Ancora un naufragio nel Mediterraneo, S. Egidio: cambiare politiche

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La notizia è arrivata stamattina da Medici senza Frontiere, l’Ong che ha una nave di assistenza umanitaria, la Geo Barents, nel Mediterraneo. Solo 4 i sopravvissuti tra le oltre 90 persone che erano a bordo di una imbarcazione sovraffollata che era partita nei giorni scorsi dalla Libia e che è naufragata a largo delle coste africane, in acque internazionali. “E’ stata la petroliera commerciale Alegria 1  – ha riferito l’organizzazione sui social – a soccorrere gli unici sopravvissuti nelle prime ore del mattino”.  “Sappiamo – scrive infine Msf – dal nostro contatto iniziale con l’Alegria 1 che i sopravvissuti hanno riferito di essere stati in mare per almeno quattro giorni su una nave con quasi 100 persone a bordo” .

Il naufragio è anche di civiltà

“Preghiamo per questi nostri fratelli che hanno trovato la morte nel nostro Mare Mediterraneo”, e “preghiamo anche per essere salvati un altro naufragio che si consuma mentre succedono questi fatti: è il naufragio della civiltà, che minaccia non solo i profughi, ma tutti noi”.  E’ quanto ha voluto ribadire oggi anche il Papa parlando di quanto accaduto, nel corso del suo ultimo appuntamento pubblico a Malta, tra i circa 200 migranti presenti al Centro Giovanni XXIII Peace Lab. Il Papa ha ricordato il “grido silenzioso di quanti hanno perso patria  e casa”.

Cambiare politiche e mentalità

Serve una cambiamento radicale di politica e mentalità, è quanto chiede invece la Comunità di Sant’Egidio in un comunicato di risposta al naufragio del Mediterraneo: “è inaccettabile continuare ad assistere a queste stragi del mare senza cambiare le regole in vigore e, tra l’altro, lasciando che i sopravvissuti vengano rispediti in Libia, dove tutti sanno in quali condizioni sono detenuti”. “Prima di tutto l’Europa – si legge ancora nel comunicato – deve riprendere le operazioni di soccorso e di salvataggio di chi rischia la vita nel Mediterraneo. In secondo luogo vanno superati i criteri di Dublino che penalizzano fortemente i Paesi di prima accoglienza.  In terzo luogo, mentre tutta l’Unione europea ha deciso giustamente di concedere una protezione temporanea a tutti gli ucraini che fuggono dalla guerra, occorre urgentemente assumere nuove politiche che introducano la possibilità di ingresso per motivi umanitari anche ai profughi di altri conflitti in corso, alcuni dei quali durano da anni, come in Siria”.

La Comunità che torna a rilanciare anche il modello dei corridoi umanitari, che ha portato avanti dal 2016 con diversi alleati in Italia, Belgio, Francia e Andorra chiede anche di “stabilire quote più ampie per ingressi regolari per motivi di lavoro, come dicono ormai da tempo molti imprenditori nel settore agricolo come in quello industriale e dei servizi alla persona. In assenza di nuove politiche sull’immigrazione – conclude –  saranno inevitabili nuove tragedie del mare e nel deserto africano”.