come “via principale per affrontare consapevolmente le disuguaglianze strutturali che minano la convivenza civile”, evidenti anche nel divario uomo-donna che ancora persiste in molti Paesi.
Istruzione per tutte e di livello
L’inclusione, sottolinea il segretario di Stato, deve “essere disposta a interconnettere tutte le componenti della società per offrire percorsi di maturazione umana creativi e responsabili, adeguati alla dignità della donna”. Ragazze che possono studiare senza ostacoli, invece di essere costrette come accade a molte latitudini ad abbandonare la scuola, più difficilmente diventeranno spose e madri in un’età in cui non sono “fisicamente ed emotivamente pronte a farlo” – con tutte le ricadute fisiche e sociali di questa precocità. Questo è un primo aspetto di una “educazione inclusiva”, che il cardinale Parolin abbina a un’“educazione di qualità”, ovvero quella che non lega un grado di istruzione eccellente al prestigio sociale, ma che è in grado di “fornire un pensiero critico, capace di valutare i modelli di sviluppo, produzione e consumo, proponendo criteri di giustizia sociale volti ad assistere i più deboli e indifesi dall’iniquità e dallo spreco”.
Valori non solo ruoli di leadership
La conclusione dell’intervento mette in risalto i “valori della femminilità come dono per l’umanità”, quelli che mostrano – “nonostante un certo discorso femminista rivendichi bisogni “per sé” – l’”intuizione profonda” delle donne laddove “il meglio della loro vita è costituito da attività orientate al risveglio degli altri, alla loro crescita, alla loro protezione”. “Le donne – osserva il segretario di Stato – sono in grado di comprendere la realtà in modo unico: sapendo resistere alle avversità, rendendo la vita ancora possibile “anche in situazioni estreme” e aggrappandosi “tenacemente al futuro”. “Un contributo che arricchisce le relazioni umane e i valori dello spirito, a partire dai rapporti quotidiani tra le persone”, il che per il cardinale Parolin rende la società “in gran parte debitrice” delle donne e del loro lavoro specie nel campo educativo. Senza dimenticare la Chiesa che, riconoscendo “ritardi e mancanze” che hanno istigato a forme di discriminazione femminile anche al suo interno a causa di una “mentalità maschilista”, oggi vede donne “progressivamente coinvolte negli organi collegiali e decisionali della Curia romana e della Chiesa universale, fino a ricoprire posizioni di responsabilità un tempo riservate ai chierici”. Certo non potrà trattarsi di una promozione ridotta “a una redistribuzione dei ruoli”, piuttosto – mette in chiaro il cardinale Parolin – a una “doverosa comprensione di come dare spazio all’originalità femminile per arricchire la Chiesa in modo più significativo e decisivo”.