Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Ci sono Santi e Sante anche in questo 2022, nel bene che germoglia in “apparentemente inattuali gesti di pace”, nella “diserzione alla strage, nella preghiera, nella testimonianza e nella carità segrete che cambiano tutto, fosse anche per una sola persona”. Ci sono Santi e Sante, che nella guerra in Europa e in altri 168 luoghi del mondo, “stanno parlando anche adesso, dicendo agli uomini e alle donne di questo tempo che c’è una salvezza che ci riguarda e che non è una fuga all’indietro, ma una corsa in avanti verso un orizzonte cristiano che coincide, anche se non si esaurisce, con l’umanesimo che fa fare pace al mondo”. Parole di speranza cristiana quelle di Marco Tarquinio, il direttore del quotidiano Avvenire, chiamato a dare elementi per una definizione della santità in questo tempo, nel convegno di studio “La santità oggi”, organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi, che si è aperto questo pomeriggio a Romanell’aula magna dell’Istituto Agostinianum, a pochi passi da Piazza San Pietro.
Convegno all’Agostinianum dal 3 al 6 ottobre
Fino al 6 ottobre membri del dicastero, docenti e studiosi provenienti dal mondo accademico ed esponenti della cultura e dei media sono chiamati a confrontarsi su due temi principali individuati dal prefetto, il cardinale Marcello Semeraro, nel suo saluto introduttivo. Si tratta dell’ “eroicità cristiana tra perennità e attualizzazione”, cioè come individuare le virtù richieste per una “santità canonizzabile”, tenendo presente che san John Henry Newman scriveva che per essere perfetti “non dobbiamo fare altro che adempire i nostri doveri quotidiani”, nell’ordinaria vita cristiana.
Come accertare la “fama di santità” nell’epoca digitale
Il secondo tema è invece “La fama di santità in epoca digitale”. L’accertamento di una solida e ben diffusa “fama sanctitatis”, infatti, sottolinea il prefetto, è stata sempre il requisito fondamentale per l’avvio di una causa di beatificazione e canonizzazione. “Negli ultimi decenni, però – fa notare – sembra che questo vaglio previo sia passato in secondo piano: ad esempio, nelle positiones, la fama di santità (o di martirio o di offerta della vita) e la fama di segni vengono abitualmente ornai inserite al termine dell’esposizione”. Per questo, ricorda il porporato, il 31 maggio 2021 il Dicastero delle Cause dei Santi ha trasmesso a tutti i vescovi una lettera con cui raccomandava “di verificare la consistenza e la genuinità di tale fama, insieme con l’esemplarità e attualità dei candidati, oltre ad una significativa ‘fama signorum’. Il tema è, quindi, attuale, tanto più che l’epoca digitale pone sfide nuove e urgenti”. Perché, commenta Semeraro, “non credo che i santi abbiano ‘like’ sui social”.
Forte: lo Spirito inviato per santificare la Chiesa
A monsignor Bruno Forte, teologo e arcivescovo di Chieti-Vasto, è affidata la prolusione iniziale sul tema: “la santità frutto dello Spirito”. L’arcivescovo sottolinea come il Concilio Vaticano II, nella costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium, chiarisce che lo Spirito Santo fu inviato “per santificare continuamente la Chiesa”, e che quindi la santificazione “è lo scopo e frutto principale dell’azione dello Spirito Consolatore nella Chiesa”. L’ opera dello Spirito nel tempo è triplice: è la vivente memoria di Dio, che “attualizza le meraviglie dell’avvento” di Cristo; è Lui “che trasforma gli ‘oggi’ degli uomini nell’ ‘oggi’ della grazia che salva e che santifica”; infine “è Lui che incessantemente coniuga il presente del mondo al ‘non ancora’ dell’ultimo giorno, facendoci pregustare qualcosa della santità infinita di Dio”. Grazie a questa triplice opera dello Spirito “l’acqua della vita scorre con sempre nuova freschezza nei giorni degli uomini e rende possibile a loro di corrispondere alla chiamata alla santità, che nel disegno dell’Altissimo è rivolta a ogni creatura umana”. Guardando all’oggi, Forte spiega che la Chiesa in ascolto dell’Spirito, non “chiusa in un castello di facili certezze”, ma “impegnata a discernere i segni dei tempi” come indica il Concilio nella Gaudium et spes, “dovrà vivere sulla breccia della storia, nel dialogo e nella compagnia esigente e feconda con gli uomini”. Proprio così, “essa si aprirà a riconoscere e accogliere docilmente l’azione dello Spirito che nell’ oggi degli uomini rende presente l’oggi di Dio e schiude a chi lo voglia con fede la via della santità”.
