Federico Piana- Città del Vaticano
“Libertà e vita”. E’ questo il tema della 43esima Giornata nazionale per la Vita indetta dalla Conferenza episcopale italiana che si celebra oggi. “Il binomio ‘libertà e vita’- scrivono i vescovi nel loro messaggio- è inscindibile. Costituisce un’alleanza feconda e lieta, che Dio ha impresso nell’animo umano per consentirgli di essere davvero felice”. Dunque, dire sì alla vita risulta essere il naturale “compimento di una libertà che può cambiare la storia. Ogni uomo merita di nascere e di esistere”, ribadisce la Cei. “ Purtroppo in questo nostro tempo il dono della vita è trascurato, non c’è un adeguato rispetto per essa” afferma con forza monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali, il lavoro e la pace.
La nostra società tende a disprezzare la vita?
R.- Non è solo la questione della vita nascente, della battaglia contro l’aborto: c’è il problema della mancata valorizzazione della vita in tutti i suoi molteplici aspetti. Nella pandemia è emersa questa grande domanda sulla vita. La vita bisogna onorarla e difenderla.
Il tema di quest’anno mette in relazione la libertà e la vita. La libertà, però, non può essere a servizio della morte, la libertà non può permettere la soppressione di una vita…
R.- Certamente. Il punto è proprio capire il giusto uso della libertà. La libertà – insieme a quello della vita – è il dono più grande che abbiamo. Però la libertà deve essere utilizzata per farci crescere in ciò che dà senso alla vita stessa, che la fa crescere in tutte le sue dimensioni: dal concepimento alla sua fine naturale. La libertà non può essere usata come vogliamo, secondo i nostri capricci.
Come si può, oggi, difendere la vita?
R.- Innanzitutto, con la nostra testimonianza. Quando ci sono delle leggi ingiuste, come quelle che sono state approvate in moti Paesi del mondo, che cosa possiamo fare? Dare testimonianza che la nostra vita è preziosa. E poi sostenere chi porta avanti la battaglia per la difesa della vita. Insomma, bisogna diffondere una cultura della vita. Un passo in più, invece, riguarda chi ha maggiori responsabilità: deve difendere la vita anche con strumenti legislativi.
Purtroppo, molte nazioni stanno introducendo leggi sull’eutanasia. Come si potrebbe invertire la tendenza?
R.- Ripeto, è una questione di cultura: bisogna arrivare a considerare la vita come un valore, non come un bene di consumo. Se la considero come un valore, allora non posso disporre di essa come più mi piace. Ma se la considero un bene di consumo, allora si materializza la cultura dello scarto, come denuncia spesso Papa Francesco. Noi dobbiamo utilizzare tutti i mezzi che abbiamo, sia dentro la Chiesa che dentro la società, affinché si porti avanti una vera cultura della vita.