Nove anni fa il Papa a Lampedusa, un’isola da non dimenticare

Vatican News

Andrea De Angelis – Città del Vaticano 

Gli sguardi sorpresi e commossi delle persone migranti, la corona di fiori gettata sulle acque del Mediterraneo, la preghiera e la denuncia di quella “globalizzazione dell’indifferenza”, che porterà negli anni Francesco a denunciare più volte la cultura dello scarto. Il viaggio del Papa a Lampedusa, il primo fuori dalla diocesi di cui è vescovo, resta indelebile nella storia di questo pontificato. Oggi, a nove anni di distanza da quell’8 luglio 2013, i riflettori si accendono ancora una volta su Lampedusa, isola che continua a soccorrere ed accogliere ogni giorno decine di persone. Una terra di frontiera tra due continenti, un luogo simbolo del XXI secolo. 

Una spina nel cuore 

“Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza”. Iniziava così l’omelia del Papa al campo sportivo Arena, dove si celebrava la Santa Messa. Francesco interpellava tutti, nessuno escluso: 

Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!

Quindi un riferimento all’opera di Manzoni: 

Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto.

L’incessante impegno per ogni persona 

Quell’indifferenza, quel “vivere in bolle di sapone” è stata negli anni più volte rimarcata dal Papa. In diversi anniversari legati all’8 luglio Francesco è voluto tornare a quel viaggio, richiamando tutti ad una responsabilità condivisa. Tre anni fa, ad esempio, 

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