Rosa Chávez: in El Salvador situazione delicata, non c’è dialogo

Vatican News

Patricia Ynestroza – Città del Vaticano

Il cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chávez, presente al Concistoro di creazione dei 20 nuovi cardinali, ricordando il rito della formula di creazione dei purpurei, il giuramento di fedeltà al Papa e ai suoi successori “fino allo spargimento del sangue”, ha ricordato a Vatican News che la Chiesa deve essere pronta a tutto – è la nuova missione –  anche allo spargimento del sangue. “Il Papa presenta una Chiesa del martirio, è la Chiesa di Gesù Cristo, è una caratteristica della Chiesa, una missione di martirio, ovunque ci troviamo”.

Il 22 gennaio, padre Rutilio Grande S.J. è stato beatificato in El Salvador, insieme ai laici Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus, assassinati il 12 marzo 1977, e a padre Cosme Spessotto O.F.M., assassinato il 14 giugno 1980. Parlando di padre Grande, Rosa Chávez ha raccontato che quando Papa Francesco era sacerdote, incontrò padre Rutilio Grande, quando era Provinciale in Argentina, e vista la difficile situazione in El Salvador in quel momento, l’allora padre Bergoglio inviò una lettera di solidarietà ai suoi fratelli in America Centrale, ha detto il cardinale. Parlando di padre Rutilio, il porporato ne ha sottolineato la grandezza come educatore delle masse, cosa che gli è costata la vita. 

La situazione in El Salvador, molto delicata

Guardando poi allo stato di emergenza in cui versa El Salvador da marzo, il cardinale ha confermato che la situazione è molto “caotica, molto delicata, non c’è dialogo al momento, e questo è molto grave, perché non ci sono ponti, ma ci sono molti muri al momento”, e ,per quanto si insista, ha detto che è difficile costruire ponti se non c’è dialogo e non c’è pace.  Il cardinale ha inoltre ribadito l’urgenza di porsi in ascolto: “tutti – sono state le sue parole – possiamo contribuire dalla nostra prospettiva. È un grande desiderio quello di costruire veramente una patria”.

Diritti umani e stato di emergenza

Nel Paese recentemente, secondo le agenzie, le autorità governative salvadoregne hanno catturato 50.000 presunti membri di bande e persone ad esse collegate. Questa azione, denominata “guerra contro le bande”, è una misura del presidente Nayib Bukele per combattere i gruppi criminali. Tuttavia, non sono state fornite informazioni più dettagliate su  quanti di loro siano membri di bande, quanti collaboratori o quanti siano stati rilasciati perché il loro coinvolgimento non è stato verificato. Diverse organizzazioni umanitarie salvadoregne e internazionali hanno ricevuto denunce di possibili violazioni dei diritti umani, soprattutto detenzioni arbitrarie. Un rapporto dell’Osservatorio universitario per i diritti umani (OUDH) dell’Università gesuita centroamericana (UCA) rivela e mette in guardia sui casi di tortura commessi in El Salvador durante lo stato di emergenza. Constatazione condivisa dall’organizzazione per i diritti umani Amnesty International. A giugno  l’Ong ha avvertito che il governo salvadoregno stava attuando detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, torture e parlava della morte di almeno 23 persone nelle carceri. Per l’Istituto di Medicina Legale (IML) sarebbero invece 73, arrestati nell’ambito degli sforzi del governo per “combattere” le bande, secondo quanto riportato venerdì da La Prensa Gráfica (LPG).