Migrazioni e crisi globali, Gallagher: servono solidarietà e volontà politica

Vatican News

Stefano Leszczynski – Città del Vaticano

Il conflitto in Ucraina ha spinto il numero complessivo dei profughi in fuga dalle guerre oltre la soglia dei cento milioni. Ma non sono solo i conflitti a provocare gli immensi fenomeni migratori che costringono milioni di persone ad abbandonare le proprie case, i propri affetti e le proprie terre. I cambiamenti climatici, la fame dilagante le gravi crisi economiche a livello globale sono il campanello d’allarme che dovrebbe spingere i responsabili delle nazioni ad agire di concerto e in spirito di solidarietà.

Le ragioni delle migrazioni

“Non serve arginare il fenomeno delle migrazioni forzate, neppure solo governarlo – spiega padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli e promotore del convegno svoltosi presso l’Università Gregoriana – bisogna cambiare prospettiva e pensare ai volti e alle storie delle persone costrette alla fuga. Alle cause che provocano questi enormi movimenti umani, come il commercio delle armi”. Per monsignor Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, i grandi movimenti umani sono ineluttabili e insiti nella natura stessa dell’uomo, “ma non si può pensare di affrontare un problema così complesso senza volontà politica, generosità e spirito di solidarietà”.

Discriminazioni e accoglienza

Stare con i rifugiati ai crocevia della storia significa uscire dalle logiche dell’emergenza e dare risposte strutturate ai fenomeni migratori. Eppure anche in Europa, dove i principi democrati e di rispetto della persona umana vengo considerati dei capisaldi crescono gli episodi di discriminazione, anche nei confronti di chi fugge dai contesti di guerra. Per monsignor Gallagher, fatto salvo il diritto che ogni Stato ha nel dotarsi di leggi per gestire i flussi migratori, “bisogna partire dal principio della dignità delle persone, dalla presa di coscienza che non si tratta di numeri, ma di esseri umani”.  È necessario – prosegue l’alto rappresentante della diplomazia vaticana – dare nuovo impulso nelle diverse società a “un grande senso di responsabilità per aiutarci mutualmente nell’affrontare questa questione”.

La pace non è solo la fine della guerra

La ricerca della pace – ha recentemente sottolineato Papa Francesco – è un percorso lungo e difficile, che richiede anche preparazione spirituale e onestà intellettuale. Ma non basta porre fine a una guerra se non si agisce sulle cause profonde che l’hanno provocata: le diseguaglianze, i crimini contro il Creato, l’insicurezza alimentare. Il dono della pace – spiega ancora monsignor Gallagher – è sempre un dono che bisogna saper accogliere e quanto sta avvenendo oggi in Europa ci deve spingere a rinnovare una cultura di convivenza, la capacità di accettare l’altro in tutta la sua diversità. Solo in questo modo si potrà tentare di affrontare quella che monsignor Gallagher stesso definisce una “tempesta perfetta” che impone un’azione a tutto tondo da parte dei responsabili delle Nazioni, senza mai perdere di vista i più vulnerabili.