Pakistan: i Padri Camilliani iniziano ufficialmente la loro missione nel Paese

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Presenti nel Paese con qualche confratello dai primi anni 2000, sia pure in modo discontinuo, nei giorni scorsi i Padri Camilliani hanno aperto ufficialmente la loro prima casa a Karachi, la capitale pachistana. A benedirla, riporta l’agenzia Ucanews, è stato l’arcivescovo della città, il cardinale Joseph Coutts. “Sono felice che il vostro lavoro cominci proprio qui. È un lavoro necessario”, ha detto il porporato durante la cerimonia. “Troppo spesso ci dimentichiamo dei malati. Non siamo adeguatamente attrezzati”.

Padre Galvani: una missione per formare nuovi “operai” 

L’iniziativa dei religiosi ha potuto prendere il via grazie a Mushtaq Anjum, unico sacerdote camilliano pakistano, la cui vocazione è nata proprio dal lavoro svolto nel passato dai Padri Camilliani in Pakistan, in particolare da padre Luigi Galvani, oggi superiore della Delegazione camilliana indonesiana, insieme al confratello Rino Metrini. Da allora i Camilliani hanno continuano ad aiutare il Paese, sia pure a distanza., realizzando diversi progetti di sostegno e di aiuto ai malati in tre diocesi di Faisalabad, Multan e Hyderabad. Nel 2011, per iniziativa di fratel Luca Perletti, allora segretario generale dei Camilliani è stata fondata la Famiglia Camilliana Laica pakistana (Fcl) i cui membri, oltre a svolgere azioni a favore della famiglie più bisognose, operano anche come ministri straordinari dell’Eucaristia. Ora, la presenza stabile sul territorio di un sacerdote dovrebbe incoraggiare in futuro anche altre vocazioni locali ed è proprio questo il primo obiettivo della missione, come spiega ai microfoni di Vatican News lo stesso padre Luigi Galvani:

Ascolta l’intervista al padre Luigi Galvani

R. – Vorrei premettere che era un sogno del nostro fondatore San Camillo il quale ha detto “verrà un giorno che il mio istituto si spargerà in tutto il mondo” e adesso sta diventando una realtà anche in Pakistan. Noi abbiamo fortunatamente un padre pakistano che si è preparato con noi nelle Filippine, poi è venuto con me in Indonesia e adesso è lì in questa prima casa camilliana. E lì, lui ha già raccolto alcuni giovani perché l’obiettivo principale, ora, è quello di preparare nuovi “operai” per la vigna del Signore, quindi lui ha già mandato qui da noi in Indonesia, due giovani pakistani, molto bravi, molto sensibili e vorrei dire molto responsabili. Questi due giovani stanno studiando filosofia, quest’anno faranno il noviziato, terminato poi il noviziato ritorneranno in Pakistan. Fortunatamente lì siamo a Karachi, e siamo ben voluti dal cardinale Joseph Coutts che ci ha accolto nella sua diocesi a braccia aperte. Quindi, il padre Anjum si sta prendendo cura di un gruppo di giovani e inoltre, ed è un’altra cosa positiva, di due, tre gruppi di laici che si ispirano alla nostra spiritualità e che vanno a trovare gli ammalati, aiutano i poveri. Speriamo, nei prossimi anni, avendo i primi frutti, di svilupparci così da poter realizzare anche attività sociali. Intanto, adesso, con la questione del Covid-19, siamo riusciti ad avere degli aiuti proprio da Roma e quindi siamo riusciti ad aiutare circa 500 famiglie.

Ecco, quindi non si tratta di un centro, di una casa per ammalati, al momento, ma più di un’attività di formazione…

R. – Sì, al momento è una comunità di formazione perché l’obiettivo principale adesso è preparare le persone, quando poi avremmo un gruppetto, allora si potrà dare inizio a qualche opera, così come abbiamo fatto in Indonesia dove abbiamo già preparato 5 padri e abbiamo diversi studenti ormai professi e abbiamo già due attività sociali. Vorremmo ripetere la stessa formula anche in Pakistan, perché certo si potrebbe avere un attività, però se non abbiamo il personale… Quindi prima cosa preparare il personale e poi le attività verranno in seguito.

Nel contesto politico sociale del Pakistan ci sono delle particolari difficoltà per voi o comunque per i religiosi a muoversi, a iniziare qualcosa?

R. – Io personalmente sono stato in Pakistan più di qualche volta, la prima volta sono andato con un po’ di paura, però poi ho visto che c’è un clima tranquillo, i sacerdoti spesso indossano la veste, una veste bianca, e la gente li rispetta, certamente ciascuno deve rispettare gli altri. I nostri laici sono molto apprezzati soprattutto per l’assistenza agli ammalati e ai poveri. Distribuire, aiutare, come diceva il cardinale Coutts, è veramente un apostolato di cui la Chiesa pakistana ha tanto bisogno e che convince perchè sono le opere che parlano più che le parole.

Comunque voi avete già da tempo rapporti con il Pakistan e avete già sostenuto dei progetti, anche se finora a distanza…

R. – Certamemente, abbiamo realizzato un progetto sull’acqua, di purificazione dell’acqua, qualche anno fa. E ultimamente c’è un progetto di sviluppo a favore di alcune famiglie in collaborazione proprio con la Caritas italiana, che intende aiutare le famiglie nell’acquisto di qualche animale, ad esempio, per essere un po’ più autosufficienti. L’arcivescovo di Karachi ci vuole molto bene e ci incoraggia. Ci dice: “fate, fate in fretta a preparare nuovi candidati perché abbiamo bisogno di voi”.