Con la carità i cristiani raccolgono la sfida dei “segni dei tempi”
Esempi concreti dei “segni dei tempi”, per l’arcivescovo di Chieti-Vasto, sono “l’aspirazione alla giustizia, alla libertà e alla pace, la presenza universale di testimoni fedeli del Vangelo e della radicalità dell’amore, spinta fino al dono della vita nella solidarietà con i più deboli e al servizio della giustizia per tutti. È allora soprattutto nell’esercizio della carità che la comunità cristiana raccoglie la sfida dei segni del tempo, si fa solidale con l’uomo concreto e lo serve nella causa della sua promozione più piena e perciò della liberazione da tutto quanto offende la sua dignità di figlio di Dio”.
La meta della giustizia, la pace e la salvaguardia del creato
La meta finale del popolo di Dio, è una delle conclusioni di monsignor Forte, “che fa i cristiani stranieri e pellegrini in questo mondo, non è sogno che alieni dal reale, ma forza stimolante dell’impegno per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato nell’oggi del mondo”. Per questo i Santi “vivificati dall’azione dello Spirito, appaiono scomodi e inquietanti agli occhio del mondo”. Fin quando Cristo verrà nel suo ultimo avvento, “la Chiesa resta il luogo privilegiato dell’azione dello Spirito nella storia, e perciò la Madre di cui i figli di Dio hanno bisogno per vivere”.
Piazza: la santità è carità pienamente vissuta
Ad introdurre alcuni elementi per definire la santità oggi, è il vescovo di Sessa Aurunca Orazio Francesco Piazza, che, citando l’Esortazione apostolica Gaudete et Exultate di Papa Francesco del 2018, chiarisce come “la santità non è altro che la carità pienamente vissuta” e che, dato che alla carità segue sempre la gioia, “la via della santità, come dono e compito, è la sola via della perfetta letizia”. Non si tratta tanto e solo, spiega il vescovo, di “ricerca di perfezioni personali, di evidenze miracolose o di opere straordinarie, quanto il dono della misericordia e dell’amore offerti da Dio alla vicenda umana attraverso persone dedite a trasformare la loro vita e quella degli altri con i segni della dignità filiale che Dio riconsegna alle sue creature”. La santità, per monsignor Piazza, è sempre “ascolto di due voci”: “quella dell’amore misericordioso di Dio, proteso verso le sue creature, e quella dell’umano, che spesso, tra le urgenze della vita, diviene invocazione”.
I santi uniscono la gloria di Dio e il peso del quotidiano
Tre sono gli elementi per un sentiero integrale di vita” che dia forma alla carità: “L’intima unione: il fidarsi, confidare, affidarsi a Dio”, la “gioiosa umiltà: vivere con semplicità e disponibilità” in unione con Cristo e i fratelli, e la « fraternità profetica » come stile di comunione e di condivisione. La vita di oggi, conclude il vescovo di Sessa Aurunca, ha bisogno delle figure dei Santi “in cui diviene manifesta la potenza della grazia di Dio che spinge oltre le logiche della situazione; modelli di vita coraggiosa, paziente, umile e gioiosa, fiduciosa e lievito di speranza per l’uomo e il mondo. Nella loro vita si illumina la congiunzione, incarnata, tra la gloria di Dio e il peso del quotidiano”.