Marina Tomarro – Città del Vaticano
Su 720 milioni di bambini in età scolare elementare, la povertà educativa colpisce 382 milioni i bambini, i quali a causa di mancanza di opportunità educative, non hanno accesso alla fruizione culturale, al diritto al gioco e alle attività sportive. Quest’anno a causa dell’emergenza sanitaria la situazione è nettamente peggiorata. Il Covid-19 potrebbe far crescere questo dato di oltre 72 milioni e quindi portare il numero totale a 454 milioni di bambini in povertà educativa. Infatti, le chiusure delle scuole in 180 Paesi ha lasciato 1.6 miliardi di studenti a casa. In alcuni casi sono stati anticipati o posticipati i periodi di vacanza, in altri casi le chiusure scolastiche sono andate avanti per più di 5 mesi consecutivi. Molti Paesi sono riusciti a raggiungere con la didattica a distanza milioni di studenti, ma più della metà dei ragazzi e delle ragazze di tutto il mondo è rimasta tagliata fuori. Diverse le misure adottate in ogni parte del mondo per cercare di non bloccare del tutto la didattica. Dall’insegnamento a distanza ai programmi radiofonici, alle trasmissioni televisive educative, fino al materiale didattico consegnato alle famiglie.
Il divario dell’educazione nei Paesi a basso reddito
Eppure nonostante i grandi sforzi, l’apprendimento da remoto, non è riuscito a raggiungere tutti. Soprattutto in Paesi più svantaggiati, come l’Africa, l’America latina, l’Asia del sud, sono stati milioni i piccoli, che non avendo gli strumenti per seguire a distanza, sono rimasti fuori dal diritto allo studio. In questi luoghi inoltre, la scuola rappresenta spesso l’unico luogo sicuro dove i minori possono crescere in maniera dignitosa, ricevendo almeno un pasto caldo al giorno e rimanendo al sicuro dalle violenze che spesso subiscono. Adesso la maggior parte di loro rischiano di essere costretti al lavoro minorile, e per le bambine sale il pericolo di matrimoni e gravidanze precoci. L’ultimo rapporto dell’ONU sull’istruzione ai tempi del Covid-19 riporta che il deficit di apprendimento dovuto alla chiusura delle scuole sta minacciando il progresso fatto negli ultimi decenni soprattutto per ragazze e giovani donne. Circa 23,8 milioni di studenti dalle materne ai licei potrebbe abbandonare gli studi a causa dell’impatto economico.
Il supporto delle Missioni Don Bosco in India
In questi Paesi più svantaggiati, fondamentale diventa l’aiuto portato dalle Missioni Don Bosco, con i missionari che in questi mesi così difficili hanno cercato di supportare tutti quegli alunni e alunne rimasti fuori dalla didattica a distanza. Come in India, che è stato il terzo paese maggiormente colpito al mondo dal Coronavirus. In questo Paese sono 445 milioni i minori che frequentano le scuole di ogni grado. A Hyderabad, capitale dello stato del Telangana, una delle 12 province salesiane del sud dell’Asia i salesiani gestiscono quindici scuole in tre stati. Obiettivo principale è quello di sostenere e aiutare migliaia di famiglie che vivono in estrema povertà. Con l’arrivo del Coronavirus, tutte le scuole sono state chiuse, causando un impatto molto grave per i bambini e i ragazzi dell’India. “In tutta l’India tutte le nostre oltre cinquecento scuole hanno dovuto chiudere con la pandemia – spiega padre Vijaya Bhaskar Reddy Thathireddy responsabile dell’ispettoria di Hyderabad – ma noi volevamo comunque aiutare i ragazzi a continuare a studiare. All’inizio non avevamo molti strumenti e non sapevamo bene come fare. La didattica a distanza era possibile solo per i ragazzi che vivevano nella città, perché loro hanno un collegamento internet, ma sono solo una piccola minoranza, la grande sfida era di aiutare tutti gli studenti che provengono dai villaggi, che sono oltre il 95%, spesso provenienti da famiglie molto povere e che non hanno sicuramente né internet né oggetti tecnologici, come tablet o pc per seguire le lezioni”.
Non lasciare soli sia gli allievi che gli insegnanti
Una delle soluzioni trovate è arrivata attraverso la grande rete di volontari che collabora con i salesiani. “Abbiamo inviato alcuni volontari – continua a raccontare padre Thathireddy – in quei villaggi per portare a questi ragazzi e alle loro famiglie, non solo libri, ma anche saponi per disinfettare le mani e mascherine per proteggersi dal virus. Inoltre alcuni insegnanti che provenivano da villaggi vicini sono riusciti a fare delle lezioni all’aperto con questi ragazzi, aiutandoli così a non rimanere troppo indietro”. Infatti molti degli studenti che frequentano le scuole salesiane, spesso vanno avanti grazie a borse di studio. “Un altro nodo che abbiamo dovuto sciogliere era quello di aiutare anche gli insegnanti e il personale scolastico”, sottolinea il padre salesiano spiegando che “con le scuole chiuse molti di loro hanno rischiato di rimanere senza stipendio e quindi di non riuscire a portare avanti le loro famiglie. In questo caso non avendo più le rette degli studenti, con i quali paghiamo i loro stipendi, abbiamo comunque cercato di essere loro di aiuto, assicurando il cibo necessario alle loro famiglie”. La speranza adesso è quella di un lento ritorno verso la normalità “In questo momento – spiega il sacerdote – nonostante il lockdown la gente ha ripreso a lavorare. Purtroppo per tanti di loro non ci sono molte alternative. C’è da dire però che piano piano i contagi calano, e il governo ha deciso di riaprire anche le scuole e poi stanno per arrivare i vaccini. Così torneremo ad una vita normale anche noi”.