Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Riconosciamo tutti che il sistema delle scuole residenziali ha tentato di assimilare i bambini indigeni. La riconciliazione è una responsabilità di tutti noi…”. Parla di un impegno congiunto di chiesa, istituzioni e cittadini “nello spirito della guarigione”, il premier canadese Justin Trudeau, rivolgendo il suo saluto al Papa nella Citadelle de Québec. Si tratta della residenza del governatore generale del Canada, dove Francesco incontra le autorità civili, primo e unico appuntamento nel capoluogo dell’omonima provincia francofona.
Il sistema delle scuole residenziali
“Merci. Thank you. Tiawenhk”, dice più volte al Papa il primo ministro nel suo intervento pronunciato per metà in francese e metà in inglese, per rimarcare la gratitudine al vescovo di Roma per la visita nel Paese ma anche e soprattutto per le scuse presentate agli indigeni per gli abusi subiti dai bambini nelle scuole residenziali. Ovvero gli istituti finanziati e promossi dal governo, ma dati in gestione a istituti religiosi, in cui, nello scorso secolo, almeno 150 mila bambini hanno subito politiche di assimilazione che hanno portato a violenze di vario genere e perfino alla morte.
Un dramma che, ha detto Trudeau, richiama la responsabilità di tutti. “Riconosciamo tutti che il sistema delle scuole residenziali ha tentato di assimilare i bambini indigeni”, ha affermato. “Oggi i popoli indigeni continuano a lottare per difendere e preservare le loro culture e le loro lingue”. Pertanto “è nostra responsabilità vedere le differenze non come un ostacolo, ma come un’opportunità per imparare, per capirci meglio e per agire”.
Colloqui privati con il Papa
Prima dell’incontro pubblico, Trudeau aveva avuto un colloquio privato con il Papa in una sala della Citadelle. Subito dopo ha incontrato il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. Meno di mezz’ora prima si era svolta la visita di cortesia del Pontefice a Mary May Simon, prima governatrice indigena del Canada. Entrambi sono stati presenti sin dall’accoglienza all’aeroporto di Edmonton a tutti gli eventi papali di questi giorni. Oggi, quindi, il primo incontro privato con il Papa, al quale hanno potuto presentare i propri familiari, e il primo intervento pubblico per ringraziare il Vescovo di Roma per il viaggio e l’abbraccio con le popolazioni originarie.
L’impatto delle scuse di Francesco
Ed è proprio l’impatto che la visita e soprattutto la richiesta di perdono del Vescovo di Roma ha avuto sugli indigeni che Trudeau sottolinea nel suo breve saluto. “Questa settimana – ha detto a Francesco – ha riconosciuto gli abusi subiti nelle scuole residenziali, che hanno portato alla distruzione di culture, alla perdita di vite umane e ai continui traumi subiti dalle popolazioni indigene in ogni regione del Paese. Come ha detto Sua Santità a Maskwacìs, chiedere perdono non è la fine della questione, è un punto di partenza, un primo passo. Lunedì mattina mi sono seduto con i sopravvissuti e ho sentito le loro reazioni alle sue scuse. Ognuno ne trarrà ciò che gli serve, ma non c’è dubbio che lei abbia avuto un impatto enorme”.
Il grazie ai sopravvissuti
Il primo ministro ringrazia tutti i superstiti: l’evento del 25 luglio a Maskwacìs “non sarebbe stato possibile senza il coraggio e la perseveranza dei sopravvissuti che hanno condiviso i loro ricordi e le loro esperienze dolorose, anche direttamente con il Santo Padre”. Al contempo, dice Trudeau rivolgendosi al Papa, “la sua presenza qui in questa settimana non sarebbe stata possibile senza le sue convinzioni personali e la sua integrità”.
Lavorare insieme
Il primo ministro ricorda pure le udienze degli scorsi anni in Vaticano: “Nelle nostre precedenti conversazioni, fin dalla prima volta che ne abbiamo parlato, lei ha sempre offerto il suo tempo, cercando sinceramente di capire, di fare del bene e di riparare”. Quindi cita le parole dello stesso Pontefice: “Chiedere perdono non è la fine della questione, è un punto di partenza, un primo passo”. Un passo, cioè, verso quel cammino di riconciliazione che, tassello dopo tassello, si sta cercando di costruire: “I sopravvissuti e i loro discendenti devono essere al centro di tutto ciò che faremo insieme in futuro… Nello spirito della guarigione, non arrendiamoci mai. Canadesi, istituzioni, continuiamo a lavorare insieme ai popoli indigeni fino a raggiungere un futuro migliore per tutti”.
Esempi di resilienza e coraggio
Di futuro parla pure la governatrice Simon nel suo intervento, che ringrazia il Papa per questo viaggio che “sta segnalando al mondo che Lei e la Chiesa cattolica romana vi unite a noi nel nostro cammino di riconciliazione, guarigione, speranza e rinnovamento”.
Il grazie va però soprattutto agli indigeni, molti, da una parte, costretti a portare con sé “il trauma dell’esperienza delle scuole residenziali”; molti, dall’altra, esempi di grande resilienza. “Hanno lavorato, aspettato e pregato per ottenere le scuse nelle terre indigene del Canada. Non si sono mai arresi. Grazie al loro coraggio oggi siamo qui. I loro sforzi rendono il Canada una nazione più forte”, ha detto Simon, figlia di madre Inuit.
Tutti disposti ad ascoltare
Gli indigeni, ha aggiunto, “sono tutti orgogliosi. Sono tutti forti”. E sono tutti “venuti ad ascoltare ciò che aveva da dire con i cuori e le menti aperte, alcuni disposti a perdonare, altri a convivere con il dolore, ma tutti disposti ad ascoltare”, ha assicurato al Papa. “Tutti sperano di proseguire il loro cammino di guarigione”.
Sostegno e memoria
Cammino che ha bisogno di atti concreti. Anzitutto, ha detto la governatrice, “è nostro dovere collettivo ricordare ciò che è accaduto nelle scuole residenziali, raccontare le storie dei sopravvissuti e di coloro che non sono mai tornati a casa”. Bisogna poi dare sostegno “in termini di risorse per la salute mentale” ai superstiti e alle famiglie “a scoprire il vero destino di coloro che non hanno fatto più ritorno”.
Un viaggio verso la riconciliazione
L’obiettivo di quello che Mary Simon in lingua inuktitut ha definito mamisagniq, un viaggio, è la “vera riconciliazione”. “Nutro grande speranza in ciò che ho visto finora durante questa visita”, ha concluso. “Il Canada è ansioso di lavorare con la Santa Sede sulla riconciliazione e su molte altre questioni globali urgenti come la promozione della pace e dell’istruzione, l’abbattimento delle barriere, la lotta alla povertà e alle malattie e la ricostruzione della fiducia”.