Alina Tufani – Città del Vaticano
“Emozione” è stata la parola usata dal cardinale Parolin nel ricordare, in apertura del suo intervento, il lavoro svolto tra il 1989 e il 1992, quando come “giovane sacerdote assegnato alla Delegazione apostolica in Messico”, fu testimone dell’intensa attività della Conferenza episcopale messicana, delle autorità civili e di coloro che, a nome della Santa Sede, in particolare il nunzio Girolamo Prigione, iniziarono il nuovo cammino nella storia dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato messicano.
Una fede che trasforma il modo in cui interagiamo nella vita e nella società
Dopo aver ribadito che la Chiesa cattolica in Messico è in prima linea per servire la popolazione nei diversi ambiti della sua azione pastorale, dall’educazione alla salute, alla dimensione catechistica, caritativa e liturgica, il cardinale Parolin ha affermato che “dopo trent’anni, il Messico e la Santa Sede guardano insieme al futuro, condividendo gli stessi valori di pace, fraternità, giustizia sociale e rispetto dei diritti umani”. Il Segretario di Stato, riprendendo il tema della “laicità positiva”, ha sottolineato che il cristianesimo “non è semplicemente un culto che colpisce la sfera privata di una persona, ma una fede che trasforma il modo di interagire nella vita e nella società”. Infatti, ha ricordato che, nel corso dei secoli, il Vangelo ha ispirato la filosofia, la politica, il diritto o l’economia e che la dottrina cristiana ha contribuito alla visione politica ed economica delle società democratiche di oggi con concetti come la liberazione da ogni forma di schiavitù, la garanzia della giustizia sociale o il concetto teologico della persona e della sua sacralità.
Riconoscimento reciproco del proprio ruolo nella società
“Tutti questi contributi ci dimostrano che la Chiesa cattolica è una preziosa collaboratrice degli Stati dove esercita la sua attività pastorale per la promozione dell’armonia sociale e la ricerca del bene comune”, ha affermato il cardinale Parolin. Ha aggiunto che la “laicità positiva”, a suo parere, consiste nel “superare la tentazione di possibili incomprensioni tra lo Stato e la Chiesa riconoscendo reciprocamente il ruolo e i valori che ciascuno è chiamato a offrire nella società”.
In questo contesto, il porporato ha anche sottolineato l’importanza della libertà religiosa perché la Chiesa possa svolgere la sua funzione pastorale. Riferendosi alla dichiarazione del Concilio Vaticano II Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, Parolin ha ribadito che la Chiesa cattolica riconosce che la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale che scaturisce dalla dignità della persona umana, dalla natura profonda di ogni essere umano, e quindi protegge la necessaria libertà psicologica e la libertà di coscienza di ogni persona.
“Ciò implica che il diritto umano alla libertà religiosa protegge non solo i diritti dei credenti ma anche dei non credenti di vivere liberamente, individualmente o in associazione, nella vita privata o nella sfera pubblica, secondo le loro convinzioni sul senso ultimo della vita”, ha spiegato il Segretario di Stato. Inoltre, ha fatto eco alle parole di Benedetto XVI che, nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2008, dichiarava che “la piena garanzia della libertà religiosa non può essere limitata al libero esercizio del culto, ma la dimensione pubblica della religione deve essere tenuta in debita considerazione”.
In questo contesto, il cardinale ha osservato che sia lo Stato che la Chiesa devono contribuire alla promozione della società, dei valori democratici e, a tal fine, devono vedere le sfide del futuro “non come un’occasione di divisione”, ma come un’opportunità per lavorare insieme, per “dare speranza a coloro che sono rassegnati alla logica del conflitto, a coloro che seguono cinicamente la ricerca del profitto ad ogni costo, a coloro che si danno per disperati ai metodi iniqui della violenza”.
L’evento Guadalupano ha superato la violenza della spada
Dopo aver approfondito la storia delle origini della nazione messicana e il processo di colonizzazione con i suoi domini, violenze e incomprensioni, il cardinale Parolin ha dedicato ampio spazio all’evento guadalupano che ha introdotto nella storia messicana una visione diversa, “basata sull’amore della libertà e della dignità di tutti”. Ha aggiunto che, come hanno detto i vescovi messicani, “non è stata la violenza della spada o la conversione forzata, ma la misteriosa attrazione di Maria di Guadalupe che ha portato entrambi i popoli e le culture, spagnoli e indiani, a un nuovo modo di comprendersi e relazionarsi, basato sulla fede in Gesù Cristo”.
Anche oggi, in Messico – ha detto il Segretario di Stato vaticano – la Chiesa e lo Stato sono chiamati ad essere un esempio per gli altri Paesi, per mostrare che è possibile superare l’estremismo e la polarizzazione, creando sempre più una cultura di fraternità, libertà, dialogo e solidarietà. Ha concluso che trent’anni dopo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra il Messico e la Santa Sede, è necessario “guardare al futuro aprendo nuovi spazi di dialogo e di collaborazione istituzionale”.
Libertà religiosa e bene comune
Il suggestivo cortile coloniale del Palazzo della Facoltà di Medicina del Messico è stato il luogo scelto per la conferenza commemorativa che si è aperta con il saluto del cardinale Aguiar Retes, il quale ha sottolineato l’importanza del riconoscimento giuridico delle chiese in Messico per garantire la libertà religiosa dei messicani. Una nazione che assume e garantisce i diritti dei suoi cittadini”, ha detto il cardinale messicano, “è un grande Paese, dove ogni persona può sviluppare le proprie capacità e collaborare alla costruzione di una società fraterna, del bene comune e della pace sociale”.
Monsignor Cabrera López ha parlato a nome dei vescovi messicani nel ringraziare la Santa Sede e il governo messicano per questo incontro commemorativo che ricorda i passi importanti, sia giuridici che sociali e religiosi, di convivenza e promozione del bene comune della società. Tuttavia, ha sottolineato che nell’impegno preso trent’anni fa di rispettare e far rispettare la legge, “c’è ancora molto da fare”. La vera libertà religiosa – ha ribadito – non può limitarsi alla semplice libertà di culto, ma deve permettere a ciascuno di praticare e vivere la propria fede, di vivere secondo la propria coscienza, senza mai violare i diritti degli altri, ma piuttosto contribuendo alla costruzione di una società migliore”.
Affinità di posizioni della Santa Sede e del Messico
Il ministro degli Esteri Casaubón ha evidenziato la coincidenza di posizioni che uniscono il Messico e la Santa Sede in ambito internazionale, ponendo al primo posto il lavoro congiunto svolto recentemente in seno alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni internazionali per “garantire l’accesso universale ai vaccini, alle cure e alle medicine per le persone”. Inoltre, il diplomatico messicano ha ricordato la concomitanza su temi come la pace, le azioni concrete per ridurre la produzione e la proliferazione delle armi nel mondo, così come la protezione dei diritti dei migranti, delle donne, il superamento della povertà e altre “cause correlate tra il Messico e la Santa Sede”.
Il Messico apprezza il lavoro della Chiesa durante la pandemia
Il ministro degli Esteri ha anche ringraziato il cardinale Aguiar Retes, i vescovi e la struttura di tutta la Chiesa cattolica per il loro sostegno durante la pandemia. “Una partecipazione eccezionale, determinata e disinteressata che ha permesso di salvare molte vite”, ha detto il diplomatico, il quale ha ribadito che questo tipo di azione congiunta è un riflesso concreto delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato messicano.