Benedetta Capelli – Città del Vaticano
“Mi direte che sono un po’ folle. Perché restare qui? Perché esporsi al ‘rischio’? Che senso vivere in tale disagio? Non sarebbe meglio che la gente risolvesse da solo i suoi problemi? ‘Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato’. Poter contare su qualcuno è importante per vivere! E testimoniare che si può contare sulla solidarietà che nasce dalla fede e dall’amore per Dio e dall’amore di Dio è il più grande dono che possiamo offrire”.
E’ tutto in queste poche parole scritte nell’ottobre scorso ad un gruppo missionario. Un tutto che è infinito perché l’amore donato da suor Luisa Dell’Orto ai bambini di Haiti, ma anche in passato a quelli del Camerun e del Madagascar, si può solo definire così. Ieri la sua vita terrena si è conclusa in un modo inaspettato e terribile. A dare notizia della sua morte l’arcidiocesi di Milano che ha riferito di un’aggressione armata mentre la religiosa si trovava in strada a Port-au-Prince. Gravemente ferita, è stata portata d’urgenza all’ospedale Bernard Mevs, dove si è spenta poco dopo, due giorni prima di compiere 65 anni.
“Dio ama Haiti”
Nel 2013, tre anni dopo il devastante terremoto ad Haiti che aveva provocato 230mila le vittime, 300mila i feriti, un milione le persone senza casa, la Radio Vaticana le aveva telefonato, svegliandola, ma lei non aveva battuto ciglio, rispondeva sempre perché chiamata a farsi voce di tanti piccoli che accoglieva a Kay Chal, “Casa Carlo”, una struttura rinnovata grazie ai fondi raccolti da Caritas italiana con la colletta del 2010. Un luogo di respiro per tanti piccoli, dove si studia ma dove si fanno anche tante attività come il ballo, il basket. “Tentiamo – ci raccontava – di dare una mano a ricostruire i valori, a ricostruire il senso di avere una dignità, alla possibilità che non si è maledetti e che con la Buona Notizia, con il Vangelo, Dio ama il popolo haitiano”.
Sulle orme di san Charles de Foucauld
Restare. Lo diceva sempre, in ogni colloquio, in ogni scritto “perché – raccontava – se qualcuno della sua famiglia è malato, non è che lo lascia solo, è proprio lì il momento in cui uno sta più vicino alle persone. Questo popolo diventa la nostra grande famiglia, la famiglia anche dei figli di Dio ed in questa famiglia si condividono le gioie e le sofferenze”.
Maria Adele dell’Orto è la sorella di suor Luisa. Nel suo cuore c’è dolore ma trova forza nelle parole che proprio Luisa le scriveva. Una morte che arriva ad un mese dalla canonizzazione di Charles de Foucauld, a cui si ispirano le Piccole sorelle del Vangelo, l’ordine al quale la religiosa apparteneva.
Che cosa ha segnato, secondo lei, la vita di sua sorella? Una vita spesa soprattutto per i bambini di Haiti…
Già ancora quando non aveva emesso tutti i voti perpetui era stata in Camerun e poi in Madagascar e ad Haiti: qui, sì, ha proprio dato la vita per l’opera, questo è certamente un dato. Era cosciente che qualcosa avrebbe potuto capitare … perché è ovvio, anche nell’ultima lettera lo diceva che la situazione era molto difficile. Però lei ci teneva a restare e a dare testimonianza. E quindi, per esempio, nell’ultima lettera scritta per il Sabato Santo, sottolineava: “Il Sabato Santo è il giorno in cui si ripensa alla sofferenza vissuta e attraversata e si resta in silenzio perché è davvero difficile trovare una spiegazione alla crudeltà, alla violenza che l’uomo può infliggere al proprio fratello”. E questo è quello che ci diciamo. E’ quello che ci diciamo. Al termine, scriveva, con nel cuore la fiducia, perché aveva fiducia in Maria: “Continuiamo la nostra presenza accanto alla gente del quartiere. E’ di questi giorni la foto degli aquiloni realizzati con i ragazzi e i giovani, secondo le tradizioni della Settimana Santa, è voglia di realizzare cose belle e grandi, voglia di bene”. E questo è: la voglia di bene che ha contraddistinto tutta la sua vita. Sulle orme di fra Charles e con una conclusione così simile, me lo faccia dire …