Antonella Palermo – Città del Vaticano
Il canto degli uccellini si è fermato ed è calato l’inverno. Con questa immagine, mutuata dalla testimonianza di un anziano che così descriveva la brusca e dolorosa rottura del clima armonioso precedente l’avvento delle scuole residenziali in Canada, Papa Francesco esordisce nell’ultimo discorso del suo Viaggio apostolico, pronunciato a Iqaluit, al limite del circolo polare artico, accolto da canti, danze e musiche di un patrimonio culturale a rischio ma preservato nonostante le repressioni della storia. Una famiglia in abiti tradizionali esegue una danza del tamburo – uno di questi viene donato al Pontefice – poi canti gutturali che imitano i suoni della natura, i tipici katajjaq, giochi vocali in duetti praticati da donne, come vuole la tradizione e tramandati a livello familiare senza ausili scritti.
“Ricordiamoci di coloro che sono venuti prima di noi, teniamoli nei nostri cuori”, dice al Papa un Inuit presentando la propria famiglia di animatori musicali. Qui, rivolgendosi agli anziani, radici depositarie di quella saggezza che il Pontefice raccomanda sempre di non estirpare, e ai giovani, in cui è riposto il futuro, ancora una volta il grazie del Papa, la sua richiesta di perdono, e tre consigli.
Quanto male nei legami spezzati tra genitori e figli
Indignazione e vergogna: i due sentimenti che accompagnano da mesi Francesco. Lo rivela all’inizio del discorso nel piazzale della scuola elementare Nakasuk, ripensando ancora a ciò che ha appena ascoltato nell’incontro privato con alcuni ex-studenti. Apprezza il coraggio di dire grandi sofferenze patite, di raccontare di un Paese avvertito come pericoloso ed estraneo.
Anche oggi, anche qui, vorrei dirvi che sono molto addolorato e desidero chiedere perdono per il male commesso da non pochi cattolici che hanno contribuito alle politiche di assimilazione culturale.
Forte è l’empatia del Papa per questi indigeni, il dolore per esperienze scandalose, contrarie – precisa il Pontefice – alle raccomandazioni contenute nella Parola di Dio. E qui cita il racconto biblico del giusto Nabot ma anche le parole di Gesù contro chi disprezza i piccoli, nel Vangelo di Matteo.
L’aiuto del Creatore ci aiuti a fare luce
Cari amici, siamo qui con la volontà di percorrere insieme un tragitto di guarigione e di riconciliazione che, con l’aiuto del Creatore, ci aiuti a fare luce sull’accaduto e a superare quel passato oscuro.
Il Papa usa il qulliq, la lampada tradizionale a olio usata dai popoli artici, essenziale per resistere alle rigidità del clima di queste terre, come simbolo di vita luminosa che non si arrende alle oscurità della notte.
Così siete voi, testimonianza perenne della vita che non si spegne, di una luce che risplende e che nessuno è riuscito a soffocare.
Tramandare la cura per la terra
Gli echi della Laudato Si’ sono evidenti nel passaggio in cui il Papa si sofferma a parlare dell’ambiente che definisce “forte e resiliente” e che ha tentato di immaginare dalla scorsa primavera, dal primo incontro che tenne in Vaticano con alcune delegazioni giunte da questi territori. “Luoghi vasti che abitate da tempi immemorabili e che per altri sarebbero ostili”, dice il Papa, una terra “delicata” di cui occorre prendersi cura, come delle persone che la abitano. Questo l’invito di Francesco.
Voi avete saputo amarli, rispettarli, custodirli e valorizzarli, tramandando di generazione in generazione valori fondamentali, quali il rispetto per gli anziani, un genuino senso di fraternità e la cura per l’ambiente. C’è una bella corrispondenza tra voi e la terra che abitate.
Siate come le rondini dell’artico
Il Papa prosegue citando il Faust del “grande poeta” Johann Wolfgang von Goethe: «Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo se vuoi possederlo davvero». Da qui l’appello al giovane Inuit:
Non basta vivere di rendita, occorre riconquistare quanto si è ricevuto in dono. Non temere, dunque, di ascoltare e riascoltare i consigli dei più anziani, di abbracciare la tua storia per scriverne pagine nuove, di appassionarti, di prendere posizione davanti ai fatti e alle persone, di metterti in gioco!
Proprio da questi paesaggi nordici, il Papa rilancia l’invito a “impostare il navigatore verso l’alto”, a non accontentarsi di vivacchiare, a non arrendersi con il freno a mano tirato, pensando che i grandi sogni siano irraggiungibili. Contrastare quella che definisce la “forza di gravità spirituale” che paralizza i desideri, affievolisce la gioia, è l’approccio evangelico suggerito dal Papa, il quale non trascura tuttavia di far riferimento nel suo discorso anche ai valori sociali Inuit, comunemente indicati come Principi del QI, la guida su come le persone dovrebbero vivere e lavorare tra loro e con l’ambiente.
