Francesca Sabatinelli e Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
Con la guerra in Ucraina gli sfollati nel mondo arriveranno a 90 milioni. Una cifra terribile quella denunciata oggi da padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, durante la presentazione del Rapporto annuale 2022 del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, con sede a Roma. A oggi, con riferimento ai dati di metà del 2021, si calcola che rifugiati e sfollati siano attorno agli 84 milioni di persone, contro i poco più 82 milioni dell’anno precedente. In poche settimane sono arrivati più profughi ucraini di quanti siano stati i migranti e i richiedenti asilo sbarcati durante il 2021. Dunque la guerra in Ucraina, sottolinea il rapporto, dimostra che queste presenze non rappresentano “un’invasione, né una minaccia alla nostra sicurezza”. “L’emergenza che stiamo vivendo in Ucraina – spiega a Radio Vaticana – Vatican News padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli – fa pensare alle tante altre emergenze che si sono vissute nel mondo. Abbiamo già dimenticato la situazione dell’Afghanistan dell’agosto del 2021 e la guerra nel Corno d’Africa. Quindi, tante emergenze che fanno parte di quella guerra mondiale a pezzi di cui parla spesso Papa Francesco”.
Gli arrivi via mare
Nel corso del 2021, si legge ancora nel rapporto, è raddoppiato il numero dei migranti arrivati via mare, calcolato in un totale di oltre 67 mila. Di questi, i minori non accompagnati sono stati poco meno di 9.500. Il Centro Astalli documenta l’aumento di tortura e abusi sofferti da chi viene accolto nella struttura. Un drammatico esempio fa riferimento alle donne seguite dal servizio di ginecologia, oltre 200 nel 2021, la maggior parte delle quali ha subito torture, violenza di genere o abusi, nei Paesi di provenienti o durante i viaggi. Drammatiche le esperienze anche di coloro che hanno vissuto il carcere in Libia, che “in modo pressoché unanime raccontano di abusi, violenze e persecuzioni”.
L’eterno stato di emergenza
Se nel 2021 l’Europa non è riuscita a trovare una politica comune lungimirante e inclusiva sulle migrazioni, spiega ancora il Centro Astalli, in Italia, a due anni dai decreti sicurezza, ancora non si è usciti dall’emergenza, sulla quale pesano gli effetti della pandemia, che “hanno acuito le vulnerabilità dei rifugiati e la marginalità sociale”. Ancora oggi circa due migranti su tre sono ospitati nei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria. La “burocrazia respingente”, ulteriormente complicata dalle misure necessarie al contenimento della pandemia, non ha “tenuto conto delle difficoltà degli utenti più fragili” e ha finito per allontanare chi avrebbe più urgenza di sentirsi incluso e accolto. Uno dei primi scogli per ottenere la protezione internazionale, come sempre è stato negli ultimi anni, è ottenere l’iscrizione anagrafica, necessaria per accedere ai diritti sociali. La digitalizzazione di molti uffici, si legge, ha rappresentato un aggravio nella vita dei migranti forzati. Sempre più forte è la necessità, ancor più per il perdurare della pandemia, di un piano organico per l’integrazione, considerando anche la fatica immane delle famiglie rifugiate che non possono contare su reti di sostegno informali, parentali o amicali.