Marco Guerra – Città del Vaticano
“Il contributo delle persone con disabilità al Sinodo sulla sinodalità”, è il tema al centro dell’incontro online a “porte chiuse”, organizzato per domani, giovedì 19 maggio, dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita in collaborazione con il Sinodo dei vescovi. L’iniziativa sarà animata da oltre 30 persone con disabilità, provenienti da tutto il mondo, oltre che dai responsabili del Dicastero e della Segreteria del Sinodo e dai rappresentanti di Conferenze Episcopali e realtà ecclesiali che operano nell’ambito della pastorale con persone disabili.
Un percorso a tappe
L’incontro è il primo di un percorso “a tappe” che si dovrebbe concludere a Roma nel mese di settembre. Lo scopo è quello di valorizzare il contributo che le persone con disabilità possono offrire alla vita della Chiesa e promuovere un approccio di ascolto e confronto, teso a superare l’atteggiamento paternalista e di cura che spesso mortifica una ricchezza che già fa fatica ad emergere, come ci spiega Vittorio Scelzo, incaricato per la pastorale per le persone con disabilità del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
Da dove nasce l’esigenza di questo incontro e quali sono le aspettative?
L’aspettativa è quella di far ascoltare la voce delle persone con disabilità all’interno del percorso sinodale. Il Papa nella Fratelli tutti dice qualcosa di molto chiaro, ovvero che bisogna avere il coraggio di dare voce a quanti sono discriminati per le loro condizioni di disabilità, ed è esattamente quello che vogliamo fare con questo processo sinodale. Domani oltre 30 persone con disabilità, da più 20 Paesi del mondo, avranno la possibilità di rispondere al quesito fondamentale del Sinodo sulla Sinodalità; l’idea è quella di produrre una sintesi del loro contributo, da consegnare al Sinodo perché venga presa in considerazione nell’elaborazione dell’Instrumentum laboris.
Quale saranno i contributi e le testimonianze dei disabili che parteciperanno all’iniziativa di domani?
E’ una sorpresa, nel senso che noi ci mettiamo in ascolto proprio perché vogliamo sapere dalle persone con disabilità che cosa pensano, qual è la loro visione della Chiesa, come pensano che quest’ultima possa camminare verso un’inclusione maggiore. Vengono da storie e realtà diverse, c’è ad esempio un diacono tedesco sordo cieco, ci sono persone con la sindrome di down, ci sono persone autistiche, altre che hanno solo disabilità fisiche. Vengono dalla Liberia, dalle Filippine, dall’Australia, dall’Italia, dal Messico…c’è una donna ucraina che viene da Leopoli che ci ricorderà il legame tra la guerra e la disabilità e anche quante persone acquisiscono la disabilità a causa dei conflitti. Tante vicende umane che costruiscono un discorso comune che dice che queste persone possono dare tanto alla vita della Chiesa.
Quindi le persone con disabilità non sono solo oggetto di cura e attenzione ma protagoniste stesse della vita della Chiesa?
Esattamente, la Chiesa assiste da tanto tempo e fa tanto per le persone con disabilità ma il Papa dice che dobbiamo ascoltarle, e quale occasione migliore abbiamo del Sinodo? Tante volte nei confronti delle persone con disabilità si ha il pregiudizio che chi ha difficolta ad esprimersi non abbia niente da dire. Questo va sfatato, c’è una ricchezza che fa fatica ad emergere. C’è una fede vissuta, a volta magari in maniera affettiva, che è un contributo molto rilevante al nostro percorso. Poi dobbiamo superare il paternalismo, quell’atteggiamento che ci porta solo ad insegnare ai disabili, a credere che chi è in sedia a rotelle debba solo a stare a sentire. I disabili ci chiedono di superarlo.
La Chiesa cattolica vanta una lunga teologia e tradizione sulla disabilità, ad iniziare dai Vangeli, dove facciamo conoscenza di ciechi e storpi, fino ai tanti santi che hanno vissuto l’esperienza della disabilità. Questa è una predisposizione che molti ambienti non hanno…
Gesù guarisce i ciechi e gli storpi ma dice loro di seguirlo, nei Vangeli c’è l’attenzione al corpo ma Gesù libera le persone perché chiede a chi vive una disabilità di seguirlo. Noi domani ascolteremo la storia di Matthew, un uomo della Liberia che è stato guarito grazie al lavoro di un’associazione fondata da una suora. Oggi Matthew è in prima persona a servizio di altre persone con disabilità, in un Paese africano dove tante persone sono state colpite dalla guerra e dalle mine anti-uomo, offre loro assistenza alimentare e advocacy per i loro diritti. La sua guarigione è divenuta piena nel momento in cui ha iniziato a seguire il Signore.
La disabilità ci ricorda anche l’importanza dell’interdipendenza e della relazione in una società dello scarto che chiama tutti ad essere più autonomi e prestanti. Questa è un’altra importante lezione da cogliere?
Sì, se noi prendiamo sul serio cosa significa dire che nessuno si salva da solo, le persone con disabilità con la loro debolezza e capacità di farsi aiutare sono davvero dei maestri. Nella vita non si vince sempre, è importante capirlo in questo momento. Non si vince da soli e non ci si salva da soli, il Papa insiste molto su questi concetti. C’è poi una comprensione della vita come legame, e per un disabile il legame molto spesso è qualcosa di indispensabile, senza un amico che ti aiuta non si va da nessuna parte ma questo è vero per tutti. C’è una lezione antropologica da apprendere dalle persone con disabilità e speriamo che questo percorso sinodale domani metta in luce anche questo aspetto. Ma ripeto la parola sarà data alle persone con disabilità e ascolteremo cosa hanno da dirci.