Roberta Barbi – Città del Vaticano
La Polonia si è espressa a favore della vita: sono oltre mille, infatti, i cartelloni pubblicitari apparsi in questi giorni in molte città del Paese in favore della vita. È la maxi campagna promossa dalle forze pro-life che in questo modo vogliono far sentire la loro voce nel dibattito pubblico sull’aborto.
Il 22 ottobre scorso, infatti, il Tribunale costituzionale polacco ha dichiarato incostituzionale l’aborto in caso di alta probabilità di danno grave e irreversibile al feto o di una malattia incurabile che ne minacci la vita, mantenendo, invece, la possibilità di interrompere la gravidanza in caso di stupro o incesto. La sentenza ha scatenato un’ondata di proteste organizzate da gruppi pro-abortisti giunta fino ad attacchi alle chiese, che ha ritardato l’entrata in vigore della norma.
Da parte pro-life, invece dalla fine di novembre, in decine di città sono apparsi poster con messaggi in favore della vita: il più esplicito raffigura un utero materno a forma di cuore, all’interno del quale si vede un bambino in posizione fetale. Nessun sottotitolo o slogan. Dietro questa campagna c’è la Fondazione Nostri Bambini – Educazione, Salute, Fede che motiva così: “Abbiamo voluto che ognuno nella propria coscienza potesse giudicare e interpretare il messaggio che arriva dal poster”. A dicembre erano apparsi altri poster di grande formato con slogan come: “Penso, sento, non uccido”, “Dò la vita, ci tengo”, “Scegli la vita” o “Ogni vita è un dono”.
Ogni vita è degna di essere vissuta
La motivazione della Sentenza dello scorso ottobre è stata resa pubblica solo il 27 gennaio scorso a causa delle proteste. Si tratta di un documento di 154 pagine, dove tra l’altro si afferma che “la Repubblica di Polonia garantisce a tutti la protezione legale della vita” (art. 38 della Costituzione) e che la sua protezione è responsabilità delle autorità pubbliche (art. 30). Ogni limitazione della tutela giuridica della vita umana deve essere ‘assolutamente necessario’, cioè trattato come ultima risorsa assoluta”. Un handicap o una malattia incurabile di un bambino nella fase prenatale non può, dunque, determinare automaticamente l’ammissibilità dell’interruzione della gravidanza.
L’aspetto da sottolineare è che il Tribunale ha dichiarato che l’onere di allevare un bambino gravemente e irreversibilmente disabile o malato terminale non può ricadere solo sulla sua famiglia, ma l’intera società deve farsene carico introducendo disposizioni che forniscano alla famiglia tutta l’assistenza e il supporto di cui necessita.
Il 28 ottobre, in un messaggio ai polacchi pronunciato pochi giorni dopo la Sentenza della Corte costituzionale polacca, Papa Francesco aveva ricordato il messaggio di San Giovanni Paolo II sulla protezione della vita: “Per intercessione di Maria Santissima e del Santo Pontefice polacco, chiedo a Dio di suscitare nei cuori di tutti il rispetto per la vita dei nostri fratelli, specialmente dei più fragili e indifesi, e di dare forza a coloro che la accolgono e se ne prendono cura, anche quando ciò richiede un amore eroico”.
L’arcivescovo Gądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca, ha apprezzato la decisione della Corte, in quanto conferma che “il concetto di vita non degna di essere vissuta” è in diretta contraddizione con il principio di uno Stato di diritto democratico: “Nessuno in coscienza può negare ad altri il diritto di vivere, soprattutto a causa della sua malattia”, aveva aggiunto.
Dal 19 al 25 marzo 2021 prossimi, l’Associazione per la vita polacca ha indetto una settimana di preghiera in difesa della vita che inizierà nella memoria liturgica di San Giuseppe e si concluderà in occasione della Giornata della Santità della Vita, nell’Anno che Papa Francesco ha voluto dedicare proprio al padre putativo di Gesù.