Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
L’uguaglianza tra uomo e donna potrebbe, forse, essere raggiunta nel 2157, tra oltre 135 anni. Se fino al 2021, infatti, si riteneva che per colmare il divario di genere sarebbero stati necessari 99 anni, a due anni dall’inizio della pandema la distanza è drammaticamente aumentata, fino ad arrivare, appunto, a 135 anni e mezzo. Nel citare il Global Gender Gap Report, Caritas italiana, nel dossier “Donne e Covid-19. La pandemia delle diseguaglianze”, spiega come ad oggi, “tra gender gap uomo-donna e Covid 19” sussista una relazione diretta e come siano “le donne a subire le peggiori conseguenze sociali ed economiche”.
Le donne in prima linea contro il virus
“Il rapporto – spiega Chiara Bottazzi, curatrice del Dossier – presentato in un giorno che si evidenzia non essere una festa, ma una Giornata internazionale (della donna ndr) – ribadisce che la pandemia di Covid, da 2 anni, ferisce tutto il mondo, andando a ricalcare, come un bisturi, diseguaglianze che sono presenti a livello economico, sociale, ma anche a livello culturale e fattivo, nel rapporto fra uomo e donna”. Le donne hanno dunque patito le peggiori conseguenze sociali ed economiche, eppure, spiega ancora Caritas, “il genere femminile è stato in prima linea nella lotta contro la pandemia: solo in Europa il 76% del personale dei servizi sanitari e sociali e l’86% del personale che presta assistenza alle persone è costituito da donne. Con la pandemia le lavoratrici di questi settori hanno subito un aumento senza precedenti del carico di lavoro, dei rischi per la salute e dei problemi relativi alla conciliazione della vita professionale con quella privata. Inoltre, le continue chiusure dovute al Coronavirus hanno generato forti ripercussioni sul lavoro di cura non retribuito e sull’equilibrio tra vita professionale e vita privata, con un sensibile incremento dei casi di violenza domestica”.
L’esclusione femminile
Fra il 2019 ed il 2020, 54 milioni di posti di lavoro femminili sono andati perduti. Ad essere colpito anche il lavoro di cura “che da sempre – spiega ancora Bottazzi – è percepito come una prerogativa femminile, tanto che in Italia l’aumento della cura domestica, della cosiddetta cura destinata ai figli, ha riguardato circa il 61% delle donne, quindi una percentuale molto alta”. Senza dimenticare, poi, che le donne sono escluse dal mondo social, dal cosiddetto mondo in rete, dall’ambito educativo, così come dalle discipline ‘Stem’, ossia quelle scientifico-tecnologiche.
L’attenzione alla Siria
Un focus particolare è dedicato, nel rapporto, alle donne del Medio Oriente, in particolare a quelle della Siria, che tra pochi giorni – il 15 marzo – ricorderà il suo 11° anno di conflitto. Un Paese dove sono “le donne a portare il peso maggiore della guerra – prosegue la curatrice – perché hanno occupato i vuoti sociali, ma anche lavorativi, che sono stati lasciati dagli uomini. che o sono in guerra o sono partiti per altri Paesi per non essere costretti a uccidere. Le donne hanno assunto questo ruolo di mater familias rilevando delle posizioni e dei ruoli che prima erano una prerogativa nettamente maschile”. Il Covid, inoltre, ha impattato sulla salute materna e sulla salute mentale di donne costrette anche a vivere i periodi di chiusura totale all’interno di piccolissime case o di campi profughi, con un peso di cura molto gravoso sulle spalle, passando poi per la sicurezza alimentare, per un aumento della violenza di genere e per una notevole battuta d’arresto della partecipazione politica femminile, messa in stand-by e liquidata quasi come una questione superflua vista l’emergenza Covid. “Una questione gravissima – prosegue Bottazzi – poiché donne che già sopportano il peso della guerra, sono costrette a rimanere in una posizione di subalternità rispetto alle figure maschili”.
Il Papa e la lezione della pandemia
Caritas, nel suo Rapporto, cita più volte il Papa e il suo invito a seguire la lezione arrivata dalla pandemia. Lo diceva il 31 maggio del 2020, celebrando la prima messa con concorso di popolo nella Basilica di San Pietro: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. “Il Papa – ritiene Bottazzi – penso ci chieda di essere uniti, di riconoscerci fratelli tutti, presenti all’interno di una stessa terra, che è una casa comune”.