Omicidio ambulante, Grimaldi: responsabilità non indifferenza

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Don Raffele Grimaldi, Ispettore dei cappellani delle carceri d’Italia, a nome dei religiosi che prestano servizio presso gli Istituti di pena su tutto il territorio nazionale, in un comunicato stampa, diffuso oggi dall’Ispettorato Generale dei Cappellani, ha espresso il suo cordoglio alla famiglia dell’ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu, ucciso venerdì pomeriggio a Civitanova Marche, sotto lo sguardo indifferente delle persone presenti. L’Ispettore ha manifestato il suo sconcerto anche verso la solitudine di chi ha commesso la disumana violenza di morte e ha invitato l’opinione pubblica a contrastare la deriva culturale, vissuta in questo nostro tempo in cui il virtuale prevale sul reale.

L’indifferenza è complice

Alika – spiega don Grimaldi – “era un uomo povero, un uomo invisibile, che si guadagnava da vivere per dare serenità alla sua famiglia. Un uomo venuto in Italia con la speranza nel cuore portando con sé una storia di sofferenza, di povertà e di dolore”. Ma “la vita che egli voleva custodire gli è stata sottratta in modo balordo davanti allo sguardo inerme, pauroso e indifferente della gente”. Egli – prosegue don Grimaldi – “ha subito un duplice omicidio: la violenza di un aggressore e l’indifferenza della gente”. In questa indifferenza, in questo atteggiamento inerme, “nessuno è stato ‘il buon samaritano’ e nessuno è riuscito a salvare il mal capitato”, diventando in questo modo – afferma Grimaldi – complice di questa assurda violenza.

Costruire “la civiltà dell’amore” 

Alla luce di quanto successo, l’Ispettore invita tutti, dunque,  a non guardare questi episodi “dal balcone della propria vita”, da spettatori, ma ad aderire a “veri valori di fratellanza, uguaglianza, solidarietà e condivisione”. “Il nostro mondo, la nostra società, a volte rinchiusi nell’indifferenza e nell’egoismo, pronto ad innalzare muri di separazione – conclude don Grimaldi -, dovrebbero essere pronti nella difesa della dignità di ogni uomo e donna, al rispetto verso i più deboli e gli indifesi. Questo è il vero patrimonio da difendere e da riconsegnare alle nuove generazioni. Solo così saremo capaci di costruire ‘la civiltà dell’amore’ vero futuro della nostra umanità”.