Centrafrica, don Bondobo: seguiamo la missione avviata dal Papa, vicini a chi soffre

Vatican News

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

L’avvio dell’Anno Santo straordinario dedicato alla Misericordia è stato un momento storico per la Repubblica Centrafricana e per tutta la Chiesa. Aprendo la Porta Santa della cattedrale di Bangui, Papa Francesco in quel 29 novembre 2015 ribadiva la necessità di una Chiesa in uscita, vicina alle periferie del mondo, laddove maggiore è la sofferenza e la povertà e dove c’è bisogno di pace. Proprio in quel periodo il Centrafrica viveva una situazione di grave pericolo a causa delle scorribande, pressoché giornaliere, di vari gruppi armati. Da allora la situazione, per quanto riguarda la sicurezza, è decisamente migliorata, riferisce don Mathieu Bondobo, parroco a Bangui.

Vicini alla gente

Rimangono in piedi, afferma don Bondobo, alcune criticità: la situazione economica difficile, così come quella politica. Proprio in questo frangente, afferma, la Chiesa aumenta il suo impegno in segno di vicinanza alla gente. Un compito importante, in cui è di grande esempio la figura di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, patrono del clero con cura d’anime, e del quale si celebra oggi la memoria.

Ascolta l’intervista a don Mathieu Bondobo

Don Mathieu Bondobo, qual è la situazione oggi in Centrafrica?

Va molto meglio, direi, ma ci sono due aspetti ancora da considerare. A livello della sicurezza la quasi totalità del territorio è liberata, non ci sono più questi gruppi ribelli che occupavano tante zone, grazie ad un’organizzazione forte che veniva utilizzata per colpire i civili e minacciare anche il potere di Bangui. Solo ogni tanto c’è qualche caso isolato di attacchi, ma la forza di questi movimenti è molto diminuita. Ma dobbiamo anche dire che economicamente ci sono gravi problemi. Il Paese non riesce a ricevere gli aiuti e questo complica un po’ la vita economica, tanto è vero che di recente il governo ha cominciato a parlare di varare una moneta nuova, la criptomoneta. Questo sta creando polemiche e dibattiti nella società, perché la gente vuole capire bene di che cosa si tratta. C’è poi anche un problema politico che riguarda la modifica della Costituzione. Anche in questo caso la gente vuole capire bene cosa questo significhi, se modificare alcuni articoli e anche prolungare il mandato del presidente della Repubblica.

In questo momento quanto è importante che voi rappresentanti della Chiesa locale siate vicino alla popolazione? Qual è la condizione della gente?

Diciamo che la Chiesa in Centrafrica continua a compiere la sua missione, cioè dare alle persone tutta la loro dignità. La Chiesa opera direttamente tramite i suoi organismi, le parrocchie, tramite ogni cristiano, affinché ci si metta all’ascolto e si apra il dialogo con ogni singola persona. E’ importante questo, perché il Papa stesso ci ha dato il compito di avviare un cammino di sinodalità, in cui non bisogna lasciare nessuno da parte, dobbiamo camminare insieme e la Chiesa del Centrafrica sta vivendo pienamente questo compito. I poveri, i più deboli sono seguiti, ascoltati e credo che la Chiesa sta facendo bene la sua parte in questo ambito.

Si celebra come ogni anno il Curato d’Ars, patrono dei parroci. Personalmente, don Mathieu, che cosa rappresenta per la sua missione?

Amo questa figura, amo il Santo Curato d’Ars. Ho avuto anche la grazia di andare a pregare nella sua parrocchia, dove esercitava il suo ministero, nella casa dove è nato e quindi ho fatto un percorso. E’ un modello, aveva il suo ministero a cuore: uomo di preghiera, uomo di dialogo, ma anche uomo con le mani aperte il Santo Curato d’ars è giustamente diventato il santo patrono di noi parroci. E’ quindi è una figura che mi aiuta anche della mia vita spirituale e personale nell’essere sempre disponibile a confessare le persone, a pregare con le loro, passare ore davanti a al Santissimo Sacramento. Ecco ci spinge a vivere questa dimensione contemplativa, che è molto importante per rendere Dio presente nella nostra vita e nella vita degli altri.

Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, è diventata una città simbolo da quando Papa Francesco iniziò proprio lì, aprendo le porte della cattedrale, il Giubileo della Misericordia. Che cosa è rimasto di quel momento storico?

Non possiamo mai dimenticare il viaggio qui di Papa Francesco. Anche lui ha detto molto spesso che ha Bangui nel suo cuore e quindi è stato un momento molto importante per noi, perché la situazione all’epoca era molto complicata. Papa Francesco è venuto e ha aperto delle porte, ha aperto la via della riconciliazione, di vivere insieme, cristiani e musulmani, tutti quanti. Questo è quello che ha seminato Papa Francesco e che continua a dare i frutti del vivere insieme. Ho avuto la fortuna di essere quello che traduceva le parole del Santo Padre e ho capito che la sua era una missione profetica, perché quando lui parlava della pace voleva dire che dobbiamo metterci insieme per arrivare alla pace; non è il lavoro di una persona sola, ma di tutti noi. Siamo tutti figli di Dio e la salvezza riguarda tutti, come ha detto anche Papa Benedetto XVI: ci troviamo dentro una stessa barca e dobbiamo salvarci tutti. Francesco ci ha fatto anche capire bene l’importanza di una mano tesa, ma anche della presenza che dà conforto e fiducia. In questo abbiamo il Santo Padre che intercede, Pietro è con noi. Questo è una cosa che sentiamo fortemente qui in Centrafrica.