Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Un’occasione per ricordare la voce preziosa degli anziani, il loro fondamentale ruolo di testimoni di vita e di fede. Questo nell’intenzione del Papa è all’origine dell’istituzione della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che Francesco ha annunciato oggi al termine dell’Angelus. Si celebrerà, a partire da quest’anno, la quarta domenica di luglio in prossimità della memoria liturgica dei Santi Gioacchino ed Anna, nonni di Gesù. Ne abbiamo parlato con Vittorio Scelzo, incaricato per la pastorale degli anziani del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita:
In quale contesto nasce questa Giornata?
R. – La Giornata nasce nel contesto dell’anno dedicato alla “Famiglia Amoris laetitia”, indetto dal Papa, che inizierà il 19 marzo. Questa prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani sarà all’interno di questo anno. Il cuore della celebrazione sarà una liturgia con gli anziani che sarà celebrata da Papa Francesco nella Messa vespertina della quarta domenica di luglio, cioè sabato 24 luglio. Quello del Papa è un invito a celebrare questo evento in ogni diocesi e in ogni parrocchia. Si deve quindi trovare il modo per vivere questa Giornata nel contesto locale. Questa è una Giornata che si aggiunge a quella della Parola di Dio e a quella dei poveri che il Santo Padre ha istituito in questi anni. Poveri, Bibbia e anziani emergono come tre priorità di questo Pontificato. Ma sono tre priorità, destinate con la celebrazione di queste giornate – la Giornata della Bibbia, la Giornata dei poveri e ora quella dei nonni e degli anziani – a segnare anche il futuro della Chiesa.
Un futuro in cui la pastorale degli anziani non è più rinviabile. Si deve ricomporre la frattura tra le generazioni…
R. – Esatto, Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti” – nella quale disegna un po’ quello che dovrebbe essere secondo lui la strada per uscire dalla crisi indotta dalla pandemia – parla di un mondo frammentato. Uno dei tratti di questa frammentazione, che il Santo Padre evidenzia fin dall’inizio del suo Pontificato, è la frattura tra gli anziani e le altre generazioni. Una frattura sia tra gli anziani e i giovani – quindi il dialogo intergenerazionale su cui il Santo Padre insiste tante volte – sia una frattura tra la generazione che oggi è anziana e gli adulti di oggi. È una frattura che va ricomposta. Questa è una faglia che passa all’interno delle nostre famiglie. Ma è una frattura che tocca tutta la società. Allora per uscire dalla crisi migliori e non peggiori, c’è bisogno di colmare queste divisioni. E la celebrazione della Giornata va esattamente in questa direzione: non ci si salva da soli. Gli anziani non si salvano da soli: lo abbiamo visto, purtroppo, durante la pandemia quanti anziani non si sono salvati. Il Papa ci vuole dire che anche i giovani, gli adulti e la nostra società non si salvano da soli senza gli anziani. Per uscire dalla crisi migliori e non peggiori, c’è bisogno che ogni società faccia i conti con le proprie radici e sviluppi una nuova sintesi dei propri valori a partire anche dal dialogo con gli anziani.
A proposito di direzioni, la strada da seguire e quella della cura degli anziani da contrapporre alla cultura dello scarto, più volte denunciata da Papa Francesco…
R. – La cultura dello scarto è sicuramente uno di drammi dei nostri tempi. Papa Francesco ne parla spesso. L’opposto della cultura dello scarto è proprio la pastorale degli anziani: mettere ogni giorno gli anziani al centro della vita delle nostre comunità. Non solo nelle emergenze, non solo quando troppo tardi ce ne rendiamo conto. Il problema è che gli anziani siano inseriti in maniera organica e ordinaria all’interno delle nostre comunità parrocchiali ed ecclesiali. E che si riconosca il loro posto e i valori di cui sono portatori. Per questo, il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita suggerisce da tempo che in ogni comunità e in ogni Conferenza episcopale si crei un ufficio per la pastorale degli anziani: c’è bisogno di una ordinarietà dell’attenzione agli anziani. E poi c’è il discorso sulle radici che va compreso all’interno della prospettiva di quello che il Papa chiama così spesso “il santo popolo fedele di Dio”. Un popolo che, come scritto nell’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, possiede un suo olfatto per individuare nuove strade. Questo popolo non è elitario. Il Papa ce lo dice tante volte e gli anziani dovrebbero avere più spazio in questo popolo perché ne custodiscono le radici. Allora per uscire dalla crisi, c’è bisogno di dialogare con i sogni che hanno fatto gli anziani, con i sogni che hanno portato alla costruzione della nostra società. Si deve ascoltare la voce degli gli anziani e chiedere loro consiglio in maniera profonda: entrare in dialogo con coloro che sono i custodi delle radici del Santo popolo fedele di Dio.
Gli anziani, come ha detto Papa Francesco, sono alberi che continuano a portare frutto…
R. – Sono alberi che portano sempre frutto e persone che continuano a sognare. Noi dobbiamo mettere in dialogo i giovani con i sogni degli anziani. Questa è una cosa che Papa Francesco ripete spesso. I sogni degli anziani sono quelli che hanno costruito la nostra società; per esempio, penso all’Europa, ad un mondo senza più la guerra. L’Enciclica “Fratelli tutti” è piena di questo sogno di un mondo senza la guerra. È il sogno che i nostri anziani, i nostri nonni hanno fatto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Forse dobbiamo entrare in dialogo con questi sogni. Anche per capire quali devono essere i sogni per il futuro della nostra società.