Sei fatto per spiccare il volo, per abbracciare il coraggio della verità e promuovere la bellezza della giustizia, per “elevare la tua tempra morale, essere compassionevole, servire gli altri e costruire relazioni” (cfr Inunnguiniq Iq Principles 3-4), per seminare pace e cura dove ti trovi; per accendere l’entusiasmo di chi ti vive accanto; per andare oltre, non per livellare tutto quanto.
“Il futuro è nelle tue mani”
Si pone nei panni di un giovane, l’anziano Bergoglio e, nonostante tutta la fragilità che lo costringe sulla sedia a rotelle, mostra la sua consueta tempra latinoamericana che trasmette una carica sorprendente a queste latitudini. Pone una serie di domande pensando a chi potrebbe sentire l’impegno a cui è invitato troppo gravoso se non inutile:
Ti chiederai: perché devo darmi da fare per quello in cui gli altri non credono? E ancora: come posso decollare all’interno di un mondo che sembra scendere sempre più in basso tra scandali, guerre, imbrogli, mancanza di giustizia, distruzione dell’ambiente, indifferenza nei riguardi dei più deboli, delusioni da parte di chi dovrebbe dare l’esempio?
“Tu sei la risposta”, dice il Papa, con quel piglio così diretto a cui ormai ci ha abituati da tempo.
Il mondo che abiti è la ricchezza che hai ereditato: amalo, come ti ha amato chi ti ha dato la vita e le gioie più grandi, come ti ama Dio, che per te ha creato ciò che di bello esiste e non smette di fidarsi di te nemmeno per un brevissimo istante. Egli crede nei talenti che ti ha dato. Ogni volta che lo cerchi comprenderai come la via che ti chiama a percorrere tende sempre verso l’alto. Lo avvertirai quando guarderai il cielo pregando e soprattutto quando alzerai lo sguardo al Crocifisso. Capirai che Gesù dalla croce non ti punta mai il dito contro, ma ti abbraccia e ti incoraggia, perché crede in te anche quando tu hai smesso di credere in te stesso.
Separare ogni giorno la luce dalle tenebre
Ancora la lampada qulliq viene evocata dal Papa quando esorta a “venire alla luce”. Guardare la luce per essere luce anche nei momenti di tristezza. La raccomandazione è, però, a non lasciarsi abbagliare da “fuochi d’artificio che lasciano solo fumo”, da quelle che San Giovanni Paolo II – proprio nella GMG di Toronto, nel 2002 – chiamava “illusioni, parodie di felicità”. Da gesuita esperto nell’arte del discernimento, Papa Francesco porta a considerare lo scontro quotidiano tra luce e tenebre che ogni giorno abita ciascuno. Da qui la necessità di setacciare, per così dire, il nostro vissuto. E anche qui, il Papa cita il secondo Principio Inunnguiniq appaiandolo a quanto scritto in Genesi laddove Dio cominciò separando la luce dalle tenebre.
E – mi domando ancora – qual è la forza che ci permette di separare dentro di noi la luce dalle tenebre, che ci fa dire “no” alle tentazioni del male e “sì” alle occasioni di bene? È la libertà.
La libertà è reponsabilità
Francesca precisa cosa è la libertà:
Libertà che non è fare tutto quello che mi pare e mi piace; non è quello che posso fare nonostante gli altri, ma per gli altri; non è totale arbitrio, ma responsabilità. La libertà è il dono più grande che il nostro Padre nei cieli ci ha dato insieme alla vita.
E aggiunge:
Ecco la felicità di Dio: non quando siamo sottomessi a Lui, ma quando viviamo da figli che scelgono di amarlo, mettendo in gioco la propria libertà. Se volete fare felice Dio, questa è la via, scegliere il bene! Coraggio fratello, coraggio sorella, prendi in mano la tua libertà, non avere paura di compiere scelte forti, vieni alla luce ogni giorno!
Fare squadra
L’ultimo consiglio ai giovani è quello a non isolarsi, a stare insieme. Ancora l’ispirazione è tratta dall’osservazione dell’ambiente, del cielo, in particolare, qui sgombro da ostacoli visivi, potentemente bello dove le costellazioni si offrono nitide all’occhio umano.
Anche voi, chiamati alle altezze del cielo e a splendere in terra, siete fatti per brillare insieme. Bisogna permettere ai giovani di fare gruppo, di stare in movimento: non possono passare le giornate isolati, tenuti in ostaggio da un telefono! I grandi ghiacci di queste terre mi fanno venire in mente lo sport nazionale del Canada, l’hockey su ghiaccio.
E’ uno sport di squadra e per questo elogiato dal Papa, che si congeda pronunciando un grazie nella lingua locale (‘qujannamiik’) e benedicendo questi popoli con l’augurio di continuare ad attingere alla ricchezza delle tradizioni e “della vostra libertà”, di “abbracciare il Vangelo custodito e tramandato dai vostri antenati e di incontrare il volto Inuk di Gesù Cristo”.