Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
L’appello, ennesimo, arriva quasi in sordina, dopo i saluti ai gruppi in Piazza che di norma chiudono l’Angelus. Ma la portata è universale, una sorta di chiamata a raccolta che coinvolge chi è in ascolto ben al di là del perimetro delle colonne berniniane.
Non dimentichiamo
Il Papa ha appeno finito di citare l’ultimo dei gruppi che ha in elenco cui indirizzare un saluto particolare, un’Associazione ciclistica di Sesto San Giovanni, quando aggiunge subito:
E non dimentichiamo il martoriato popolo ucraino in questo momento, popolo che sta soffrendo. Io vorrei che rimanga in tutti voi una domanda: cosa faccio io oggi per il popolo ucraino?
Domande per la solidarietà
La domanda non resta isolata. Una manciata di secondi e se ne aggiungono altre quattro – l’ultima che si riaggancia alla prima – il tracciato si potrebbe dire di un esame di coscienza mondiale, che non sollecita come in altre occasioni i leader che hanno in mano i destini del pianeta ma le singole persone, a sottolineare che di fronte a una simile tragedia, alla sofferenza di un “popolo martoriato”, non esiste una prima e una seconda linea d’azione, ma una responsabilità umana collettiva che non distingue tra governanti e governati e che si rivolge intanto a chi ha fede e da questa fa discendere un impulso alla solidarietà:
Prego? Mi do da fare? Cerco di capire? Cosa faccio io oggi per il popolo ucraino? Ognuno si risponda nel proprio cuore.
L’Angelus si chiude poi come sempre, con gli auguri domenicali di Francesco, tra le colonne che si svuotano ma dove resta l’eco di quelle domande.